Capitolo 16

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Quando apro la porta, non mi sorprende il fatto di incominciare a non capire più nulla sotto la soggezione di quegli occhi azzurri.

Ormai incomincio a farci l'abitudine, anche se la questione mi preoccupa un po'.

Vedo Jacob accennare un sorriso, poiché si è chiaramente accorto che non riesco a staccargli gli occhi di dosso, e proprio in quel momento decido di farmi forza e tornare alla realtà, per evitare di dargliela vinta.

"Entra." Gli dico con un sorriso, aprendo di più la porta e spostandomi di lato per lasciargli lo spazio per passare.

Lui si fa strada in casa mia silenziosamente, quasi come fosse stranamente imbarazzato o colto da un raro momento di timidezza, ma a me sembra piuttosto strano.

"Cristo, Scott, mi farai morire per tutto il pomeriggio con quei pantaloncini." Commenta, tappandosi gli occhi come per farmi capire che alla sua vista questi semplici shorts neri sono praticamente ipnotici.

Okay, ammetto che sono un po' più corti del normale, ma almeno adesso ho la conferma che Jacob stia bene, visto il commento.

"Non sono così corti, Wilson, sei tu che sei in una sorta di crisi di astinenza." Ribatto io, ridacchiando nel momento in cui cerca di incenerirmi con lo sguardo.

Mi guarda con superiorità dall'alto verso il basso, mentre con gli occhi sembra cercare di dirmi che ha ragione lui.

"Okay, fingerò che tu non li abbia messi apposta perché io ti guardi il culo." Dice poi con un sorrisetto, alzando le braccia al cielo come per farmi la completa ragione.

Senza dire altro, si dirige autonomamente verso camera mia, ancora tenendo le braccia in aria mentre sale le scale.

Aspetto qualche istante prima di seguirlo, poiché sarebbe imbarazzante constatare di non riuscire a distogliere lo sguardo se la mia faccia si ritrovasse ad una certa altezza mentre lui sale le scale davanti a me.

"Ti ho lasciata senza parole, Scott?" Mi sfotte ancora, mentre un ghigno malefico dei suoi gli spunta sul volto.

Ancora una volta per puro orgoglio personale, incomincio a salire le scale velocemente per raggiungerlo, sperando di non morire a causa della mia scarsa agilità.

"Veramente sono rimasta per un attimo a pensare a quanto sei idiota." Lo correggo, pur sapendo di mentire a me stessa e a lui.

Non vorrei farlo, davvero, ma davanti a persone come Jacob la competizione ti esce spontanea, è come se non volessi mai concedergli la ragione, per quanto la abbia totalmente dalla sua parte.

Soprattutto se l'argomento è la lunghezza dei miei pantaloncini.

"Per caso ti sembro nato ieri?" Mi chiede, voltandosi improvvisamente verso di me, che fortunatamente riesco a bloccarmi prima di finirgli totalmente addosso.

Prendo un bel respiro e penso ad una risposta strafottente quanto le sue da dargli, in modo da non perdere questa 'battaglia'.

"Dimmelo tu, Wilson: sei nato ieri?" Ripeto io, posando le mani sui fianchi con tono di sfida, nonostante sia venti centimetri più bassa di lui e sia sullo scalino sotto il suo, e quindi non potrei mai intimorirlo.

Fingendo di ignorarmi, si volta e continua a camminare, arrivando finalmente in camera mia, dove senza chiedere alcun permesso, si spaparanza sul mio letto.

"Sono anche più grande di te, Scott." Mi spiega sicuro, guardandomi con supponenza.

Io lo guardo storto, sedendomi sulla sedia accanto alla scrivania per cercare di mantenere le distanze per quanto possibile.

Innamorata di uno stronzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora