Capitolo 8

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Non so se avete presente quella sensazione di vuoto, quando tutto ti gira intorno senza nemmeno che tu te ne renda conto, quando ogni sensazione ti scivola addosso, ed ogni suono rimbomba nella tua testa, ma privo di un qualsiasi senso logico.

Ieri sera non ho bevuto, e in ogni caso sono passate parecchie ore, quindi penso che il poco alcol che avevo in corpo io l'abbia ormai smaltito da un bel pezzo.

Eppure, mi sento come se mi trovassi dentro una gigantesca bolla.

Non manca molto alla fine della giornata - lo intuisco dal rumore di cerniere che si aprono e si chiudono frettolosamente, segno che i miei compagni di stanno preparando - ed è da tutto il giorno che sento le voci ovattate.

Non ho sentito una sola parola degli insegnanti, non ho assolutamente rivolto la parola a Noah, né lanciato le mie solite occhiate di sfuggita a Jacob.

Niente di niente, è come se non ci fossi.

"Scott?" Sento una voce maschile richiamarmi, ma ancora nel mio stato di trance non riesco a realizzare di chi si tratti, così sto ferma, senza dare nessun segno di aver sentito.

Ma che mi succede? Stavo bene prima di entrare in questa scuola, qualche ora fa!

"Scott? Ci sei?" Questa volta, come spaventata dal tono fin troppo alto di quella voce, scuoto velocemente la testa e sbatto le palpebre, per cercare di riprendermi in fretta.

Accanto a me c'è Jacob, con lo zaino in spalla e il cappuccio in testa, che mi guarda come se mi avesse appena vista svenire, o magari persino qualcosa di peggiore di questo. Probabilmente, dovevo sembrare proprio svenuta.

"Allie?" Non so se perchè per la prima volta mi ha chiamata Allie, o se effettivamente il suo tono di voce abbia superato un certo limite per poter continuare ad ignorarlo, ma sta di fatto che alzo lo sguardo su di lui, che sembra volermi trapassare con quegli occhi azzurri.

"Ehm... scusa, io... cosa c'è?" Avrei anche inventato una scusa per queste mie movenze da zombie, ma onestamente non è a lui che devo risposte, se non le ho neanche per me stessa, quindi si accontenterà

"La campanella è suonata, e noi abbiamo due ore di ripetizioni da fare, se non mi ricordo male." Il suo sorriso è contagioso.

Sono io ad essermi completamente dimenticata che fosse oggi - e la cosa mi sembra abbastanza improbabile - oppure è lui ad inventarsi tutto al momento? Non sappiamo dove andare, cosa fare, a che ora: niente.

"Non siamo organizzati, ci pensiamo nei prossimi giorni." Mi limito a dire, e incomincio a raccogliere le mie cose dal banco, per riporle alla rinfusa nel mio zaino.

"Che organizzazione serve? Puoi venire a casa mia o magari vengo io da te." Suggerisce lui facendo spallucce, come se fosse una cosa del tutto normale per lui, l'andare a casa di persone che nemmeno si conoscono.

"J-Jacob, io..." non so perché abbia così tanta paura di quello che potrebbe succedere, ma il modo in cui mi sento è del tutto incontrollato. Per una volta vorrei essere sicura di me stessa, poter andare a casa di Jacob, come avrei fatto fino a qualche mese fa, e invece eccomi qui, a tremare sotto il suo sguardo.

"Allison mi spieghi cosa ti preoccupa? Sono delle fottute ripetizioni, chiaro?" Il suo tono sembra sincero, ma in ogni caso stento a credere a quello che sta dicendo.

"Con te niente è mai quello che dovrebbe essere, Jacob." Chiarisco tenendo lo sguardo basso, mentre lui non sembra capire.

"Vale a dire?" Domanda, quasi ferito.

"Non terresti mai le mani a posto, se fossimo in una casa da soli, e considerando che non lo fai neanche quando siamo in pubblico, non so come dovrei fare a fidarmi di te." Esclamo, tutto d'un fiato, come se detto velocemente potesse essere meno pesante.

Innamorata di uno stronzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora