Capitolo XV

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Mi prende il polso e lo stringe costringendomi a lasciare la sua maglia, poi si abbassa alla mia altezza e sussurra:

"Ma io posso già avere tutto quello che voglio da te".

"Potrei anche prenderti e scoparti come le peggio troie vicino ad un albero e tu non potresti fare niente, oltre al fatto che so benissimo che solo l'idea ti fa bagnare in mezzo alle cosce" sussurra perfido prendendo tra le dita una ciocca dei miei capelli.

Il cuore mi batte a mille, odio questo dannato ragazzo e il modo in cui mi fa sentire.
Lo sa che ha il coltello dalla parte del manico e ci gode come un matto a ricordarmelo in ogni istante.
Gioca con me come se fossi una bambola, come se non avessi sentimenti e io mi sento morire per  questo, anche perché non ho capito se la cosa mi disgusta o mi eccita.

"Ti prego..."

Lo guardo arrendevole e alla fine senza nemmeno proferir parola mi fa cenno di seguirlo.
Raccolgo tutte le mie cose e a testa bassa e sotto lo sguardo attento di tutti lo seguo in silenzio.

Percorriamo il sentiero del parco per qualche minuto finché non sbuchiamo davanti la stazione dove mi aveva chiesto di incontrarci la prima volta che sono andata a casa sua.

Mi tremano le gambe al ricordo dell'ultima volta che sono stata lì.

"Come facevi a sapere dov'ero?"

"Che c'è avresti preferito che ti baciasse quell'immondizia con il quale te la stavi spassando?" chiede crudele.

"Non mi puoi impedire di vivere" azzardo pentendomene subito dopo.

Mi guarda alzando un sopracciglio sorpreso che io abbia alzato la voce con lui.

"Hai ragione non posso impedirtelo..." sgrano gli occhi incredula.

"Ma ti posso mostrare le conseguenze che ci saranno quando tu deciderai di vivere fuori dalle mie regole" aggiunge con perfidia.

Fatico a deglutire.

Arrivati davanti il portone di casa sua mi trascina praticamente fin dentro il proprio appartamento.

Una volta giunti vicino alla sua camera io mi fermo prima di varcare l'ingresso mentre lui entra mandando dei messaggi con il cellulare.
Ho come un rifiuto, non riesco a muovermi, sono paralizzata dal terrore di riprovare le sensazioni dell'ultima volta.

Il suo sguardo mi fa bruciare la pelle, mi guarda come se volesse vedermi soccombere all'istante.

"Entra" ordina.

Stringo le mani in due pugni e mi obbligo ad ascoltarlo, si avvicina con lentezza soffocante.
Con la punta delle dita mi sposta una ciocca di capelli dal collo, sfiora leggermente la mia clavicola abbassando la spallina della mia canotta.
Mi gira intorno come un lupo affamato pronto a dilaniare la preda indifesa.
Smetto di respirare quando la sua mano mi si stringe sulla nuca, soffoco un gridolino di sorpresa e mi mordo le labbra.

"Oggi ragazzina ti farò davvero capire cosa vuol dire essere la mia schiava" chiarisce portandomi vicino al suo petto.

La mia schiena si scontra con lui mentre io rimango inerme, vulnerabile e terribilmente bagnata in mezzo alle gambe.

Un suo dito mi si preme in bocca e io vengo costretta ad accoglierlo.

"Succhia".

Avvampo sono troppo imbarazzata per farlo.

"Ho detto succhia lurida troia" alza la voce.

Dannazione.

Con delicatezza inizio a leccare e succhiare il suo indice e malgrado tutto penso che la cosa stia appagando più me che lui.

Con la mano libera mi alza la maglia e inizia a sbottonarmi i jeans, il mio cervello cerca di convincermi che tutto questo sia sbagliato, ma il mio corpo invece si protende eccitato verso di lui.

Infilando una mano nei miei pantaloni si fa spazio tra il mio intimo e inizia a strusciare in modo rude le sue dita contro le mie labbra bagnate. Un gemito di piacere mi sfugge quando due dita mi penetrano lentamente.

Di scatto vengo girata con la faccia verso il muro e costretta ad appoggiare le mani ad esso per sostenermi, la mia schiena si curva quasi obbligata da una forza maggiore, la sua erezione mi preme sul sedere e io inizio a diventare agitata.

"Stai ferma dove sei" mi intima con cattiveria.

Impallidisco all'idea che si arrabbi ulteriormente con me. 

In un gesto veloce mi vengono sfilati i pantaloni e le mutande con essi e non  so se la cosa mi fa più preoccupare o bagnare.

Dannazione essere così vulnerabile mi mette a disagio, ma allo stesso tempo soddisfa quel perverso desiderio che mi permette di evadere.

Mi accarezza le gambe con bramosia per poi dal niente sferrarmi uno chiaffo sulla natica

"Ahi" piagnucolo sconcertata.

"Girati verso di me puttana che non sei altro".

Obbedisco intimidita appoggiando la schiena contro il muro.

"Togliti i vestiti e toccati davanti a me" dice serio mentre si poggia sulla sedia della scrivania.

Quasi mi strozzo con la mia stessa saliva.

"Dici sul serio?" chiedo allarmata.

"Adesso".

Quando alza la voce sussulto spaventata e un brivido mi pervade il basso ventre.

"Alzati la maglietta con i denti e toccati".

Faccio come dice: prendo un lembo della maglietta e lo tengo in bocca, mentre con la mano scendo fino alle mie gambe.

"No Mia, voglio che ti tocchi come facevi nei video che mandavi in giro" dice sorridendo.

Lascio la maglietta e cerco di coprirmi.

"Io... non posso farlo" dico diventando bordeaux.

"Voglio che mi supplichi come facevi in quei video, vederti strisciare a terra chiedendomi di essere punita" mi sfida con lo sguardo.

Lui sta agognando questo momento, sta godendo del mio sconforto, della mia confusione e della mia incapacità di ribellarmi.

Prende il telefono tra le mani e fa partire un video.
Le immagini del mio corpo nudo mi destabilizzante molto, ma sentire la mia voce è così strano.

Gemiti sommessi accompagnati da indecenti confessioni.

Vorrei morire seduta stante.

Mi guarda consapevole di potermi controllare e perciò non ho molte altre scelte se non quella di obbedirgli come una brava cagnolina.

Le mie mani questa volta si spostano sul mio mio corpo con lentezza, tiro fuori il mio seno e inizio ad accarezzarlo, i mie capezzoli già turgidi mi stanno implorando di essere stimolati.
Con la mano destra scendo lentamente fino ad arrivare alla mia intimità attraversata da un lago di desiderio e predizioni.
Le mie mani minute non sono neanche lontanamente paragonabili a quelle di Edoardo, molto più grandi e più esperte di me.

"Mettiti in ginocchio" ordina.

Mi guarda con assoluta freddezza, appagato dal mio essere sottomessa.

"Gattona verso di me ora".

Assecondo le sue pretese e mi avvicino cautamente, tendendo ancora ben stretta la maglietta tra i denti.

Ormai sono vicino ai suoi piedi e lui mi fissa con godimento, con un gesto veloce attorciglia i miei capelli in una mano e mi fa alzare la testa.
La maglia mi sfugge dalla bocca, coprendomi malamente il seno abbondante.

"Tu non hai idea di che cosa voglio farti diventare" dice aspro fissandomi profondamente negli occhi

Spazio autrice:

Spero apprezzerete l'aggiornamento veloce, ma ancora di più il fatto che ho deciso di modificare leggermente questo capitolo.
Grazie ancora per seguire questo romanzo e soprattutto grazie di avermi sempre supportato e spronato a continuare a scrivere.

AntonellaCastrovilli.

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