36. Il segreto rivelato

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Stamattina mi sono svegliata col piede giusto, e non succedeva da tipo 22 anni.
Dopo essermi alzata alle 7, di domenica mattina, ho avuto la brillante idea di fare colazione e andare a correre.

Ora sto ansimando sommersa nel mio stesso sudore.
<<Devo fermarmi>> dico ad alta voce cercando di convincermi. Mi siedo sulla prima panchina che vedo e comincio a respirare pesantemente.
<<Tutto okay?>> mi sento domandare e subito mi volto spaventata.
<<Sto a meraviglia>> rispondo acida a Caleb, ignorando il fatto che si sia seduto sulla mia panchina.
<<Non sembrerebbe sai?>>
<<Se mi costringi a parlare con te come pensi che possa stare bene?>> ribatto ancora più acida. Non si capisce che lo odio?

<<Perché continui a comportarti da ragazzina>> grugnisce.
<<Perdonami?>> domando incredula. Ma cosa pensa che dovrei fare? Saltargli addosso e gridare dalla felicità?
<<Voglio parlare con te, da persona civile. Credi di poterci riuscire?>>
<<No>> taglio corto. Avrei voglia di ricominciare a correre solo per non sentire più la sua voce ma ho ancora bisogno di recuperare. Passano minuti, penso, prima di sentirlo parlare di nuovo.

<<Ti volevo chiedere di mio figlio>> domanda monotono. Mi volto verso di lui senza lasciar trapelare nessun'emozione. Non faccio nemmeno una smorfia di dolore o di incredulità. Certo, mi ha sorpresa, dato che non voleva avere sue notizie da quando è nato, ma non mi aspettavo questo tipo di domanda in questo momento. Sempre senza proferire parola, mi alzo aiutandomi con le braccia e mi incammino nella direzione da cui sono venuta.

<<Dove hai intenzione di andare?!>> mi grida dietro.
<<A casa>> grido di rimando. Noto una donna con un bambino nel passeggino che mi osserva incuriosita e poi sposta lo sguardo su Caleb.
<<Che c'è di così interessante?>> sbotto verso la donna.

Continuo a correre finché non sento l'aria nei polmoni mancare e la gola bruciare. Non succederà mai più che io, di mia spontanea volontà, vada a correre per un'ora. Una volta arrivata sotto casa vedo Caleb appoggiato al portone.

<<Stai scherzando?>> brontolo a bassa voce prima di essere troppo vicina a lui. Lo colpisco con la spalla per poter raggiungere la porta.
<<Voglio solo parlare!>> continua a gridare.
<<Fai silenzio. Qui ci abita gente>> dico senza voltarmi. Comincio a salire le scale il più velocemente possibile. Quando raggiungo il mio appartamento Caleb mi sta ancora alle calcagna.
<<Lasciami in pace>> mi volto di colpo una volta entrata in casa.
<<No>>
<<Come no? Sono in casa mia, tu qui non ci entri>>

<<Scommettiamo>> ghigna per poi superarmi e invadere il mio castello. Calpesto i piedi a terra per la rabbia, proprio come una bambina, e vado poi in cucina per prendere un bicchier d'acqua.

<<A me non offri nulla?>> domanda accomodandosi su una sedia.
<<Zitto>>

<<Sono venuto fino a qui e non ho intenzione di stare zitto. Voglio sapere come sta mio figlio e dove è ora.>>
<<Non te ne è mai importato nulla , cosa ti fa pensare che ti voglia dare queste informazioni su di lui?>>

<<Il fatto che sono il padre biologico e che ho tutto il diritto di saperlo>>
<<Sai cosa? Dato che hai il diritto>> - dico mimando le virgolette in aria - <<vai in tribunale e fattele dare da loro.>>
<<No voglio che sia tu a dirmelo. Andiamo, che cosa ti costa?>> insiste.
<<Non mi costa niente, ma comunque non ti dirò niente. Fine della storia>>
<<Ora ho capito.>> sentenzia.
<<Tu che capisci qualcosa? Discutibile.>>
<<Neanche tu hai sue notizie.>>

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