Capitolo XXXVII

1.2K 34 5
                                    




POV Edoardo:

La manipolazione è un operazione di condizionamento, la manifestazione di possedere il pieno controllo sul corpo e la mente di un altro individuo.

Per questo quando manipoli qualcuno ti senti incredibilmente potente, un burattinaio che giocando con dei fili sottili controlla azioni e movimenti di quello che altro non è se non un oggetto sospeso in bilico, il quale tacitamente acconsente di venir usato.

Mi sono interrogato a lungo sul motivo di tale concessione, mi sono chiesto spesso perché le persone si facessero ammaliare dalle parole, incapaci di vedere l'illusione che si cela al loro interno.

La mia conclusione è stata che sono i manipolati stessi che desiderano concedersi ai manipolatori in cambio della flebile speranza di essere quantomeno loro padroni delle loro scelte, c'è solo chi non ne prende atto e chi invece accetta la propria condizione.

D'altronde questo ragionamento è la semplice schematizzazione di come è composto il mondo: da individui forti e individui deboli, dove i primi prevalgono sugli altri che si lasciano sfruttare semi-consensualmente.

Per questo è stato facile sottomettere Mia, è bastato un banale pretesto per testare fino a che punto si sarebbe spinta pur di mantenere quell'alone di pura finzione.

Solo che quello che mi sembrava un noioso passatempo si sta rivelando più interessante del previsto.

Sinceramente non credevo che dopo la prima volta che è venuta a casa mia l'avrei mai rivista, invece si è dimostrata più forte di quello che immaginassi.

Abbozzo un sorriso ripensando a quei suoi lunghi capelli ricci raccolti in una coda disordinata, ma questo si spegne subito dopo, il ricordo di quelle lacrime salate che avrei preferito far inaridire piuttosto che mostrarle a qualcuno mi sovrasta smorzando ogni mio desiderio alla vita.

In quel momento sono stato debole e questo non accadrà mai più.

Cammino nel grigiore della mia città, abituato al vento freddo e all'umidità costante sovrana indiscussa di tutte le mattine autunnali, il rumore del fiume che scorre è l'unico suono udibile, superato poi quello, il nulla.

Rimango avvolto da questo silenzio malevolo che insieme ai brutti ricordi è l'unica cosa che mi resta, quel silenzio che giorno dopo giorno diventa talmente pesante da impedirmi il respiro.

Quel silenzio soffocante e opprimente che ti trascina al fondo di una stanza buia senza né porte né finestre, quel tipo di silenzio che ti abbraccia in una morsa fatale stritolandoti fino a spezzarti tutte le ossa.

Non è tristezza quella che provo, ho smesso di essere triste, è solo pura disillusione, un apatia costante che mi rende sordo a tutti i rumori del mondo, tutto è come ovattato, grigio, insapore, tutto tranne il dolore.

Il dolore è l'unica cosa che colora le mie giornate.

Non intendo il dolore nella sua forma più brutale, ma in una più raffinata, quel dolore assiduamente desiderato che regala piacere a chi né infligge e chi né riceve.

Non so quando ho capito di essere attratto da questo tipo di cose, in realtà non credo ci sia stato un momento specifico in cui l'ho capito, io sono così da sempre. Quello che so però, è che la prima volta che ho potuto sperimentare tali fantasie ho sentito come una scarica  elettrica in tutto il corpo, mai niente mi aveva dato quel brivido ed è per questo che dopo quella volta non ho mai più smesso.

Possedere il controllo è l'unica mia fonte di sollievo, sembra quasi essere una droga dal sapore dolce alla quale non so dire di no, ed ecco perché ne sono fottutamente dipendente.

"Edoardo!" la voce acuta di Marina rompe il silenzio.

"Ciao" la saluto a mia volta.

Le sorrido ambiguamente mentre guardo i suoi skinny jeans blu che fasciano interamente i suoi fianchi morbidi.

Il ricordo delle mie mani che li stringono mi mette appetito.

"Come stai? Sei libero oggi?" domanda maliziosa giocando con una ciocca di capelli dorati.

Proprio quando lei si sta per avvicinare sentiamo delle urla, ci giriamo indietro entrambi notando una piccola folla dall'altra parte della strada.

Incuriositi attraversiamo l'incrocio, scoprendo con mio enorme fastidio che quell che sembrava un combattimento tra due oche starnazzanti altro non è se non Mia e Carolina che si accapigliano senza ritegno per strada.

Si tirano i capelli e si graffiano avvicenda come se fossero due gattine che giocano, è quasi divertente se non fosse che Mia sembra particolarmente interessata a farle male sul serio.

La sovrasta prendendola a schiaffi dimostrando una forza che non le avrei mai nemmeno attribuito.

Interessante.

Storco il naso quando ella viene sollevata di peso da quell'odioso ragazzo biondo.

Osservo quelle luride mani stringersi intorno all'esile vita di Mia, la tocca come se volesse farla sua e questa cosa mi fa perdere la testa.

Mi faccio avanti andando a sollevare da terra Carolina la quale poverina fatica persino a tenersi in piedi.

Alla mia vista quel fallito biondo si allontana subito da Mia, credo che il mio sguardo truce l'abbia intimorito.

A differenza sua Mia sembra particolarmente decisa a sostenere il mio sguardo, si sistema i capelli arruffati per poi rilanciarsi nuovamente all'attacco

"Tieni quella pazza psicopatica lontana da me" Carolina si nasconde dietro di me terrorizzata.

"Di alla tua troia che se mi da ancora fastidio finisco di strapparle quelle extension di merda" Mia si avventa su di me cercando di afferrare Carolina.

"Finitela".

"Entrambe" sottolineo.

Spazio autrice:

Scusate l'ingiustificabile ritardo, è solo un momento un po' difficile per me.

Spero che il capitolo vi piaccia, visto che è stato un vero e proprio viaggio nella mente stravagante di Edoardo.

Un bacio, Antonella Catrovilli.

Darkside Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora