Diciasettesima notte

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"Penso che resterò qui per le vacanze di Natale, come ogni anno" sbuffò Astra mangiando delle verdure stufate.

"È per la ronda?" chiese Theodore Nott seduto accanto a lei.

La cena era uno dei momenti che spesso negli ultimi tempi passavano insieme. Parlavano della scuola, discutevano di affari di poco conto, ma era sempre piacevole per Astra avere un amico con cui passare in leggerezza qualche serata.

"Sospenderanno l'incarico per qualche giorno, ci penseranno i professori alla sicurezza di Hogwarts"

"Ti farebbe bene staccare la spina, può risultare delirante passare un anno intero all'interno della scuola" Nott avrebbe voluto invitarla con lui, ma purtroppo le sue condizioni familiari non glielo permettevano; trovava già difficile relazionarsi con suo padre in situazioni normali, figuriamoci con una mezzosangue affianco.

Come se non lo sapesse. Astra aveva passato l'intera vita all'interno di Hogwarts, non soltanto le vacanze. Aveva visto così poco del resto del mondo, ad eccezione delle rare occasioni in cui la sua migliore amica l'aveva portata dalla sua famiglia babbana per trascorrere il Natale. Ma ora lei non c'era più e le speranze di uscire dalla scuola rasentavano lo zero.

Un altro 25 dicembre passato nella sua camera vuota a guardare il soffitto, a leggere un libro e a fingere che tutto andasse bene. Erano tempi difficili, non potendo contare sull'appoggio degli insegnanti e degli studenti che tornavano dalle loro famiglie, Silente sarebbe stato particolarmente impegnato mandando in frantumi anche quella minima speranza che aveva di non passare la notte della vigilia completamente sola.

L'unico regalo che avrebbe ricevuto era quella sciarpa che il nonno le regalava identica ogni anno: aveva per metà i colori dei Serpeverde, per l'altra quelli dei Grifondoro. Era un tentativo mal riuscito di ricongiungere la famiglia, quella famiglia formata da due membri tanto diversi e orgogliosi che ormai non si riconoscevano più tali.

"Non penso di avere altra scelta Nott" concluse masticando del pane.

***

00:00, orario di coprifuoco. Nessuno studente deve trovarsi nei corridoi dopo la mezzanotte.

Draco prese la scopa. Era da tempo che non partecipava agli allenamenti di Quidditch in parte a causa della ronda che lo faceva essere stanco durante il giorno, in parte perché negli ultimi tempi si stava impercettibilmente allontanando da ogni forma di socialità.

Glielo aveva fatto notare Blaise una mattina quando era tornato nella sua stanza e lui si era svegliato qualche ora prima per studiare Pozioni.

"Ci sei stasera a cena? Sarebbe bello fare quattro chiacchiere insieme come ai vecchi tempi!" propose mentre l'amico si toglieva i vestiti per mettersi a letto.

Quel ritmo contorto: quando gli altri si svegliavano, Draco si apprestava a dormire. Era tagliato fuori anche dal ciclo naturale del giorno, ormai nulla aveva più senso se non la missione dell'armadio.

"Non penso, ultimamente non ho fame"
E non mentiva. Il suo stomaco si era ristretto, mangiava poco, il necessario per vivere. Il fisico era provato: aveva le guance scavate, gli occhi spenti, le braccia più magre.

Non era un fatto di estetica, semplicemente trovava che mangiare, soprattutto in compagnia, fosse una perdita di tempo. Beveva pozioni che si era fabbricato da sé, alternava quelle energetiche a quelle con effetto calmante entrando in loop terribile che gli toglieva l'appetito in cambio di una logorante dipendenza.

Era distrutto, irriconoscibile dagli anni precedenti. Si stava consumando, la sua esistenza aveva perso di senso e più ne diventava consapevole, più era forte la sua volontà di annullarsi. Perché non aveva il diritto di essere felice come gli altri? Perché doveva essere tutto così dannatamente complicato?

Under Control (DRACO MALFOY)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora