Il quinto era quello fatale

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Non adatto ai deboli di cuore (mi sono stupita io stessa di quanto io sia capace di scrivere cose cruente).

Mentre cavalcava furioso verso Palazzo della Signoria, Lorenzo non aveva il minimo sentore dell'ineluttabilità della decisione che aveva preso così tanto a cuor leggero. Si era sentito ferito nel suo orgoglio di uomo, offeso nella propria virilità e soprattutto era stanco di essere considerato dal fratello l'eterno secondo. Era vero, lo sapevano tutti e d'altro canto Cosimo non perdeva occasione di farlo notare e ricordarlo: era lui il Signore di Firenze. Ma se questo nella sua mente voleva dire che poteva comandare a bacchetta tutti a Palazzo Medici senza obiezioni, Lorenzo gli avrebbe fatto capire che si sbagliava alla grande. Non avrebbe permesso al primogenito dei suoi genitori di decidere come lui avrebbe dovuto vendicare il tentato e per fortuna non riuscito assassinio di sua moglie. Non calcolò i rischi, in fondo non era uno abituato a farlo. Non aveva una mente fredda e obiettiva, Lorenzo non era così. Lui agiva d'impulso e questo suo modo di fare lo aveva portato sì a litigare spesso anche con le persone che gli volevano bene, ma anche a sposare la donna che amava e di ciò non si sarebbe mai pentito. Il problema era che il Medici non era capace di guardare ai propri fallimenti quando si trattava di doversi autoconvincere della assoluta e innegabile infallibilità delle proprie azioni d'istinto: se così fosse stato infatti, si sarebbe ricordato che quel lato del suo carattere lo aveva sì spinto nel letto di Selene Salviati, ma aveva anche rischiato di distruggere il loro matrimonio e allora forse avrebbe tirato le redini del roano, avrebbe inspirato a fondo l'aria gelida di una spettrale notte di fine Dicembre e sarebbe tornato indietro a Palazzo, spogliandosi della tunica e offrendo volontariamente la propria schiena nuda al fratello.

Quando arrivò, era in netto anticipo. Era freddo ma l'euforia, l'ansia e l'adrenalina lo facevano sudare. Gettò una rapida occhiata attorno a sé poi, sceso da cavallo, affidò la bestia a un giovane accorso ad accoglierlo. “Messer Medici!” Il ragazzo lo guardava ammirato. Lorenzo se ne compiacque, ma aveva altro a cui pensare. “Occupatene tu.” Disse semplicemente, senza neanche alzare lo sguardo. Quello fece un inchino esagerato e si allontanò, più tardi quella sera avrebbe raccontato a casa, ai propri genitori, che il senso di colpa per non essersi insospettito nel veder giungere da solo Lorenzo de' Medici a quell'ora a Palazzo e per non aver, di conseguenza, avvertito nessuno lo stava divorando. Il marito di Selene si ravviò i capelli, lunghi come a lei erano sempre piaciuti tantissimo, e si incamminò verso l'ingresso. Come c'era da aspettarsi, i due soldati posti a presidio dell'edificio lo fermarono e incrociarono le proprie lance sulla porta ma, nonostante il buio, non fu difficile per loro riconoscere quell'ospite inatteso. “Messer Medici, quale sorpresa! Non vi aspettavamo...la vostra presenza qui vuole forse significare che questa sera non riceveremo la visita dei vostri uomini?” Fece uno dei due. Lorenzo assunse un'espressione interrogativa, ma non si scompose. “Prego?” Chiese. Le guardie si lanciarono un'occhiata, ma poi quello che aveva già parlato continuò. “I vostri uomini...si presentano qui ogni sera da qualche giorno poco prima di mezzanotte. Hanno un permesso scritto autorizzato con il vostro sigillo. Non...non ne sapevate nulla?” Lorenzo sentiva crescere l'eccitazione nel proprio petto e l'allarme nella voce dell'altro. “No, non ne ero al corrente. Evidentemente si tratta di un'iniziativa di mio fratello. Cosa vengono a fare?” Domandò. Non ci mise molto ad accorgersi del loro tentennare: era chiaro, avevano paura di aver parlato troppo...l'ombra di Cosimo gli sconvolgeva i piani anche quando lui era chiuso nel proprio studio a miglia di distanza. Quel particolare però, lo convinse ancora di più, semmai ce ne fosse stato bisogno: ora aveva intenzione di dimostrare al Signore che era capace anche da solo di mantenere alto l'onore della famiglia. “Bene, riferirò che voi due qui presenti vi siete fatti scrupolo nel parlare con me. Vi fa onore la fedeltà che nutrite nei confronti del vostro padrone, ma sappiate che io sono comunque qualcuno in questa maledetta città e che se anche le vostre bocche sono cucite con il fil di ferro, ho il potere di farvi perdere il lavoro e la carica e di mandarvi a chiedere l'elemosina se non mi fate passare!” Sbraitò. I soldati ritirarono subito via le lance, atterriti: Cosimo de' Medici non si era mai rivolto loro in quel modo eppure era Lorenzo ad aver sposato una popolana, dunque era da lui che si aspettavano maggiore solidarietà. Ovviamente, si guardarono bene dal dirlo ad alta voce. “Sissignore, prego signore.” Cantilenarono all'unisono. Lorenzo entrò con fare autoritario, fece qualche passo e poi si voltò. “Quando arriveranno gli uomini di mio fratello, fateli entrare e riferite loro che sono attesi nel luogo pattuito. Non una sillaba in più.” Disse, poi scomparve nel buio.

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