Capitolo 33

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Non so neanche perché io abbia acconsentito che lui venisse qui, dopo tutto quello che è successo e dopo il tempo che ho passato ad insistere per non ascoltarlo.

Forse, dopotutto, ho il serio bisogno di ascoltare quello che ha da dirmi, per quanto sappia che saranno delle scuse piuttosto superficiali e poco sentite, dettate semplicemente dalla voglia di riavere per se quello che aveva prima: il mio interesse e, ahimè, tutto il mio corpo.

I miei genitori sono partiti ieri sera per un viaggio di lavoro in una città a qualche ora da qui, mentre mio fratello mi ha soltanto detto che sarebbe tornato dopo cena.

Ancora non abbiamo chiarito dopo quella discussione che è nata a causa del fatto che non sapevo che cosa dirgli sul mio rapporto con Jacob, mentre lui si ostinava a voler sapere tutto, e così adesso a malapena ci parliamo, e lo facciamo solo per scambiarci informazioni essenziali e monosillabi.

Sento bussare alla porta, e immediatamente mi pento dell'impulsività con cui ho concesso a Jacob di recarsi qui a casa mia.

Prendo un respiro profondo e apro la porta, rendendomi conto che l'unica cosa sensata che posso fare è affrontare la realtà così com'è, per quanto possa essere difficile.

"Ciao." Dice lui con un sorriso genuino, e senza aspettare il mio permesso entra in casa, attendendo però che sia io a dirgli dove deve andare e a chiedergli di darmi il giubbotto perché lo metta sull'appendiabiti.

Non ricambio il suo saluto se non con un semplice sorriso, e mi limito a tendere la mano in sia direzione, con un ometto in mano, per suggerirgli che deve consegnarmi la sua giacca con il logo della scuola perché io la appenda ordinatamente al suo posto.

"Andiamo di sopra?" Gli chiedo, e anche se so che sul suo volto c'è un sorriso strafottente per la mia proposta, decido volutamente di ignorarlo, per non cogliere le sue provocazioni, e salgo le scale per prima, mantenendomi a debita distanza da lui e dalle mani che non riesce a tenere al loro posto.

Arriviamo nella mia camera e io mi siedo sul mio letto, mentre lui sta lontano da me e si appoggia alla scrivania, con le braccia conserte e gli occhi nei miei.

"Onestamente non mi aspettavo che accettassi la mia proposta, quindi non ho chissà che cosa da dirti. Il mio punto di vista te l'ho già spiegato, ti ho già detto quanto mi dispiace." Esordisce lui con sincerità, mentre continua a fissarmi per sondare ogni mia minima reazione alle sue parole.

Prendo un respiro profondo e lo guardo, leggendo nei suoi occhi quella speranza che si vede negli occhi dei bambini.

Come ho detto, non ho idea del motivo per cui ho accettato che lui venisse qui, anche perché non sono di certo pronta a perdonarlo per quello che è successo, ma non posso neanche continuare a fingere che questa distanza non mi stia facendo impazzire.

Sono tre giorni che, come promesso, lui ha lasciato che la mia rabbia sbollisse un po', e questo significa che sono tre giorni che non ci parliamo, non ci sfioriamo, e ci mandiamo solo occhiate da lontano cariche di significato, cosa che per due come noi è impensabile.

"Jacob non è semplice perdonare una cosa simile, lo sai." Cerco di spiegargli, in modo che non si aspetti chissà quale conclusione positiva da parte mia.

Lui sbuffa sonoramente e distoglie lo sguardo dal mio, mentre si passa le mani tra i capelli per via della frustrazione.

"Si tratta del passato, Allie, ne abbiamo già parlato. E in ogni caso, qualsiasi cosa che abbiamo fatto insieme non è mai stata collegata alla storia con Isaac. Mi piaci, mi piace passare il tempo con te, il modo in cui mi provochi... non so se potrò mai trovare tutto questo in un'altra persona."

Innamorata di uno stronzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora