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Velvet si mise a letto con il cuore che le batteva all'impazzata. Aveva quasi baciato Richard o, per meglio dire, aveva perso l'unica occasione per farlo.
Non aveva agito di proposito ma si era sentita sopraffatta da un'emozione allo stesso tempo intensa e arrivata troppo in fretta.
Non era mai stata innamorata ma aveva letto una marea di romanzi in cui veniva snocciolata ogni singola emozione delle protagonista che si struggeva d'amore per il principe azzurro di turno. Solo che leggere era completamente diverso dal vivere: la vita le aveva insegnato a riconoscere l'amore per se stessa, l'amore per un oggetto particolarmente caro o una passione, l'amore per la nonna; ma non aveva mai vissuto l'amore tra un uomo e una donna.
I suoi genitori non si erano mai scambiati un gesto d'affetto davanti ai suoi occhi, e più volte le era venuto il dubbio che lei fosse solo una pedina da usare per mandare avanti il cognome di famiglia.
Forse era proprio tutto questo che l'aveva spinta a scappare e rifugiarsi nella camera in cui si trovava mentre gli ingranaggi nella sua testa non facevano altro che mettersi in moto.
Una piccola parte di sé le face notare che la sua paura più grande sarebbe stato un rifiuto: conosceva da poco Richard ma in quei pochi giorni lo aveva visto più volte cambiare umore, socchiudere leggermente una porta nella sua testa e poi sbattergliela in faccia prima che avesse il tempo di entrare; era tutto così sfiancante che probabilmente aveva voluto proteggersi, anche se ora se ne pentiva.

Dall'altra parte del corridoio, Richard si mise a letto rimuginando su cosa gli era preso qualche minuto prima.
E si diede ripetutamente dell'idiota: se lei non lo avesse fermato avrebbe baciato una ragazza che conosceva da meno di un mese quando per anni si era impegnato ad evitare ogni relazione che comportasse qualcosa di più della condivisione del piacere fisico per una notte.
Quella ragazzina gli stava scombussolando la mente, con i suoi modi diretti, spontanei e talvolta irritanti continuava a sorpenderlo. Lo trattava come una persona normale, non aveva mai associato il suo handikap a lui e questa cosa gli scaldava il petto: l'unica cosa che cercava era qualcuno capace di rimettere a posto i cocci della sua anima e in alcuni frangenti, Velvet sembrava la persona che il destino gli aveva inviato per questo compito e in questi momenti anche se involontariamente si apriva a lei.
Poi, però, ripensava a cosa avrebbe comportato per una donna stare con lui, a quali sacrifici sarebbe andata in contro, quali limitazioni avrebbe dovuto subire e, allora, richiudeva precipitosamente quello spiraglio.

Il giorno dopo, Velvet si alzò in tempo per prepararsi per andare a lavoro: quando si alzò si rese conto di non avere vestiti con sé, vista la fine che avevano fatto quelli di ieri sera.
Ricapitolò rapidamente gli eventi delle ultime ore senza mancare di arrossire ricordando il pianoforte.
Era indecisa su cosa fare: non poteva chiedere a Jordan delle ore libere con così poco preavviso ma non poteva lasciare che Richard andasse a prendere Kiro da solo.

Si alzò e arricciò le dita dei piedi quando incontrò il pavimento freddo. Aprì la porta cercando di non farla cigolare e si guardò intorno cercando di capire se Richard fosse già sveglio ma di lui non c'era traccia.
Si morse per qualche secondo il labbro inferiore pensando a cosa fare e poi si decise ad abbassare la maniglia della stanza di fronte alla sua.
Le tende erano chiuse e lasciavano filtrare la chiara luce del mattino e Richard se ne stava al centro del letto, a pancia in giù, con un braccio sotto al cuscino e l'altro steso lungo il materasso: durante la notte le lenzuola si erano aggrovigliate e ora gli coprivano solo la parte bassa del corpo lasciando la schiena scoperta.
Velvet si riprese il labbro tra i denti facendo scorrere avidamente gli occhi lungo quella pelle esposta; Richard si spostò e nel farlo le diede una bella visuale dei suoi muscoli che si contraevano per poi rilassarsi qualche secondo dopo.

Si avvicinò al letto tentennando e si abbassò verso il viso di lui notando la bocca leggermente socchiusa e le ciglia che gli arrivavano quasi agli zigomi: sembrava davvero un angelo.
Prese coraggio e gli sfiorò il braccio scuotendolo piano ma in cambio ricevette solo che Richard voltasse il viso dall'altra parte.
Riprovò spostando le dita tra i suoi capelli e accarezzandoglieli leggermente: erano proprio morbidi come immaginava e quando ricevette un mugolio soddisfatto come risposta, qualcosa le si contrasse all'altezza dello stomaco.
"Richard svegliati" gli disse provando ad usare un tono dolce.
Lui voltò nuovamente il viso nella sua direzione e aprì gli occhi.
"Velvet?" Chiese dubbioso spostandosi per mettersi a sedere.
"Si. Senti io devo andare a lavoro. Appena stacco andiamo a prendere Kiro. Che ne dici?"
"No" rispose in tono secco.
Velvet sussultó ascoltandolo.
"Cosa?"
"Non c'è bisogno che torni qui"
"Verrà Louisa con te?"
"No"
"Andrai da solo?" Chiese dubbiosa.
"Non ho bisogno della balia" affermò con tono duro.
"Ho fatto bene ieri sera" sussurrò a se stessa più che a lui.
Richard si sentì punto nell'orgoglio perché la rabbia per quel rifiuto gli bruciava ancora nonostante il discorso razionale che si era fatto la notte precedente.
"Su questo hai ragione. Sarebbe stato un errore baciarti. Tempo perso".
Velvet fu presa di nuovo da una rabbia incontrollata: era tornato il solito Richard di sempre ma lei decise che non ne poteva più.
"Bene. Per quanto riguarda i vestiti che mi hai dato ieri sera li lavo e te lj lascio davanti alla porta. Grazie dell'ospitalità" disse con il tono più freddo possibile.

Richard sembrò rinsavire ascoltando la sua risposta e aprì la bocca come se volesse dire qualcosa ma non emise alcun suono.
Le labbra di Velvet si curvarono in un sorriso amaro e lasciò la stanza prima di chiudersi la porta di casa alle spalle.
Per tutto il turno al bar, fu stranamente silenziosa suscitando dei sospetti in Jordan. Lei cercò di essere gentile mentre rispondeva alle sue domande ma il senso di fastidio la accompagnò persino mentre prendeva l'ordinazione di un cliente indeciso.
Appena scoccate le tre, si cambiò e uscì rapidamente per evitare altre domande del suo capo/amico.
A capo chino attraversò la distanza dal bar a casa sua e prese le scale per evitare incontri spiacevoli: quell'ascensore stava diventando un incubo ma almeno avrebbe rassodato le gambe.
Prese le chiavi dalla borsa dopo aver lanciato un'occhiataccia all'appartamento di Richard e quando alzò lo sguardo, lo trovò poggiato accanto alla sua porta.
"Che ci fai qui?"

Mercy - Richard MaddenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora