Quelle ridicole e piccole candele

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Quando aveva sposato Alexandra, Marco Bello non aveva riflettuto sul fatto che il Capodanno fosse in realtà così vicino al Natale. Se nel giorno della ricorrenza della nascita di Cristo, infatti, era riuscito a concentrarsi sul proprio matrimonio e sulla ragazza apparentemente così fragile e delicata che era divenuta in breve tempo sua moglie, prevedeva che l'ultimo dell'anno sarebbe stato più difficile allontanare i ricordi e le sensazioni negative. Un po' perchè l'inizio del nuovo decennio, l'arrivo del 1431, gli sembrava, seppur consapevole che ciò avveniva a un livello molto intimo della propria psiche e non certo oggettivamente (sapeva che il suo distacco dalla famiglia Medici era iniziato e altresì finito nel preciso istante in cui era andato via) lo spartiacque definitivo, il momento di non ritorno, l'ultimo scintillio della ormai flebile luce della sua vita passata, ma anche perchè non aveva dimenticato, ovviamente, che la sua amata e perduta sorellina adorava il Capodanno. Era stata una non durevole (per via degli infausti eventi che il destino aveva riservato loro) ma intensa tradizione in casa Salviati: non importavano le condizioni economiche, le sofferenze fisiche e mentali o le mancanze: il 31 Dicembre si aspettava sempre, tutti insieme, la mezzanotte. Ognuno di loro quattro, anche se a volte si era unita alla famiglia la balia Filomena, stringeva fra le mani un piccolo legnetto (perchè altro non potevano permettersi) e, riscaldati da coperte stracciate che nei periodi in cui le vendite al mercato erano andate meglio si trasformavano in coperte integre e pesanti ma soprattutto dal loro reciproco amore, si recavano in Piazza, proprio davanti a Santa Maria del Fiore, e allo scoccare del nuovo anno, infuocavano i legnetti e brindavano con l'acqua alla speranza di un futuro migliore, ebbri di felicità ed estasiati dalle risate di cuore che illuminavano sempre il volto della piccola Selene. Il loro ultimo Capodanno in piazza come famiglia era stato talmente tanto tempo prima che l'ex guardia personale del signore di Firenze stentava a ricordarlo precisamente, ma alcuni momenti sembravano impressi nella sua mente con il carbone. Se si sforzava un po', riusciva ancora a sentire chiaramente la voce del padre, Ugo, che gli sussurrava nelle orecchie, poco prima del momento fatidico: “La mamma ed io non ci saremo sempre, Marco. Promettimi che, quando Dio ci avrà chiamati a sé, tu porterai ancora tua sorella qui a mezzanotte di ogni ultimo dell'anno, le accenderai un legnetto e la ascolterai ridere. Poco importa se avrà un marito e magari dei figli già grandi, tu dovrai esserci sempre per lei.” E così il ragazzo aveva mantenuto la promessa. Perfino nel primo Capodanno dopo la loro tragica scomparsa, perfino nell'anno della peste, perfino mentre era in prigione. Era stato Donatello, in quell'occasione, a portarla in piazza a festeggiare, nonostante lei fosse triste e non ne avesse la minima voglia. Era stato Donatello ad asciugarle le lacrime, a procurarle un pezzo di pane ed un legnetto e ad accompagnarla in quel posto segreto da dove, passando attraverso l'imbocco delle fognature, era riuscita ad infilare una mano fra le grate buie della cella dove lui era rinchiuso e a sentire di nuovo il tocco rassicurante della presenza di suo fratello maggiore. Già, Donatello. Chissà se quell'anno le avrebbe procurato e acceso lui il legnetto. Marco sapeva che non sarebbe stata la stessa cosa e sentiva di aver deluso Ugo, ma c'era in lui un barlume di consapevolezza che lo rasserenava, almeno un po': Selene, era convinto, avrebbe comunque atteso in Piazza il nuovo anno, magari inviandogli un bacio attraverso il vento e scacciando una lacrima amara di nostalgia. Nonostante fosse ormai ricca e facoltosa, non aveva mai accettato gli inviti dei Medici a restare nel Palazzo, accanto al fuoco, a sorseggiare vin brulè e a ripercorrere tutti insieme gli eventi dell'anno passato. Era sempre fuggita, ridendo come una pazza e in incognito, assieme al suo fratellone, a festeggiare in Piazza, incurante del freddo e di quanto poco quel comportamento si addicesse al suo nuovo rango sociale. Perfino l'anno dell'aborto di Andrada, anche se con molta meno allegria e con molto meno trasporto, i due Salviati non avevano rinunciato a quella tradizione così come, impossibilitati a farlo in Piazza in città, avevano accolto Gennaio insieme con i loro inseparabili legnetti anche a Villa Colchide. E così piano piano, con il passare degli anni, gli altri si erano rassegnati e avevano cominciato ad incuriosirsi, l'arrivo e la crescita dei bambini avevano poi fatto il resto e ora praticamente sempre i Medici in gran numero festeggiavano in piazza, scambiandosi cuori ma anche vestiti, per non farsi riconoscere. Sarebbe stato strano, il primo Capodanno senza sua sorella. Chissà cosa avrebbe fatto, lei. Chissà se avrebbe iniziato ad odiare quel giorno così come aveva sempre mal sopportato il Natale (sebbene le cose fossero un po' cambiate da quando stava con Lorenzo). Mentre si recava al lavoro, quella mattina del 30 Dicembre 1430, dopo aver fatto l'amore all'alba con Alexandra e averla salutata con un leggero bacio sulla tempia in seguito al suo riaddormentamento, Marco non poteva fare a meno di domandarsi come stesse sua sorella. Negli ultimi tempi aveva cercato di allontanare il pensiero di lei, perchè lo faceva soffrire ancora troppo, ma sospettava che quel dolore atroce all'altezza dello stomaco non si sarebbe mai placato del tutto. Stava bene, Selene? Aveva trovato il modo di perdonare Lorenzo? Erano felici, insieme? Con chi avrebbe acceso i legnetti a mezzanotte? E i suoi nipoti, i suoi quattro bellissimi doni di Dio, avevano imparato a convivere con la sua assenza? Erano arrabbiati con lui per il fatto che fosse andato via senza neanche salutarli? Se conosceva un minimo sua sorella, sapeva che lei non avrebbe mai e poi mai raccontato la verità ai bambini. Non li avrebbe mai messi contro il padre, non lo avrebbe fatto neanche se Lorenzo avesse davvero ucciso Marco. Quindi loro probabilmente credevano che lui si fosse stancato di tutto e di tutti e li avesse abbandonati. Quel pensiero gli provocò un moto di stizza, ma d'altro canto non era stato lui a giurare che a Firenze non avrebbe mai più messo piede? Se davvero era quello ciò che credevano, avrebbe dovuto esserne felice perchè avrebbe significato che il numero di persone destinate a soffrire in eterno per la sua fuga coatta era drasticamente diminuito.

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