Capitolo XXIX

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Sono sempre stata insofferente ad dolore, incapace di sopportarlo e di procurarne a mia volta, eppure nonostante questo ne sono inspiegabilmente attratta.

Deglutisco a fatica mentre mi passo compulsivamente le mani lungo le cosce, per cercare di attenuare lo stress, anche se con evidenti scarsi risultati.

"Fai bene ad essere nervosa" la sua voce imperturbabile risuona come una minaccia velata.

Mi irrigidisco immediatamente mentre lui mi osserva desideroso di vedermi agonizzante, il suo sguardo esamina ogni centimetro del mio corpo soffermandosi sui miei polsi nudi.

"Vieni con me".

Anche se restia lo seguo fino alla sua camera, tuttavia, esce da quest'ultima con la stessa rapidità con cui entra e lo fa con in mano una scatola nera dai bordi bianchi.

Percorriamo un ampio corridoio fino ad arrivare in un curatissimo salotto.
Un divano enorme si estende ad un angolo della parete mentre un tavolo di cristallo cattura tutta l'attenzione su di sé.

Rimango quasi a bocca aperta, avevo immaginato che casa sua fosse bella e curata, ma ogni volta è sempre più sorprendente conoscere nuovi spazi.

Imperterrito Edoardo continua a non dire una parola, tutto ciò che fa e camminare con sicurezza fino a una piccola scalinata che collega il primo piano con il secondo.

La curiosità di vedere anche questo luogo della casa ha la meglio sul buonsenso e infatti lo seguo ignorando tutti i brutti pensieri.

"Aspetta qui" un suono secco mi fa pietrificare.

Fisso una porta chiusa dalle rifiniture bianche, per qualche secondo fin quando Edoardo ritorna con quella che presumo essere la chiave per aprire questa stanza.

Quello che si celava dietro a quella spessa porta è una camera dai toni blu molto simile per disposizione a quella di Edoardo, l'unica differenza è che in questa stanza aleggia come un aura spettrale, non è qualcosa che si possa definire con le parole è una sensazione, una di quelle che si percepiscono a primo impatto.

Edoardo chiude la porta dietro alle nostre spalle creando un suono sordo da far accapponare la pelle.

"Inginocchiati al centro della stanza".

Esito.

Lo guardo dritto negli occhi con la speranza di suscitare un minimo di compassione, ma tutto ciò che accolgo dall'altra parte è pura ostilità, non quella subdola provocazione che invece voleva vedermi tentare un'insurrezione qualche minuto addietro.

Ora lui vuole che io mi sottometta.

E io mi sottometterò.

Mi inginocchio per terra abbassando la testa e portando le mani sul gambe consapevole che oggi non ho possibilità di scappare.

Lui indietreggia fino ad avere le spalle contro l'enorme finestra, mi guarda da lontano probabilmente perché vuole assaporarsi appieno la mia umiliazione.

"Sai cosa mi diverte di te Mia?"

La luce sembra accarezzare ogni suo lineamento perfetto, i suoi occhi azzurri mi abbagliano e quelle sue labbra tanto belle quanto velenose sarebbero capaci di annebbiare la mente a qualsiasi ragazza che si soffermi troppo ad osservarlo.

Tuttavia, si sa che il sole non va mai guardato direttamente per troppo tempo, perché quest'ultimo ti causerà solo dolore.

"La tua innata bravura nell'umiliarti da sola, non c'è nemmeno bisogno di sforzarsi con te" sorride raggiante.

Mi mordo le labbra con forza, mentre stringo le mani in due pugni stretti.

"Oggi voglio vedere il tuo limite Mia".

Ad ogni suo passo sussulto terrorizzata, quando poi poggia le sue dita su una mia spalla il mio corpo subisce come una scarica elettrica. Il respiro diventa irregolare mentre lui sfiora il mio collo con delicatezza.

"Legati i capelli in una coda alta".

"Io però non ho un elastico" sussurro timorosa.

In tutta risposta prende dalla scatola nera un nastro di raso nero e me lo porge.

Accolgo l'insolita richiesta e con rapidità faccio una coda abbastanza disordinata che però lascia il mio collo nudo, solitamente non sollevo mai i capelli, a meno che non sia a casa o in palestra, infatti la cosa mi mette leggermente a disagio.

"Adesso togliti il vestito".

Esito nuovamente e mio malgrado Edoardo questa volta sembra essere meno paziente.

Mi afferra per il retro del collo sollevandomi per farmi stare in piedi.

"Ora" alza il tono.

Anche se riluttante abbasso la zip laterale del vestito e lo sfilo lasciandolo poi cadere al suolo.

Rimango con indosso solo il reggiseno e i collant velati.

Mi appoggia nuovamente una mano sulla spalla, ma questa volta quello che fa è accompagnarmi con decisone verso terra, per farmi tornare in ginocchio vicino ai suoi piedi.

"Fammi vedere fin quanto sei disposta a compiacermi, Mia" afferma prima di fare qualcosa di assolutamente inaspettato.

Infatti, poco dopo sputa per terra.

Sgrano gli occhi tra lo stupito e il disgustato, perché qualcuno dovrebbe fare una cosa tanto volgare...

Perché lo ha fatto, cosa vuole dimostrare?

"Lecca" sorride perfido.

Non me lo sta chiedendo veramente...

"Fallo" insiste assottigliando lo sguardo.

No, che non lo faccio. Scuoto la testa travolta dalla repulsione.

"Lecca quel fottuto pavimento Mia!" l'urlo risuona in tutta la stanza.

Non sono sicura se sia stata la paura oppure l'eccitazione causata da quel suo affermarsi come dominatore a farmi chinare in avanti, ma quel che so è che una volta eseguito il suo ordine un fremito mi ha colpito con veemenza.

Edoardo scuote la testa guardandomi con sufficienza.

"Quando ti dico di fare una cosa, voglio che questa venga fatta senza alcuna esitazione" parla con tono severo.

Si abbassa fino alla mia altezza e dopo con improvvisa forza stringe i miei capelli tra le dita e avvicina il suo viso al mio.

"Quando ti dico di leccare per terra tu lo fai e lo fai bene, è chiaro ragazzina?"

Il battito accelera come se stessi correndo una maratona, il suo respiro vicino alla mia pelle la rende incredibilmente bollente.

"Ti sembra che tu l'abbia fatto come si deve?"

"No, padrone" rispondo sommessamente.

"Allora piega la testa è pulisci il pavimento con la lingua".

Quando le parole escono dalla sua bocca hanno un sapore così amaro, sono così crudeli che possono far soffrire e anche se non vi è un briciolo di dolcezza al loro interno io mi lascio guidare da loro.

Abbasso nuovamente il capo e lecco il pavimento, anche se tutto ciò dura pochi istanti questa subdola tortura sembra infinita.

"Brava".

Mai tale parola mi è sembrata così meritata come adesso.

"Tuttavia, non abbiamo finito di giocare" sorride stringendo la presa ben salda intorno alla mia coda di cavallo.

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