CAPITOLO 12

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E quante volte ho pensato che alla fine il sorriso è una parentesi se vedi bene
(Gaetano, Calcutta)

KYLE'S POV💙

Da quando ho rivisto Leila è come se la vita fosse tornata nel mio corpo. La settimana a Portland era passata a rilento, ma almeno avevo mia sorella Evie con me.

Ora mi trovo sdraiato sul suo letto, dopo aver condiviso un momento intimo mostrandoci le nostre cicatrici, aspettando una risposta dopo averle chiesto in francese di dirmi un'altra parola intraducibile.

"Ce que je vais te dire vient d'Allemand"

Sono senza parole. Leila non solo parla il francese, ma ha anche un'accento perfetto, come se si fosse appena teletrasportata da Parigi.
Ci sorridiamo entrambi come fossimo due complici e aspetto di sentire un'altra parola che stavolta mi ha detto viene dal tedesco. Mi chiedo se conosca anche questa lingua.

"La parola è "waldeinsamkeit" e descrive la sensazione che si prova quando si è soli in un bosco."

Mi era mancata così tanto la sua voce. Mi era mancata tanto lei, e, quando appena mi ha visto mi ha confessato che le ero mancato anche io, il mio cuore ha fatto una capriola.

"Non dirmi che sai parlare anche il tedesco."
"Nicht so gut wie Französisch oder Spanisch."

Non so che dire. Continua a sorprendermi questa meravigliosa ragazza dai capelli corvini.

"Potrei avere la traduzione?" Dico girandomi su un fianco per osservarla meglio e godermi la vista dei suoi magnetici occhi ghiaccio che si posano su di me.

Facendo il mio stesso movimento, Leila si volta verso di me mettendo le sue delicate mani a libretto sotto la guancia sinistra.

"Ho detto che so parlarlo ma non bene come il francese o lo spagnolo."
"Sai anche parlare lo spagnolo?" Dico con un timbro di incredulità nella voce. Sembro un cretino in confronto a lei.

"Lo suficiente como para tener una conversación sensata"
"Eh?"
"Abbastanza da saper affrontare un discorso sensato."

Ride della mia faccia incredula. Mi piace ascoltarla e sentire come cambia il suono della sua voce a seconda della lingua che parla.

E poi mi sorride. Mi sorride col cuore, con l'anima. E dentro penso che finalmente si sta aprendo a me, mi sta mostrando il suo mondo contorto e affascinante. Sto notando anche lo sforzo con cui mi sta parlando di se ed è per questo che non voglio farle troppe domande tutte insieme.

La mia mano, in autonomia totale, si avvicina al suo viso e sposta una ciocca di capelli dietro il suo orecchio.

Lei si irrigidisce.

Non siamo abituati ad avere molti contatti fisici, la nostra pelle si sfiora raramente ed ogni volta che succede sento esplodere dei fuochi d'artificio dentro di me.

Io voglio Leila. La voglio conoscere, studiare, sognare. Voglio averla accanto a me sempre, voglio sentirla parlare in tutte le lingue del mondo, voglio vederla mentre cammina per casa con i suoi assurdi calzini e mi parla delle costellazioni che ha misteriosamente deciso di dipingere in camera sua. Voglio sentire il suo odore di vaniglia e cocco ogni secondo della giornata, voglio farle conoscere Evie e portarla nel mio mondo, nel mio dolore. Voglio condividere il mio dolore con lei e farle da ombrello per la pioggia. Voglio sentirla citare frasi d'autore o sentire le parole intraducibili del mondo.

Parlottiamo un'altro po' in francese, scambiandoci qualche battuta, e poi la saluto promettondole di rivederci domani.
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Quando arrivo a casa, mia madre Dara è seduta a capotavola con mia sorella Evie alla sua destra.
Solleva i suoi occhi nocciola su di me e le spunta un sorriso dolce.

𝓢𝓱𝓸𝓰𝓪𝓷𝓪𝓲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora