CAPITOLO 3

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E la notte si prende quello che vuole
e non rende quasi niente
è che siamo soltanto persone sole
e non succede niente.
(Nero, Gazzelle)

LEILA'S POV💜

"Gira il volante!! Giralo, giralo!!"...

Mi risveglio da uno dei peggiori incubi che io abbia mai fatto.

Tutto è così vivido nella mia mente come se fosse successo ieri. Annaspo in cerca di aria mentre delle gocce di sudore corrono lungo il mio viso fino a scendere sul mio collo e ad entrare delicatamente sotto la mia canottiera.

La sveglia sul mio comodino segna le 10:30 del mattino. Ho dormito un giorno intero.

Prendo il telefono e noto le 5 chiamate perse dalla signora Rosy. La richiamo e mi scuso per l'assenza del giorno precedente e lei con tutta la gentilezza del mondo mi dice di prendermi qualche giorno di riposo.

Decido di farmi una doccia calda. Così calda da bruciarmi la pelle, così tanto da eliminare tutto lo sporco e i casini da dosso.

Mi appoggio alla parete di mattonelle dietro di me e il freddo di quest'ultime contro il mio corpo caldo mi provoca una scossa di brividi.

Esco e dopo essermi vestita impiego quasi un'ora per asciugare tutti i miei capelli neri come la pece e ricci.

Dovrei andare all'università ma ho troppa paura di incontrarlo di nuovo. Non credo di avere le forze necessarie per affrontarlo di nuovo.

Stupida. Non puoi nasconderti qui per sempre.

Mi decido ad uscire ma prendo la metro perché di guidare proprio non ho la forza e una volta arrivata in università è come se i miei occhi lo cercassero in automatico mentre invece tutto il resto del mio corpo mi dicesse di scappare.

Lo trovo seduto ad un tavolo del bar.

Mi fermo un po' ad osservarlo. È seduto su una sedia d'acciaio con i braccioli. I capelli neri sono tirati un po' all'indietro, i suoi occhi scorrono sul libro " Orgoglio e Pregiudizio" mentre nella sua mano destra tiene una Winston Blu che si consuma lentamente dalla leggera brezza che tira stamattina.

Mi avvicino cautamente e tossisco lievemente una volta arrivata vicino a lui.

Non alza nemmeno lo sguardo e dice semplicemente "No grazie non voglio nient'altro" come se fossi la cameriera. La sua voce mi provoca il mancamento di un battito e del respiro.

Riesco a dire con poco fiato a bassa voce: "Posso?".

Alza la testa dal libro e fa un lieve cenno di assenso con la testa ritornando poi concentrato nella lettura.

"Io sono Leila."
Dico sperando in una qualche reazione. Stiamo in silenzio per un tempo che sembra infinito anche se credo che in realtà siano passati solamente 2 minuti.

Mi alzo e dopo aver fatto due passi sento la sua voce.
"È arabo?"

Mi giro e noto che ha posato il libro piegando l'angolo della pagina come segnalibro. Ora tutta la sua attenzione è concentrata su di me.
Torno a sedermi.

"Cosa?" Chiedo lentamente.
"Il tuo nome... ha origini arabe?" Ripete fissandomi.
"Si, è corretto."
" E che significa?" Dice mentre un lieve fumo esce dalle sue labbra di un colore quasi violaceo.

" Letteralmente vuol dire scura come la notte"
"Bello. L'arabo mi ha sempre affascinato."
Dice con un tono che sembra fintamente interessato. Poi il suo sguardo si posa sul mio polso dove un tatuaggio risalta sulla mia pelle cadaverica. "E anche a te.", aggiunge alludendo al tatuaggio arabo.

𝓢𝓱𝓸𝓰𝓪𝓷𝓪𝓲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora