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Faceva ancora più caldo del solito: fu questo che Velvet pensò man mano che socchiudeva gli occhi per abituarsi alla luce del tramonto.
Poi notò che il letto non era il suo e che intorno alla vita aveva un braccio tonico, con la mano stretta sul suo fianco.
Risalendo con lo sguardo, incontrò ancora il volto sereno di Richard e allora ricordò tutto: Kiro, la febbre e lo stufato. Cavolo, lo stufato! Girò il capo di scatto verso la sveglia e vide che era passata un'ora da quando si era addormentata; questo voleva dire che non aveva ancora bruciato nulla però doveva alzarsi per evitare di combinare guai.
Provò a districarsi dalla sua stretta ma lui rafforzò la presa, poggiando ulteriormente il viso nell'incavo del suo collo e mugolando ancora soddisfatto.

Quel verso l'aveva colpita direttamente allo stomaco che si chiuse in una morsa decisa; si concesse un altro momento per guardarlo girando leggermente il capo.
Gli toccò la fronte con le labbra visto che le sue braccia erano entrambe bloccate da quello di lui e constatò che scottava un pò di meno.
Sospirò sollevata e poi si accorse di quanto fossero vicini: lui la stava stringendo in maniera possessiva e pur sapendo che non lo faceva perchè nutriva per lei qualche particolare sentimento, lasciò che il suo corpo si beasse di quel momento. Era così caldo e il suo profumo... avrebbe potuto annegarci dentro senza che diventasse fastidioso.
Pur non volendo, staccò le labbra dalla fronte di Richard e poggiò il naso contro la sua guancia: dopo qualche secondo, avvertì le ciglia di lui battere contro la sua fronte e capì che si stava svegliando.

Non sapeva come spiegare quello che era successo e la posizione in cui si trovavano e così il battito cardiaco le aumentò in maniera esponenziale a causa dell'imbarazzo.
"Che sta succedendo?".
Fu questo che Richard le disse non appena si era svegliato tornando più o meno lucido.
Non dormiva così bene da tanto: si sentiva più in forze di poco prima ma si rifiutava di dare il merito a Velvet. Si fece prendere da una rabbia immotivata e si allontanò bruscamente mettendosi a sedere e poggiando la schiena contro la tastiera.

"Ci siamo addormentati" rispose lei con un tono dubbioso.
"Da quel che ricordo, ero qui da solo".
"Si hai ragione. Dopo che ti eri addormentato, sono venuta a vedere se stessi bene, mi sono poggiata un attimo accanto a te e... poi tu mi hai abbracciata e mi sono addormentata".
"Non è possibile" rispose inacidito.
"Pensi che mi sia messa di proposito il tuo braccio addosso? -chiese irritata- non sono certo il tipo di ragazza che si infila nel letto di uno mezzo svenuto per approfittarsi di lui" continuò prima di mettersi a sedere anche lei e dargli le spalle. Iniziò a rifarsi la coda che ormai aveva fatto una brutta fine e poi si alzò.

"Non deve più capitare" continuò lui imperterrito ma ascoltando queste parole, Velvet sbottò.
Gli si parò davanti e gli diede una spinta poggiando i palmi di entrambe le mani sul suo petto.
"Non capiterà più, ma questo lo dico io. Sai che c'è? Sei un presuntuoso, arrogante, che pensa di non aver bisogno di nessuno. Continua pure a comportarti come un ghiacciaio del Polo Nord e udite udite, sai qual è la notizia del giorno? Finirai col rimanere ancora più solo di quanto tu non sia".
Una volta finito di inveire contro di lui, la ragazza uscì a passo di marcia, andò in cucina e spense il fornello prima di gettare la pentola nel lavello, facendo cadere il contenuto. Poi recuperò le sue cose e senza prestare attenzione a Kiro, che aveva abbaiato nella sua direzione per attirarne l'attenzione, si richiuse la porta dell'appartamento di Richard alle spalle, senza preoccuparsi del rumore che aveva creato.

Prese le chiavi di casa sua e dopo essere entrata, sbatté anche quella porta; si avvicinò allo stereo e una volta trovata una stazione radio decente, alzò il volume al massimo.
"Fanculo se do fastidio a qualcuno".
Evitò di proposito la cucina sapendo che la nonna la aspettava al varco e iniziò a rovistare nel mobile sotto lo stereo: quando trovò il pacco con le matite colorate, tirò un sospiro di sollievo.

