Capitolo IX

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Una mano mi stringe la spalla con forza, Edoardo è affianco a me che guarda minaccioso Riccardo.

"Oh... uscite insieme?" Chiede confuso.

"No", dico prontamente.

"Sì "invece risponde lui.

Ci guardiamo negli occhi l'uno dell'altra per un istante e ovviamente lui ha la meglio su di me, abbassa lo sguardo e acconsento al mentire

"Non ti vergognare Mia... "dice Edoardo stringendomi a sé incitandomi a confermare la sua versione.

"Quindi? "chiede Riccardo confuso.

"In un certo senso" dico io timidamente.

"Ah se così scusate il disturbo" dice il ragazzo grattandosi la nuca.

Sono sicura che Edoardo lo rende nervoso e come biasimarlo lo sta trucidando con gli occhi.

"Esatto moccioso, quindi evapora e vedi non avvicinarti più a lei" infima a denti stretti.

Riccardo si allontana velocemente tornando dal suo gruppo di amici con la coda basta. Io mi giro di scatto verso Edoardo che mi guarda con quel suo sguardo cattivo accusatore.

"Quale parte di non fare la puttanella in giro non hai afferrato?" domanda stringendomi il polso.

"Mi fai male, lasciami immediatamente" dico guardandolo con odio.

Lui non accenna a fatto a lasciarmi andare, ma allenta leggermente la presa.

"Che diavolo vuoi, come facevi a sapere che ero qui?"

"Sono venuto fino qui per prendere a schiaffi il tuo bel faccino" afferma con arroganza.

"Perché non mi lasci stare e ti fai una vita come le persone normali" sussurro arrabbiata per non attirare più attenzione di quella che già abbiamo.

La mano che prima mi stringeva il polso adesso mi sta trascinando più lontano, lontano da occhi indiscreti, ci avventuriamo infatti dentro il parco che affianca la mia scuola.

Provo a chiedere dove mi sta portando tutto inutile la sua presa si stringe ancora di più, il suo sguardo diventa davvero cattivo mi fissa senza dire una parola credo di aver superato il limite.

Tremo sotto la sua presa so già che non andrà bene questa nostra chiacchierata, ci fermiamo in un punto abbastanza isolato, sono più o meno le 07:50 del mattino e ci sono pochissime persone che passano da queste parti.

Mi butta il letteralmente su una panchina un po' isolata lontano da chiunque, mentre io rimango confusa e impaurita, completamente impotente sottomessa dalla sua imponenza fisica.
Sono totalmente immersa nei suoi occhi e inevitabile quei pozzi azzurri mi scatenano qualcosa di indescrivibile.

"Mi hai fatto perdere la pazienza" asserisce secco

I suoi occhi sembrano inscurirsi talmente tanto da non sembrare più celesti e questo suggerisce ai miei sensi di fuggire da questo mostro il più lontano possibile.

Insinua un ginocchio in mezzo alle mie gambe con irruenza, sorprendendomi e scandalizzandomi al tempo stesso, un calore improvviso mi prende il basso ventre ed avvampo diventando rosso fuoco.

Avvicina al suo viso al mio orecchio e una scossa mi pervade da capo a piedi, schiude le labbra e sussurra:

"Non puoi scappare, non puoi gridare, sei da sola".

"Ci sono solo io con te" soffia guardandomi dritto negli occhi.

Cerco di spingerlo via sconvolta dalle molteplici sensazioni contrastanti che sto provando al momento.

Decisione stupida, molto stupida.

Mi tira i capelli verso il basso facendomi inevitabilmente tendere verso di lui e le mie gambe si stringono intorno al suo ginocchio.

Mi stringe le guance in una mano e io mi rendo conto di essere estremamente eccitata, mi maledico mentalmente e non riesco più a capire se voglio che smetta oppure il contrario.

"Non ti ho neanche sfiorata e sei già bagnata, sei proprio una troia" si prende gioco di me.

Il mio petto si alza e si abbassa velocemente quando passa le dita sulle mie labbra, non so cosa mi sta succedendo so solo che mi gira la testa.

Chiudo gli occhi e lascio che mi metta una mano intorno alla gola, non la stringe anzi l'accarezza con strana delicatezza lasciandomi i capelli. Improvvisamente mi tira il collo della maglietta facendomi spostare bruscamente in avanti, apro gli occhi di scatto e cerco istintivamente di scappare.

Lo spingo nuovamente, mi agito e con tutta la mia forza che ho gli premo le mani sull'addome cercando invano di spostarlo.

"Finiscila".

Mi prende nuovamente per i capelli con ancora più decisione e con le dita mi fa aprire la bocca.

"Tienila aperta" mi ordina.

Mi limito ad obbedire in silenzio sperando di non farlo arrabbiare maggiormente e con mia enorme sorpresa quello che accade dopo è stranamente appagante...

La sua saliva mi cola in bocca e al contrario di quel che credevo la cosa è molto eccitante.

Lo fisso meravigliata e lui come risposta muove con insistenza la propria gamba, le mie mani si spostano sulla sua coscia cercando di fermarlo, ma nonostante questo dalle mie labbra escono dei sussurri sommessi carichi di eccitazione.

Le sue mani scendono fino al mio addome che si contorce e si muove senza che io possa contrastarlo in alcun modo.

Sorride sfacciatamente completamente appagato dalla mia palese inesperienza e quando credo che tutta questa strana tortura abbia fine ricevo un forte schiaffo.

Mi sento immediatamente mortificata e mi tengo la guancia dolorante incredula di ciò che è appena accaduto.

"Non permetterti mai più di parlarmi come hai fatto oggi o non mi limiterò a darti queste carezze" dice facendomi mettere in ginocchio davanti a sé.

Lo guardo sconvolta sul punto di scoppiare a piangere dalla frustrazione.

"Hai capito?" quasi urla.

"Si" affermo flebile.

Un altro schiaffo mi stordisce e qualche lacrima scende involontariamente.

"Rispondimi".

"Si padrone, ho capito" dico balbettando.

"Se parli ancora con quel ragazzo gli schiaffi che ti ho dato non saranno niente in confronto al dolore che ti farò provare".

"Ricomponiti, va scuola e come previsto oggi pomeriggio fatti trovare dove detto, la tua punizione non è finita".

Se ne va lasciandomi da sola inginocchiata nel fango con una guancia rossa e le lacrime agli occhi.

Mi rimetto seduta sulla panchina e rimango ferma immobile per qualche minuto cercando di metabolizzare ciò che è appena successo.

Mi asciugo le lacrime con le mani pulendomi le ginocchia sporche di fogliame e terra.
Dopo prendo il mio specchietto da dentro lo zaino per cercare di capire come nascondere il rossore e la sagoma delle sue dita appena accennata che mi colorano la guancia sinistra.
Sfioro piano la zona e a quel contatto il mio stomaco si contorce.

Guardo distrattamente l'ora e mi rendo conto di aver perso la prima ora di lezione, così cerco di farmi forza alzandomi e iniziando a camminare verso il cancello della scuola uscendo prima dal parco. Ignoro ciò che è appena accaduto, mi dipingo sul volto un bel sorriso e mi sposto i capelli davanti agli occhi.

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