Capitolo XXVII

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Ci guardiamo negli occhi per qualche istante e i miei buoni propositi sul rimanere calma sono ormai andati in frantumi.

"Smettila di morderti le labbra o le farai sanguinare" afferma sfiorandomi delicatamente il labbro inferiore ormai screpolato e dolorante.

Stringo nervosamente l'orlo della gonna del vestito per rimpiazzare il desiderio di addentare le mie labbra nella speranza di far passare questa continua sensazione di inadeguatezza che mi attanaglia ogni volta che lui mi è vicino.

"Vogliamo andare?" domanda seguendo il movimento delle mie dita.

I suoi occhi turchesi sembrano volermi spogliare di ogni mio più intimo segreto, eppure, tutto quello a cui riesco a pensare in questo momento è voler essere privata di ogni indumento che possiedo per potermi abbandonare al piacere più perverso e intrigante di tutta la mia vita.

"Certo" sussurro sorridendo timidamente.

Edoardo inizia a camminare e pian piano ci addentriamo nell'immenso parco che circonda la mia scuola.

La giornata è grigia e oltre a un leggero freddo stagionale si aggiunge anche una leggera nebbiolina che arricchisce un paesaggio già di per sé espressivo.

Più camminiamo, più mi rendo conto del perché Edoardo mi abbia visto alla festa di istituto dell'altra settimana, in realtà stava semplicemente tornando a casa dopo scuola, e, forse anche quella volta che mi ha sorpreso al ponte è stata solo una banale coincidenza.

Tuttavia, sono sollevata che abbia evitato che io e Riccardo ci baciassimo, soprattutto perché adesso è abbastanza palese che io non gli interessassi davvero.

"Hai più parlato con quello sfigato?" domanda Edoardo interrompendo l'assordante silenzio che ci circonda.

"A chi ti riferisci?" chiedo dubbiosa.

Intuisco dal suo sguardo disgustato che sta parlando di Riccardo, così nego con un cenno della testa cercando di rilassarmi.

"Perché piangevi ieri?"

"Nulla, a proposito grazie per avermi confortata".

"Voglio sapere il perché" chiarisce con un tono che non ammette repliche.

"Ero solo un po' frustrata, nulla più" rimango vaga.

"Mia" mi rimbecca.

"Avevi ragione tu..." confesso distogliendo lo sguardo.

"Ovvero?"

"Riccardo voleva solo usarmi per divertirsi e ieri ne ho avuto la conferma".

"Allora hai parlato con lui" si innervosisce.

"Di quello che ti ho appena detto, davvero ti soffermi solo su questo particolare? Certo che sei incredibile, ho solo voluto chiarire la situazione, nulla più" rispondo stizzita.

"Lo sapevo già da solo di aver ragione e poi cosa ti aspettavi?" mi osserva alzando un sopracciglio.

"Credevi veramente si fosse innamorato di te?" mi schernisce quasi disgustato.

Rimango interdetta, non mi aspettavo nulla di che, tuttavia nemmeno che mi vedesse solo come un opportunità. 

Le sue parole, mi feriscono, ancora, e non so come contrastare questo senso d'inferiorità crescente che fa sorgere solo altri dubbi sulla mia già bassa autostima.

"Sei proprio una bambinetta del cazzo, davvero credevi di interessare a un ragazzo come quello?" sembra davvero scioccato.

"Lo sai di non aver nulla di speciale vero?" si prende gioco di me.

"Lo sai che sei davvero crudele" rispondo con le lacrime agli occhi.

" E tu veramente stupida" si ferma iniziandomi ad attaccare con cattiveria.

"Non puoi realmente dirmi che ti aspettavi di vivere una storiella felice con quell'idiota. Quanto mai puoi essere infantile! Ai ragazzi non interessa nulla della tua ingenuità, anzi gli fa solo comodo per potersi approfittare di te. Datti una svegliata ragazzina".

"Non aspettarti cose che non accadranno mai, almeno non ne rimarrai delusa" aggiunge con lugubre serietà.

Sto quasi per scoppiare a piangere, ma reprimo questa devastante sensazione è raccolgo tutto il mio coraggio per trovare la forza di rispondergli.

"Perché devi essere così cattivo con me, ho dei sentimenti a differenza tua e quello che dici mi ferisce" affermo titubante, maledicendomi subito dopo per sembrare così dannatamente patetica.

"Hai detto bene mocciosa, a differenza mia" sorride perfido.

Mi sta mettendo nuovamente alla prova?

Forse vuole vedere fin dove può spingersi, o forse gli piace solo prendersi gioco di me.

"Se hai qualcosa a dire sono tutt'orecchi, spero solo non siano altre stronzate sui sentimenti, perché non so hai capito l'antifona: io non solo quel coglione di Riccardo che si fa abbindolare da due occhi da cerbiatto che mirano solo a manipolare il prossimo per fargli provare pietà".

La rabbia prende il sopravvento, era questo che voleva vedere, il mio limite.

"Si può sapere che diavolo hai che non va? Scendi dal piedistallo e fatti una camminata nel mondo reale, non so perché mi odi così tanto, ma io non ti ho fatto nulla, quindi smettila di dire che voglio manipolare gli altri" urlo fuori di me.

Le sue labbra si increspano in un sadico sorrisetto vittorioso, che mi fa solo perdere maggiormente il controllo.

"Non so a quale assurdo abuso hai vissuto da bambino, ma non è divertente ridere degli altri, soprattutto perché quello che si dovrebbe vergognare sei tu, manipolare gli altri e ricattarli per i tuoi sporchi desideri non ti rende migliore di nessuno" gli sputo addosso tutto ciò che penso.

Il sorriso di prima assume un tratto più duro, ormai siamo fermi al centro del parco a guardarci con odio reciproco.

"Io non mi vergogno di me stesso o dei miei desideri" afferma con feroce convinzione avvicinando il suo viso al mio.

"Beh allora dovresti" lo sfido sostenendo il suo sguardo.

"Cosa speri di ottenere facendo così?" sfiora una ciocca dei miei capelli.

"Voglio rispetto" rispondo con decisione.

"Il rispetto va guadagnato e tu fin ora mi hai solo dimostrato di essere una troietta bugiarda".

Mi mordo la lingua per evitare di saltargli al collo e ucciderlo.

"Tu però lo pretendi senza remore".

"Ho io il coltello dalla parte del manico, ricordi?" sorride stringendo la mia ciocca di capelli.

Mi tira verso di se e mi sussurra all'orecchio;

"Non dimenticarti che sei diventata un mio oggetto, quindi ti conviene non farmi annoiare in fretta".

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