Si sedette sul divano incrociando le gambe e iniziò a spezzare le matite. Sapeva che la sua era un'abitudine strana ma rompere qualcosa, la aiutava a scaricare lo stress. Aveva preso questa abitudine da bambina: ogni volta che i suoi la rimproveravano e la nonna non era con lei per consolarla, una rabbia cieca la investiva; purtroppo non poteva urlare come avrebbe voluto e si imponeva di non versare lacrime per due persone che non meritavano né quelle, nè i suoi sorrisi.
Tutto nella sua stanza era estremamente costoso tranne le matite da disegno che si faceva comprare dalla cameriera quando andava a fare la spesa: la mamma non voleva che lei perdesse tempo a disegnare o colorare, ma quello era il segreto suo e di Margaret.
Così, prendeva le matite e le spezzava in due: a volte ne bastvano due, altre volte finiva l'intera confezione senza aver concluso nulla e così riprendeva ogni metà riducendola in pezzi ancora più piccoli, finchè non le tornava il sorriso e sapeva che il peggio era passato.

Cosí fu anche questa volta e alla fine decise di pulire tutto e rilassarsi con un bel bagno caldo: il sole era calato da un pò e non faceva più così caldo.
Nel frattempo Richard aveva finito di rimuginare sul suo letto. Sentire la porta sbattere lo aveva fatto trasalire; la testa gli faceva ancora male ma quello che gli faceva spremere le meningi era il senso di colpa.

Sapeva che tutto quello che Velvet aveva detto era giusto e che l'unica parola che avrebbe dovuto rivolgerle era grazie. In fondo aveva solo cercato di avvicinarsi a lui e aiutarlo visto che ne aveva bisogno ma ancora una volta si era chiuso a riccio.
La verità è che risvegliarsi in quella posizione, lo aveva destabilizzato: pensava che dopo quello che gli era successo, non sarebbe più riuscito a stare bene con una donna, eppure non era così.
Era da tanto che non dormiva così bene e trovarsi un corpo caldo e morbido di fianco a lui, lo aveva fatto sentire normale.
Solo che lui non era normale ma non oer questo poteva prendersela con gli altri. Alla fine la cosa positiva di tutta la faccenda era che probabilmente quel litigio aveva segnato la fine di quella specie di conoscenza che la sua vicina stava cercando di creare con lui e lui non avrebbe più divuto sforzarsi di rifiutarla.

Velvet si stava tamponando i capelli con un asciugamani quando sentì bussare la porta. Sperò che non fosse il padrone di casa venuto a rimproverarla per poco prima e così, timorosa, si avvicinò alla porta.
Quando la aprì, un'ondata di Chanel n5 la invase.
"Mamma"
"Velvet. Come sempre devo essere io a cercare te. Non hai risposto alle nostre chiamate".
Si fermò un attimo ad osservarla: piega perfetta, trucco perfetto, borsa che costava probabilmente più del suo affitto mensile, tacchi vertiginosi. Non si poteva dire che Marie Anne Watson fosse una brutta donna, peccato che la bellezza esteriore non corrispondesse a quella interiore.
"Se ho bloccato i vostri numeri, è perché non voglio sentirvi".
"Smettila di fare la bambina. Questo gioco è durato fin troppo. Non pensi che sia ora di tornare a casa?"
"Questa è casa mia ora"
"Certo, questa specie di magazzino sarebbe una casa" le rispose con aria annoiata come se avesse davvero a che fare con una bambina che faceva i capricci.
"È più accogliente del castello in cui vivi tu" rispose piccata.
"E come vorresti mantenerti?"
"Ho trovato un lavoro"
"Oh e dimmi un pò, a quali grandi mansioni sei stata destinata?" Le chiese ironica sua madre.
"Lavoro in un bar"
"Sono sicura che farai carriera, cara"
"Va via, mamma" le disse alzando il tono di voce.
"Quanto credi di poter resistere? Un mese, due? Prima o poi tornerai strisciando da me. Ma non pensare che sarò gentile come oggi. Hai ancora una possibilità Velvet: vieni via con me e mettiamo fine a questa recita" le rispose Marie Anne, borbottando tra i denti.

"Scordatelo. Piuttosto vado a dormire sotto un ponte".
"Beh, non credo che ci vorrà molto per raggiungere quei livelli. Ho sempre saputo che non mi avresti dato soddisfazioni ma speravo che non fossi una tale delusione".
Con quella frase Marie Anne aveva colpito dritta al cuore la figlia: gli occhi di Velvet divennero lucidi ma prima che potesse parlare una terza voce intervenne nella conversazione.

"Non mi sembra che la sua sia una visita gradita. La prego di andarsene prima di vedermi costretto a chiamare il custode".
Richard era lì.

Mercy - Richard MaddenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora