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"Richard"

"Si sono io, o forse credevi che fossi un fantasma?" le chiese ironicamente lui, usando un tono tutt'altro che gentile. Ma a Velvet non importava: l'unica cosa che riusciva a pensare è che lui l'aveva trovata, che era lì davanti ai suoi occhi, e per una frazione di secondo si illuse anche che tutto si potesse risolvere, che lui fosse davanti a lei per mettere le cose a posto.

"Non mi chiedi che ci faccio qui?"

"I-io... che ci fai qui? Come ci sei arrivato a casa mia?"

"Ho chiesto a mio fratello Mark di fare qualche ricerca. Posso solo immaginare quanto sia bello il posto in cui vivi. Non ti saresti mai potuta accontentare di vivere per sempre in un anonimo appartamento, giusto?"

"No, non si tratta di questo!" Provò a spiegare lei, allarmata dalle conclusioni errate che lui aveva tratto. "Io volevo solo fare la cosa giusta"

"E io dovrei crederti? Piuttosto sai come credo che siano andate le cose? Avevi voglia di una vacanza dalla tua vita di signorina per bene; magari cercavi un'avventura che ti permettesse di uscire dalla  quotidianità e per capriccio hai affittato l'appartamento. Quando hai visto un povero invalido come me, non ti sarà sembrato vero di aver trovato un nuovo giocattolino e così ti sei calata nella parte della ragazza della porta a fianco, ti sei presa gioco di me, ci siamo fatti una bella scopata e poi ti sei sentita soddisfatta, pronta a ritornare alla tua vita di lusso"

"No! Non è così!"

"Fammi finire- ringhiò lui- Magari ti avrò fatto un po' di pena e allora hai deciso di fare della beneficienza e lasciarmi quello che mi serviva per l'operazione, così magari ti saresti sentita meno in colpa. Ho saltato qualcosa?"

Velvet aveva ormai le guance umide. Non si sarebbe potuta immaginare che quelle parole avrebbero fatto tanto male; sembrava che ogni particella di dolcezza e gentilezza fosse sparita da Richard. Solo ora si rendeva conto che anche all'inizio del loro rapporto lui l'aveva tenuta a distanza ma senza mai farla sentire tanto sbagliata quanto in quel momento.

Senza che riuscisse a governare i propri movimenti si avvicinò a lui e provò a sfiorargli una mano ma lui la ritrasse bruscamente.

"Non ho mai finto con te. Ti amo, lo sai" gli disse tra i singhiozzi.

"No, non lo so. Perché se fosse stato vero, non mi avresti lasciato, non mi avresti fatto svegliare in un letto vuoto con solo uno stupido nastro a dirmi che tutto quello che mi rimaneva di te era un assegno. Io ti amavo Velvet, non tu. Tu non mi hai mai amato, mi hai solo preso in giro!".

Sentendo i toni così concitati anche Kiro iniziò ad agitarsi: strattonò il collare fino a che Richard non allentò un po' la presa e si avvicinò a Velvet sfiorandole con il muso la mano.

Lei si lasciò cadere sulle gambe e lasciò che quel cane che sembrava l'unico ad averla capita, la consolasse per qualche attimo. Non avrebbe mai voluto che le cose andassero a finire così, che quella che considerava la cosa più bella che le fosse successa le scivolasse via tra le dita, come sabbia.

"Devo spiegarti, ti prego lasciami dire come sono andate le cose"

"Non vedo l'ora" rispose sprezzante lui "Così poi potrò chiudere per sempre questo orrendo capitolo della mia vita".

Velvet ebbe un ulteriore sussulto ma non si lasciò scoraggiare. Lo prese sotto braccio: "Ti porto nella serra, lì staremo più tranquilli senza nessuno che ci interrompa"

"Certo, non sia mai che ti vedano parlare con me" disse laconico lui che strinse i denti non appena un'ondata di zucchero filato gli arrivò alle narici ricatapultandolo a tutta una serie di momenti felici che anche volendo non riusciva a cancellare.

Camminarono per poco più di qualche centinaio di metri e poi Velvet lo lasciò andare comunicandogli che erano arrivati. Lo fece sedere su una panca e si diresse verso la finestra di fronte.

"Non fa caldo qui dentro"

"No, in questo momento non è in funzione, non è la giusta stagione per tenere delle piante sotto serra" gli ripose lei con tono dolce e al tempo stesso esitante.

"Bene, dimmi quello che serve così poi posso andare via"

"Non ti ho dato quell'assegno per pietà. Te l'ho dato perché volevo aiutarti: sei la cosa più bella che mi sia capitata e l'idea di vederti infelice, mi faceva sentire come se stessi soffocando"

"E ora, ora non ti senti soffocare? perché sono la persona più infelice sulla Terra da quando mi hai lasciato!" rispose lui schiantando un pugno sul sedile della panca.

"Io non volevo questo. Dopo aver parlato con tua madre, mi sembrava che fosse la cosa giusta da fare; mi ha detto che prima dell'incidente eri pieno di vita, solare, sempre sorridente mentre ora non ti riconosceva più. E quando mi hai parlato di tutto quello che avevi dovuto affrontare mi sono sentita un mostro perché a te bastava così poco per tornare ad essere felice: ti serviva qualcosa che io avevo ma che non mi serviva perché per me la felicità è sempre stata un'utopia"

"Anche quando stavi con me? Anche allora era un'utopia?"

"No, in ogni istante che ho passato con te, mi sono sentita al settimo cielo, anche quando non andavamo d'accordo".

"E allora perché mi hai lasciato?" 

"Perché era il prezzo da pagare per quell'assegno. Anche se vengo da una famiglia benestante i miei conti sono bloccati perché i miei non mi ritengono all'altezza della famiglia. Non avevo un centesimo da darti e mia madre mi ha dato quello che volevo anche se in cambio avrei dovuto firmare la mia condanna, ma non mi pento se questo vuol dire darti una mano ad essere felice."

Lui si alzò all'improvviso andandole vicino e racchiudendola tra le sue braccia.

"Sei stata una sciocca, eri tu la mia felicità, mi bastava sentire la tua risata per sapere che tutto quello di bello che sentivo non me lo stavo sognando. Non mi interessa dei soldi, dell'operazione e della mia vista. Io volevo te, mi bastavi tu a rendere tutto questo buio meno triste."

Velvet non ce la fece più, non riuscì più a sopportare di averlo tanto vicino senza poterlo stringere. Si lasciò andare contro la sua spalla, mentre i singhiozzi la scuotevano sempre di più"

"Perdonami, vorrei così tanto tornare indietro. Se avessi immaginato tutto questo, non ti avrei mai lasciato andare."

Lui la strinse a sé e sembrò che anche i loro cuori avessero ripreso a battere allo stesso ritmo.

"Mi dispiace che tu pensi quelle cose di me. Non ti ho mai voluto ingannare, non sei mai stato un gioco. Ti amo, ti amo" continuò con un tono tanto straziante da far si che Richard la stringesse ancora più forte come a volerla assorbire completamente tra le sue braccia.

"Perdonami" gli disse ancora poggiando la mano sulla sua guancia. "Perdonami"

"Calmati adesso -le disse lui tornando ad usare quel tono dolce e vellutato che non aveva mai dimenticato- aggiusteremo tutto"

"Dimmi che mi credi, dimmi che mi ami ancora"

"Non c'è bisogno neppure di dubitarne, chiedermi di non amarti vorrebbe dire chiedermi di vivere senza respirare" rispose lui avvolgendo il viso di Velvet tra le sua mani e calando la bocca sulla sua in un bacio che sembrò far tornare le cose a scorrere al loro ritmo naturale.

All'inizio furono timidi sfioramenti che ben presto diedero vita a un incontro di labbra che si stavano ancora chiedendo scusa per le parole dette, per le scelte sbagliata fatte, per tutto quello che non era colpa loro ma che era capitato. Sembrò essere passata una vita quando si staccarono e entrambi iniziarono a riprendere fiato respirando l'odore dell'altro.


"Bene, bene. Mi sembrava strano che questo giovanotto non fosse ancora venuto a farci visita. Velvet vai subito in casa che a lui ci penso io"

Mercy - Richard MaddenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora