Capitolo 11

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Non abbiamo più detto quasi niente dopo quella frase che mi sono lasciata scappare, ed è stato parecchio imbarazzante.

Vorrei poter dire che è stato un silenzio dovuto semplicemente dal fatto che non c'era più nient'altro da dire, ma la verità è che continuavano a sorriderci come due ebeti, cercando di non arrossire.

Jacob non è mai stato così, prima d'ora.

È sempre una persona di compagnia, talvolta anche fin troppo, ed è sempre pieno di domande da farmi o delle sue solite provocazioni a cui sottopormi.

Veramente quella frase, può averlo fatto cambiare a tal punto?

Violet mi aveva preparata al fatto che le cose sarebbero cambiate, ma non pensavo che intendesse questo.

"Andiamo di sopra, piccola?" Mi chiede dopo un po', come se non avessimo appena passato venti minuti in completo silenzio.

Mi limito ad annuire, e lo seguo mentre si incammina sulle scale, probabilmente in direzione della sua camera.

I mattoni sono a vista anche nel piano superiore della casa, e il fatto che sia costruito come se fosse un soppalco, da molta luminosità a tutta la casa. È bellissima.

La camera in cui entriamo è la rappresentazione di tutti i miei sogni.

Come per il resto della casa, i mattoni sono a vista. C'è una grande finestra che occupa quasi un'intera parete, che rende la stanza luminosa e accogliente.

Non c'è niente di che: una scrivania bianca, il letto matrimoniale posato su un tappeto color crema e due piante ai lati del letto, che danno all'ambiente un'aria più pulita, più genuina, anche se non saprei spiegare perché.

Sono talmente occupata dalla bellezza della camera nella sua semplicità, che non mi accorgo neanche di Jacob che mi passa davanti per andarsi a sedere sul letto.

"Sono contento di averti lasciato senza parole, Scott, ma avrei preferito farlo in altri modi." Dice con un sorrisetto, lasciando chiaramente intendere il doppio senso.

Lo guardo male, pur sapendo che c'è una minima probabilità che io sia bordeaux.

"Possiamo fare latino? Dopo pensiamo ai tuoi metodi per mettermi a tacere." Gli dico con un sorriso, sperando di poter lasciare da parte questo tasto dolente.

Lui aggrotta le sopracciglia e si siede sul letto in maniera più composta, come se per parlare fosse necessario stare impettito.

"Non abbiamo finito la chiacchierata che abbiamo cominciato a pranzo." Mi ricorda, e io mi sento le ginocchia cedere, mentre mi accorgo che devo trovare una soluzione a questo disastro, e in fretta.

"Neanche io so nulla di te, Wilson. Per fare ripetizioni di latino insieme, non è necessario sapere tutta la nostra vita, no?" Chiedo con un sorriso strafottente.

Lo vedo stringere gli occhi, come se stesse cercando di guardarmi da una nuova prospettiva, per capire cosa sto tramando.

La verità è che non tramo niente. Spero che sia abbastanza riservato da non volermi dire le cose su di lui, così che io non sia costretta a raccontargli la mia vita.

"E va bene, abbiamo una domanda a testa, poi iniziamo a studiare." Dice lui soddisfatto, sdraiandosi sul suo letto.

Okay, questo non era previsto.

Che cosa dovrei chiedergli? La sua vita oscilla tra sesso occasionale, feste e strani accordi con ragazzi più grandi di lui. Che cosa dovrebbe esserci di interessante da sapere?

Innamorata di uno stronzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora