Trentasettesima notte

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A qualcuno non è concessa la pace. Forse c'è una chimica, una serie di meccanismi che entrano in funzione, il karma a tenerla distante.

E Draco non capiva in base quale assurdo ordine questo accadesse. Perché se lui era un figlio di puttana e meritava di essere gettato agonizzante in una fossa, la ragazza che aveva affianco era un angelo e gli angeli dovrebbero essere intoccabili.

Anche Theodore Nott non credeva che tutto gli sarebbe caduto addosso così presto. O meglio, presto sì, ma non nel giro di appena qualche settimana.

Voldemort aveva convocato un'altra riunione con l'obbiettivo di progettare l'annientamento definitivo di Potter e delle truppe dell'Ordine. Theo, con Pansy e Blaise, si era preparato a mascherare l'assenza di Astra alla riunione. Avrebbe detto che l'aver ricevuto il Marchio l'aveva lasciata sconvolta ed era fuggita. Lontano, non sapeva effettivamente dove.

L'incontro era proseguito. Voldemort a vedere che i tre serpeverde non avevano intenzione di parlare riguardo ad Astra tese il volto e fece tamburellare le dita sul grande tavolo di legno del Manor. "Niente? Vorrà dire che sarà necessario andare a recuperarla" e lascio che quell'argomento cadesse nel vuoto.

La parte peggiore venne dopo per Theo. Suo padre lo aspettò in una delle stanze che gli erano state affidate nel Manor. Stringeva tra le dita un bicchiere di brandy, gli anelli tintinnavano sulla superficie di cristallo.

"Mi hai mandato a chiamare?" Theodore entrò nella stanza sentendosi ancora il bambino di un tempo, scosso dal suicidio di sua madre e corroso dai sensi di colpa.

"Dov'è, Theodore?". Suo padre lo chiamava sempre con il nome intero. Theodore, era più freddo rispetto a qualsiasi altra formulazione.

"Se ti stai riferendo a Moore, non lo so"

"Stronzate!" il vecchio schiacciò i palmi sulla scrivania e si alzò in piedi con lo sguardo inviperito. Il liquido nel bicchiere ondeggiò a causa dell'urto. "Tu sai dove si trova. Eravate vicini qui al Manor-" e poi aggiunse abbassando la voce "- un padre certe cose le capisce".

Padre. Non lo avrebbe definito realmente tale neanche dopo la sua morte. Theo lo temeva nello stesso modo in cui si teme un nemico, non un genitore e, tranne di fronte alla genealogia, aveva perso ogni legame con la sua vita.

"Te l'ho già detto, non so dove sia"

"C'era qualcosa tra di voi, Theodore?"

Il serpeverde si sentì la gola asciutta a quella domanda. Si guardò attorno cercando un punto confortevole su cui appoggiare lo sguardo, ma in quella stanza ogni angolo sembrava un acume aguzzo pronto a trafiggerlo seduta stante. Deglutì e la saliva era come se gli corrodesse le corde vocali.

"No", disse a bassa voce, "niente. Non c'era assolutamente niente tra me e Moore".

Anche se forse lo avrebbe voluto.

"Vedo che la nostra comunicazione padre-figlio ha delle lacune piuttosto pesanti" il signor Nott costeggiò la scrivania facendosi rimbalzare la bacchetta di mogano su un palmo. "Dovremmo trovare un rimedio, in qualche modo. Tua madre sarebbe felice se riuscissimo a costruire un rapporto"

"Non parlare della mamma, cazzo!" sbottò Theo drizzando la schiena.

"Sai, Theodore, sei sempre stato un po' ribelle" il padre gli puntò la bacchetta al collo facendogli alzare il mento. "Ribelle e gentile, esattamente come tua madre. E questa cosa è detestabile, Dio se lo è. Hai mandato a puttane tutta la tua famiglia Theodore, hai distrutto ogni cosa che avevamo".

Under Control (DRACO MALFOY)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora