Il Diavolo e la generation Z -terza parte-

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"Ho un lavoro, io. Non ho tempo per le stupidaggini celesti perciò sii breve. E spera di convincermi".

Lucifero si era finalmente deciso a parlare, dopo aver ordinato al giovane di tacere. Si era preso del tempo, consapevole del fatto che era sopraffatto dalla rabbia e dal nervosismo accumulato in quei giorni. In stanza, da soli, erano solo in tre: il re, Lilith e il giovane intruso. La donna e lo sconosciuto sedevano al tavolo, il sovrano degli Inferi preferiva stare in piedi e camminare nervosamente lungo le pareti di quella saletta buia. Una volta ottenuto il permesso di aprir bocca, il ragazzo prese coraggio e iniziò a parlare.

"Per prima cosa, vorrei ringraziarvi per non avermi consegnato subito a Michael".

"Spero mi fornirai una ragione valida per averlo fatto" sibilò il demone.

"Io sono il figlio di Sophia. Lei è una creatrice, genera la vita a suo piacimento, ma credo abbia sbagliato un po' i conti con me. Le mie sorelle sono come lei, serie e religiosissime, devote a Dio fin nel profondo. Con me si è comportata sempre in modo diverso. Mi ha tenuto nascosto. Fin da bambino sono sempre stato sorvegliato, controllato e giudicato".

"Povero piccino" mormorò Lilith, che non staccava gli occhi di dosso da Lucifero e le sue camminate nervose.

"Più passava il tempo e meno mi veniva concessa la libertà. E non ho alcuna colpa, non ho fatto assolutamente niente! Come le mie noiosissime sorelle, pregavo, studiavo e cantavo e facevo tutto quello che lei mi diceva di fare. Ma continuava a fissarmi come fossi una strana bestia, senza rivelare a nessuno la mia esistenza. E tutto perché quella matta crede nelle fecondazioni magiche o follie simili!".

"Ci sono dei precedenti interessanti" commentò il Diavolo "Le colombe...".

"Con tutto il rispetto, dubito che Voi vogliate concepire un figlio mandando in giro strani volatili".

"No, infatti. Ma questo spiega perché possa essersi convinta che sia avvenuta una fecondazione magica".

"Sorvolando su questo, che mi fa ribrezzo, mi sono sempre sentito dire che io non avrei mai potuto lasciare in alcun modo il Paradiso, perché non a tutti gli angeli è permesso e perché per lei non dovevo mai lasciare la mia casa. Ci avevo provato, chiedendo che qualcuno mi accompagnasse, ma lei non mi ha mai lasciato uscire dalle mie stanze. Poi un giorno se ne va a spasso con le mie sorelle per il mondo umano. E lo fa di nascosto, senza dirmelo. La cosa mi ha fatto un po' incazzare. È tutta la vita che le chiedo di portarmi fuori dal Cielo e lei inventava sempre scuse, diceva che lei non lasciava mai il Paradiso e nemmeno le mie sorelle. Mi ha lasciato da solo...".

"Struggente" parlò sarcastico il Diavolo "Ma questo cosa ha a che fare con me e il mio hotel?".

"Ero un po' in collera, e decisamente deluso, ma quando è ritornata sembrava sconvolta. Si è rinchiusa nella sua bella torre argento e io ne ho approfittato per allontanarmi. Erano tutti troppo impegnati a preoccuparsi per accorgersi di me. Sapevo che dovevo confondermi, almeno per un po', così ho dirottato qui tutte le gite scolastiche".

"Piccolo bastardo..." sbottò Lucifero.

"Mi serviva del tempo per osservare indisturbato. Per capire cosa ha portato mia madre ad uscire di testa. Deve essersi accorta che manco, forse è uscita dalla torre finalmente, e ha mandato qui Michael a riprendermi. Lui è l'unico che sa di me, anche se non penso conosca troppi dettagli. Ma lui non riesce a percepirmi, solo mia madre può. E lei non ha più il coraggio di rimettere piede qui".

"La stronza. Ora le faccio paura".

"Non credo. Penso sia triste. L'ho vista piangere. Era confusa, suppongo. Non ho chiesto altro e son venuto qui".

Satan' Speech -L'Hotel del Diavolo- ☆ Completa ☆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora