Parte [39]

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Dopo un ultimo sguardo sprezzante, la madre di Velvet li lasciò soli nella serra. Velvet sentiva che il macigno che per un attimo era scomparso dal suo cuore si era ripresentato più pesante che mai: non riusciva a pensare con lucidità, né tanto meno riusciva a vedere una via d'uscita per quello che per lei e Richard era diventato un vero incubo.

Senza che se ne rendesse conto, calde lacrime iniziarono a bagnarle le guance, finendo sulle dita dell'uomo che le circondavano delicatamente il collo applicando una leggera pressione sui punti di tensione che l'avevano fatta irrigidire.

"Angelo, ti prego, non piangere. ce la caveremo, vedrai"

"E come? Non riusciremo mai a racimolare quella cifra in così pochi giorni. Non voglio rinunciare a te, non voglio" continuò sempre più nel panico.

"Devi calmarti, e soprattutto devi fidarti di me. Troverò il modo, avremo il nostro lieto fine, te lo giuro. Forse adesso è meglio che vada, non vorrei ricevere un gentile promemoria da tua madre".

Per Velvet la sensazione di angoscia si fece ancora più forte non appena ebbe elaborato quelle parole: fino a poco prima aveva vissuto immersa in una bolla di apatia, non aveva provato alcun tipo di sensazione, come se fosse anestetizzata, ma da quando l'immagine di Richard le aveva riempito gli occhi, le emozioni si erano ripresentate più intense e forti che mai. Il solo pensiero di essere lasciata ancora in quella casa, inerme rispetto alla madre, sola, le facevano mancare il fiato e stringere lo stomaco.

Lo strinse ancora più forte tra le sue braccia, mordendosi la lingua per evitare di supplicarlo di portarla con sé; sapeva che quello non era il momento, sapeva che era tutta colpa sua se ora si trovava in quella situazione, si malediceva per aver pensato di fare tutto da sola.

"Scusami" sussurrò mentre qualche singhiozzo la scuoteva ancora "Mi dispiace. Sono stata una stupida. Quanto vorrei poter tornare indietro per evitarti tutto questo".

"Shhh, basta. Anche se non del tutto, ho capito perchè l'hai fatto. Volevi darmi una nuova speranza, e darla anche ai miei genitori ma, come ho detto a loro, io voglio solo te. La mia vita è questa, e da quando tu ci sei entrata, è tornata ad essere colorata come la ricordavo. Vedrai, troveremo il modo. Non ti lascio qui, non ti abbandono, io a te non ci rinuncio" le rispose stringendosela al petto.

Dopo un ultimo bacio, Richard lasciò una Velvet ancora scossa sull'uscio della porta e con l'aiuto di Kiro si allontanò da quella casa. Decise che era giunto il momento di chiedere aiuto e, chiamato un taxi, gli diede l'indirizzo al quale lo avrebbe dovuto condurre.

...

Era ormai passata la mezzanotte e Velvet non faceva altro che rigirarsi tra le lenzuola che sembravano roventi sulla sua pelle. Si era rifiutata di cenare in sala, e non aveva nemmeno sfiorato il vassoio che le era stato lasciato davanti alla porta dalla sua adorata tata. Non aveva fame, era presa da una strana smania alla quale non riusciva a dare un nome, ma un volto si ed era quello di Richard. Si rigirò per qualche altro minuto nella speranza di prendere sonno, cercando di ascoltare la sua parte razionale che le diceva di aspettare che lui si facesse vivo, che doveva fidarsi ed affidarsi a lui al contrario di quanto aveva fatto meno di due settimane prima. Eppure aveva il bisogno di vederlo, lo sentiva scorrere sotto pelle e così, preso un profondo respiro, si scoprì e prese al volo una felpa da infilare sopra il pigiama. il cuore le rimbombava nelle orecchie mentre allacciava le scarpe e apriva con delicatezza la porta della sua stanza. Sapeva che non avrebbe potuto utilizzare l'ingresso principale che era videosorvegliato come la maggior parte della proprietà e così pensò di affidarsi all'uscita della servitù che affacciava su un vicoletto accanto ai bidoni dell'immondizia. Cercando di non cadere, ma soprattutto di non fare rumore, scavalcò il muro e atterrò carponi, sbucciandosi un ginocchio; strinse i denti per non iniziare a piangere e respirò a pieni polmoni come se l'aria non fosse mai stata così pulita.

Iniziò a camminare e non si fermò fino a quando il suo indice non premette contro il campanello. Attese qualche secondo e poi riprovò, e dopo qualche istante, una voce roca rispose dall'altro lato della porta.

"Chi è?"

"Sono io tesoro. Ti prego, apri"

Non ebbe nemmeno il tempo di terminare la frase che la serratura scattò e il volto addormentato di Richard le riempì il campo visivo.

"Che ci fai qui angelo?" le rispose prendendola tra le braccia.

"Avevo bisogno di te. Ho sempre bisogno di te. Ti prego non mi mandare via stanotte".






Mercy - Richard MaddenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora