Salgo nella mia camera, tolgo le scarpe e mi rilasso dopo una giornata estenuante. I matrimoni sono belli, si condividono momenti felici ma ci si stanca. I miei piedi finalmente scendono dai trampoli che portavo.
Andrew entra in stanza anche lui, sento il suo profumo, mi abbraccia da dietro e mi sussurra
"posso avere l'onore di toglierti il vestito?" mi da un bacio lieve e umido sul collo.
Inizia a slacciarmi la cerniera del vestito di raso, lentamente, alzando a tratti lo sguardo verso i miei occhi attraverso lo specchio. Arriva alla fine e lo sfila delicatamente creandomi dei brividi lungo le braccia.
Si mette davanti a me e mi scruta con il suo sguardo attento.
"dovremmo andarci piano" dice in un sussurro quasi impercettibile, io annuisco non riuscendo a parlare come se le parole mi morissero in bocca
Si allontana di scatto, apre il suo borsone, prende una maglietta nera e me la infila lui per poi darmi un bacio a fior di labbra.
"Vado a farmi una doccia Andrew, non posso dormire in questo stato" e indico i capelli ormai disordinati e il trucco un po' sbavato.
"Grace così mi tenti, e lo sai" io sorrido con il viso rivolto verso la direzione del bagno. So benissimo che la maglia che mi ha dato lascia grand parte del sedere scoperto così la tolgo per rimanere soltanto in slip.
"ho solo detto di dover fare una doccia" mi giro e gli sorrido facendo spallucce per poi dirigermi in bagno e lasciare la porta socchiusa.
Non la chiudo, voglio vedere se riesce a resistere ad un esplicito invito in doccia e riesce ad essere fedele alle sue parole.Mi sveglio e subito noto il braccio tatuato di Andrew che avvolge il mio bacino, lo tolgo con forza e cerco di alzarmi per andare in bagno.
Ieri sera alla fine ha mantenuto la parola data, mi ha solo stuzzicato come io ho fatto con lui.
"Grace" mi chiama con voce assonnato l'uomo con cui ho passato la notte e credo il resto delle notti della mia vita. Mi affaccio dal bagno e lui mi osserva per poi sorridermi.
Da quando l'ho rivisto al matrimonio ieri mi sono sentita più tranquilla, è una sensazione che non so spiegare, qualcosa che sento e che non ho mai etichettato come un sentimento perché sarebbe troppo banale.
Esco dal bagno con un asciugamano che avvolge il mio corpo ancora pieno di piccole goccioline causa post-doccia. Dopo il matrimonio di ieri mi sento stanchissima ma già da qualche settimane sto pensando di ritornare a New York, Bologna è una bellissima città ma credo che il mio posto sia in America ormai. Stando qui non mi sento più a casa, non sento l'energia positiva che avevo ogni volta che mi svegliavo e guardavo dalla finestra sento che in qualche modo con la morte di mio padre me ne sia andata anche io non mi ritrovo in questa città da quando papà è finito in ospedale. Lo studio che ho aperto qui lo lascerò ma non abbandonerò i miei clienti, voglio mantenere anche uno studio qui a Bologna anche per avere una scusa per tornare in Italia oltre la famiglia.
Esco dalla porta d'ingresso della casa e vado verso la macchina per andare allo studio anche se sono stanca il lavoro chiama e io amo il mio lavoro. Ho deciso che lascerò l'Italia questa settimana stessa il tempo di avvisare tutti i miei clienti. Ne ho già parlato con tutti di questa situazione e con tutti intendo TUTTA la mia famiglia, ho spiegato quanto qui non mi sento più a mio agio e loro mi hanno compreso seppur non avevano facce felicissime ma penso sia normale. Lo studio che la mia famiglia ha qui si tramanda di generazione in generazione e rappresenta davvero l'unione che ci lega gli uni agli altri. A volte mi fermo a pensare a quanto io sia fortunata ad esser nata in una famiglia che mi ha donato amore e mi ha insegnato davvero cosa significa avere rispetto degl'altri e del lavoro altrui. Ringrazio con ogni fibra del mio corpo mio padre e mia madre. Mio padre era colui che mi coccolava, amava viziarmi e odiava vedermi piangere, mia madre invece era l'opposto. Lei si opponeva ad ogni mio capriccio e vizio ma amava starmi accanto e ascoltare tutto ciò che avevo da dirle.
"Grace" mi chiama la mia assistente legale e mi risvegli dal tunnel dei pensieri.
"il telefono" mi passa il cellulare e io lo appoggio all'orecchio
"studio legale Andreson, chi parla?"
"sono il signor Robinson, ma credo che lei mi conosca signorina Grace" mi dice l'uomo al telefono. Io sorrido ma cerco in qualche modo di non farlo notare.
"mi dica" rispondo di rimando
"il signor Robinson vorrebbe invitare la signorina Grace a cena"
"aspetta fammi controllare in agenda" perdo un po' di tempo cercando di essere il più credibile possibile pur non avendo un agenda davanti a me.
"va bene, che ora?"
"scendi che sono giù" mi dice. Mi affaccio e lo vedo appoggiato alla sua macchina.
"a cosa devo quest'invito?" dico ad Andrew
"aspetta e vedrai Anderson" mi zittisce.
2 ore dopo
"Arrivati" mi dice prima di spegnere la macchina, scendere e correre ad aprire la mia portiera.
Per tutto il viaggio mi sono chiesta a cosa stesse pensando, cosa avesse preparato e se c'era qualcosa che voleva dirmi.
Appena scendo dalla macchina sento le ode del mare. Andrew mi ha bendata per non farmi vedere dove stesse andando. Mi prende il braccio e mi guida fino a toccare la sabbia, è umida ma è piacevole. Non vedo nulla ma so solo che mi trovo nel posto in cui vorrei stare con la persona con cui vorrei essere.
"tra poco ti toglierò la benda ma tu non aprire gli occhi fin quando non lo dico io" annuisco non capendo cos'abbia combinato senza che io mi accorgessi di nulla, sono stata tutto il tempo con lui e non ho notato nessun movimento strano o misterioso.
"ti slaccio la benda ma tu non aprire gli occhi"
"va bene"
La benda scopre i miei occhi piano piano, non apro gli occhi perché voglio mantenere la promessa che gli ho fatto, voglio che la sua serata riesca in pieno e o non voglio rovinarla con un passo falso solo perché sono in fremito.
"apri lentamente gli occhi Grace" mi dice e io faccio ciò che mi ha detto.
Mi trovo davanti un tavolino con attorno candele poste in cerchio. Sul tavolino ci sono due piatti con due calici e una vaso di fiori con all'interno dei girasoli che fungono da centrotavola. Nei piatti che ci sono sul tavolo ci sono delle cloche da presentazione argentate.
"ti piace?" mi domanda
"tanto Andrew e non so per quale motivo tu ti sia impegnato così tanto" gli dico
"lo scoprirai presto"
"ti piace?" mi domanda non vedendo l'ora di sapere la risposta. Finalmente stiamo vivendo un momento di sana tranquillità tra noi.
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La luce in fondo al tunnel
Romance[DA REVISIONARE] Lui, proprietario di uno degli uffici più importante di New York (Robinson&law) ereditato dal padre, rispettato, affascinante, sexy, estroverso e senza peli sulla lingua. Se Andrew Robinson ha qualcosa da dire la dice senza badare a...