CAPITOLO 10

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E forse il cielo è solo il tetto di qualcosa di più grande di una stanza
(Sui muri, Psicologi)

LEILA'S POV💜

Da quando mi sono svegliata accanto a Kyle quella mattina non ci siamo più visti.

Mi ricordo ogni sensazione, ogni profumo ed ogni dettaglio.

Mi ero svegliata prima di lui ed ero rimasta per qualche minuto a guardarlo dormire.

Il suo volto rilassato, la pelle liscia come il marmo, il naso dritto e piccolo, la sua mano intorno al mio fianco ossuto.

Ho pensato a quanto questo ragazzo fosse indipendente e a quanto bella fosse questa cosa che lui non abbia bisogno di nessuno ma nonostante tutto scelga me, a come nonostante sembra non gli importi di niente lui continua a preoccuparsi per me.

Certe volte capita nella vita di incontrare una persona speciale, che sembra quasi venire da un altro mondo, che sembra capirti senza neanche il bisogno di parlare perché è come se ti leggesse nel pensiero.

E stavo anche pensando che probabilmente quella persona poteva essere lui.

Ci mandiamo messaggi ogni giorno, lui mi chiede come sto e io gli chiedo come va a Portland. Mi ha detto solo che doveva risolvere delle cose in famiglia e che sarebbe tornato dopo una settimana.

Sono passati 6 giorni, 144 ore, 8640 minuti, cinquecentodiciottomilaquattrocento secondi. E ho passato ogni secondo a pensare a lui solo perché mi sono resa conto che, nonostante il tempo passato insieme, non conosciamo quasi niente l'uno dell'altra.

Non ho fatto un granché questi giorni senza di lui. Sono andata in università, al lavoro, ho pianto qualche volta, superato 4 attacchi di panico, 1 fitta al cuore, ho parlato un po' con i miei zii, ho letto e scritto, pensato molto e avuto parecchi incubi.

Ho raccontando tutto a Kyle, o meglio quasi. La fitta l'ho tralasciata. Non volevo farlo angosciare più di quanto non fosse dopo avergli raccontato degli attacchi di panico.

Questa notte ho deciso di non dormire. Sono stufa di svegliarmi nel panico e spaventata a morte.

Non chiuderò occhio finche non ci sarà di nuovo Kyle a scacciare i miei incubi. Li spazza via come un uragano. Lui è la tempesta ma allo stesso tempo la calma, è sia l'ancora che mi tiene stabile sia l'iceberg che mi fa affondare.
È entrato nella mia vita come un fulmine a ciel sereno.

Il soffitto della mia stanza è così bianco...mi ricorda l'ospedale.
Mi fa ricordare l'odore della stanza, del dolore che ho provato quando il dottore ha aperto la porta della mia camera e mi ha guardato con la pietà negli occhi.
Mi fa ricordare le lacrime, gli affanni, la costante sensazione di vuoto come se una parte di me fosse stata strappata via.

Mi alzo di scatto dal letto e scuoto la testa per liberarla da ogni pensiero. Decido di uscire per andare dal ferramenta più vicino.

Torno a casa con due due barattoli di vernice, uno blu notte intenso e uno bianco, un vasetto di glitter e almeno una decina di pennelli di varie misure.

Poso tutto in salotto e poi inizio a spostare tutti i mobili al centro della mia camera per poi coprire la moquette con dei teli trasparenti.

Mi accorgo di non avere una scala cosi decido di scendere al piano di sotto per chiederla a Joel, la coinquilina anziana del palazzo.

Joel mi apre la porta e un'odore di biscotti mi invade le narici.

"Salve signora." Dico gentilmente.
"Oh ciao cara" dice come se non si fosse nemmeno accorta che ci fosse davvero qualcuno sull'uscio.

"Sono Leila signora Joel, abito sopra di lei. Si ricorda di me?" Mi guarda con i suoi grandi occhi azzurri e un lampo di ricordo li attraversa.

"Oh sisi certo bambina mia, vieni entra pure."
Mi accomodo e la guardo barcollare fino al forno.

È stata la prima persona che ho conosciuto a New York. Avrà un'ottantina d'anni, ha dei fitti capelli bianchi che porta sempre raccolti e da qualche mese ha iniziato ad usare un bastone per aiutarsi. La sua casa profuma sempre di dolci e vaniglia, ed anche lei.

"Posso offrirti un biscotto cara?" Dice mentre li ripone accuratamente nel piatto.
"No signora grazie. Ero venuta solo a chiederle se potesse prestarmi la scala. Sa devo fare dei lavoretti."
Mi sorride e mi dice di andarla a prendere nel ripostiglio in fondo al corridoio.

Mentre esco le prometto che quando le riporterò la scala mi fermerò ad assaggiare i suoi biscotti alla cannella.

Risalgo a casa e, dopo aver sistemato la scala ed essermi cambiata, mi lego i capelli in una crocchia disordinata e, tenendo un pennello incastrato tra i denti, apro il barattolo della vernice blu, che ha il nome di "Starry night".

Dopo ben 5 ore scendo finalmente dalla scala e mi accendo una sigaretta mentre col collo reclinato all'indietro ammiro il soffitto finalmente completo.

Un cielo stellato pieno di costellazioni si apre ora sopra di me. Chiudo gli occhi mentre inspiro il fumo e la mia mente torna indietro.

"Allora se dobbiamo partire dalle basi, quella li..." dico allungando un dito verso il cielo "...è la stella polare. È la stella più luminosa della costellazione dell'Orsa minore" sposto il dito tracciandone i contorni "ed indica il polo nord celeste della terra."
"Okay poi che altro?" Dice guardandomi incantato.
"Poi laggiù abbiamo la stella Sirio che invece è la più brillante del cielo. Poi nella costellazione di Orione, proprio lì" e gliela indico "c'è Rigel, che è una supergigante blu."
Lo guardo e lo vedo affascinato con gli occhi persi nel cielo, le pupille nere dilagate fino a coprire l'iride e il sorriso più luminoso della stella Sirio.

Mentre cerco di riprendermi dal ricordo inizio a rimettere apposto tutta la stanza, e mentre finisco di spostare il letto con immensa fatica, qualcuno bussa alla porta.

Mi avvio all'entrata e appena la porta si apre il mio cuore perde un battito.
"Ciao Leila."

E di colpo il sorriso torna sul mio viso.

𝓢𝓱𝓸𝓰𝓪𝓷𝓪𝓲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora