37. Le Conseguenze

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Prima di poter anche solo pensare a cosa fare, calde lacrime cominciano a rigarmi le guance fino a bagnarmi la felpa. Non riesco a pensare con lucidità e continuare a fissare quella scena decisamente non aiuta. Sto cercando di distogliere lo sguardo ma è come il canto delle sirene, non puoi evitarlo, e alla fine ti fai male. Da brava stupida quale sono, senza rendermene conto sto camminando nella loro direzione. Quando sono abbastanza vicina mi fermo alle spalle della ragazza, aspettando una loro reazione. Passano alcuni istanti prima che lui alzi lo sguardo e si accorga di me, ma quando lo fa non sembra realmente vedermi.

<<Meghan>> pronuncia il mio nome a bassa voce ma nonostante la musica ad alto volume riesco a sentirlo come una pugnalata al cuore. La ragazza davanti a lui si volta e mi squadra, con uno sguardo critico. Faccio un passo avanti, mossa da non so quale forza, ma non appena anche Ethan si alza in piedi retrocedo di uno.

<<Giuro ti posso spiegare>> allunga una mano verso di me ma io continuo a fare passi indietro.
<<L'ho già sentito troppe volte. Da te come da altri, sono stufa di sentirmelo dire.>> Mi asciugo le lacrime furiosamente con la manica della felpa e poi poso gli occhi sulla ragazza che è con lui.

<<Almeno te la sei scelta bene, complimenti. Hai standard molto alti a quanto pare>> dico sprezzante. La cosa che mi da più fastidio è che lei è davvero molto bella. Bionda, incarnato e occhi chiari, sarà sicuramente una modella. Non posso nemmeno lamentarmi del fatto che sia brutta, in confronto a lei sono un fagiolo.

<<Me ne vado. Non sarei mai dovuta venire a cercarti. Anzi, non avrei mai dovuto rivolgerti la parola sin dall'inizio, dal giorno in cui hai ordinato la colazione.>> senza aggiungere altro mi volto e esco dal locale. Cammino fino a casa, ritrovandomi più di una volta a dovermi asciugare le lacrime. Come ho fatto ad essere così stupida! Gli ho aperto le porte di casa mia, le porte della mia vita e soprattutto le porte del mio cuore. Gli ho raccontato il mio segreto più grande perché mi fidavo. Mi fidavo ciecamente di lui. Ma è stato proprio questo il problema: non avrei dovuto raccontargli nulla, ma soprattutto, non avrei dovuto far entrare Caleb di nuovo in casa mia.

Una volta entrata nel mio appartamento, dove nessuno può più sentirmi, mi abbandono ad un pianto liberatorio. Piango accasciata sul pavimento dell'ingresso, tenendomi le gambe strette al petto, soffocando i singhiozzi troppo dolorosi, causandomi più dolore. Continuo a singhiozzare per un bel po' di tempo finché non decido di spostarmi sul letto. Mi alzo dolorante e con poca delicatezza mi sdraio, ancora vestita, sotto le coperte. Continuo a piangere, solo in una posizione più comoda rispetto al pavimento.

Devono essere passate diverse ore da quando sono arrivata. Ad un certo punto sento dei colpi piuttosto forti contro la porta, poi il campanello, e infine il mio cellulare squillare. Controllo sul display illuminato da chi arriva la telefonata e quando leggo il nome di Ethan lancio un grido di disperazione. Che non gli sia saltato in mente di presentarsi qui? Povero illuso.

<<Vattene.>> urlo per farmi sentire, poi tiro su le coperte fin sopra la mia testa. I colpi non cessano per i successivi dieci minuti, ad intervalli irregolari. Strano che ancora non l'abbia buttata giù.

<<Non ti sopporto più>> - dico a bassa voce - <<Se non te ne vai chiamo la polizia>> dico spazientita. Finalmente smette di aggredire la mia porta. Torno sotto le coperte a deprimermi. Riesco quasi a prendere sonno ma le immagini di Ethan che bacia quella ragazza mi passano per la mente troppe volte, impedendomi di dormire serenamente.

<<Meg>> - sento che mi chiama. Non rispondo - <<non puoi capire quanto mi senta idiota in questo momento>>. Oh no invece lo capisco benissimo, perché mi sento un'idiota anche io.

Keep FightingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora