Capitolo 23

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La serata passa abbastanza in fretta, tra giochi idioti e risate da parte mia e di Violet nel constatare che Liam, Jordan e Dylan, non sono in grado di reggere l'alcol.

Non per sottovalutarli, considerando che hanno bevuto davvero parecchio, ma è stato comunque divertente vederli in quello stato.

Quando decidiamo che è giunto il momento di tornare a casa, io e quelli rimasti sobri incominciamo a sistemare, per non dover lasciare tutto il lavoro a Liam domani mattina, o magari ai suoi genitori.

Incominciamo a raccogliere tutti i rifiuti in vari sacchetti, mentre i tre dell'ave Maria restano seduti sul divano a ridere come scemi.

Mentre sto sistemando i cuscini sul divano, sento due mani posarmisi sui fianchi.

"Possiamo parlare?" Mi chiede, e non ci metto molto a riconoscere la sua voce, nonostante mi sorprenda che sia lui a voler parlare.

Insomma, generalmente aspetta che sia io a scusarmi e a trovare una soluzione alle nostre discussioni e ai nostri litigi, perciò è strano che questa volta si sia deciso a farlo lui.

Mi volto verso di lui lentamente, per cercare di sondare l'emozione nei suoi occhi mentre mi chiede di parlare con lui.

Esattamente come mi aspettavo, i miei occhi si ritrovano immersi in quelli di un bambino pieno di speranza, che spera soltanto che gli venga dato quello che vuole.

"Certo." Gli sorrido, e lui senza farselo ripetere due volte mi prende per un polso e incomincia a camminare verso la stessa stanza in cui mi aveva portata Violet all'inizio della serata, per scappare dalle domande dei ragazzi.

Chiude la porta alle nostre spalle, e non sapendo bene come comportarmi, vado a sedermi sul letto a gambe incrociate.

Anche lui sembra perplesso per qualche istante, incerto per la prima volta su che cosa fare, ma dopo un po' mi raggiunge sul letto, e si siede accanto a me.

"Mi dispiace." Dice semplicemente, voltandosi per guardarmi negli occhi. "Per quello che ti ho fatto in macchina e per aver mentito davanti agli altri. Sono stato uno stronzo." Spiega, passandosi la mano tra i capelli.

È già buono che si sia reso conto di essere stato stronzo, quindi per me è una vittoria.

"Ho bisogno di certezze e di non avere pressioni. Non ho delle date fisse nella mente, ma devo essere pronta." Cerco di spiegargli, sperando che capisca.

Lo vedo annuire ripetutamente, e a quel punto non posso fare a meno di sorridere.

Sembra che stia per aggiungere altro, ma sentiamo bussare alla porta della stanza, così entrambi ci voltiamo in quella direzione.

"Spero di non interrompere niente... stiamo andando noi." Ci avvisa Isaac con un sorrisetto, e io e Jacob ci lanciamo un'occhiata prima di alzarci insieme, come per far capire ad Isaac che non ha interrotto nulla.

Seguiamo lui e gli altri ragazzi fuori, e poi ci dividiamo nelle auto con cui siamo arrivati, per tornare alle rispettive case.

Jacob è stranamente silenzioso mentre prende posto sul sedile del conducente, forse perché ancora teme di dire o di fare la cosa sbagliata, anche se in questo momento vorrei disperatamente che parlasse, per dire qualsiasi cosa gli passi per la testa.

"Non avevo finito di parlare quando Isaac è entrato." Dice dopo un po', mentre siamo fermi ad un semaforo, e mi guarda per sondare la mia reazione alle sue parole.

Mi giro verso di lui a mia volta e gli sorrido, mentre non posso fare a meno di notare quanto sia bello con il riflesso della luce dei lampioni sul volto.

Innamorata di uno stronzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora