"Il peso della sconfitta"

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"Now my baby's dancing,
but she's dancing with another man"

Chapter 3

Un pezzettino di carta stropicciato tra le mani e una strana agitazione addosso.
Adriano, ormai da un quarto d'ora abbondante, sta camminando avanti e indietro davanti alla porta a vetri di un palazzo uguale a tutti gli altri, aspettando con impazienza di vedere sbucare Niccolò dall'ascensore, senza molto successo.
Nella sua testa, nonostante stia cercando di distrarsi, rimbomba imperterrita la voce di Edoardo e, più passano i minuti, più si sente in colpa per quello che sta per fare.

"Non dargli l'indirizzo di mia sorella..per favore"
lo aveva pregato il rosso prima di farlo andare via, e lui sta per compiere l'esatto opposto di quello che, nemmeno un'ora prima, gli ha promesso con un sorriso.

Confida con tutto se stesso nel buon senso di Niccolò, anche se, per esperienza personale, sa benissimo che quando si tratta di Giulia non ci si può aspettare razionalità da parte del moro.
Ci si possono aspettare follie, partenze inaspettate verso una meta qualunque, sbalzi d'umore improvvisi, ma certamente non un briciolo di lucidità.

"Perché non sei venuto a darmelo ieri sera?"
domanda infatti Niccolò, uscendo di corsa dal palazzo e strappandogli dalle mani il bigliettino, confermando, senza saperlo, tutti i timori del suo migliore amico.
Il moro ha atteso tutta la notte un suo messaggio, almeno per sapere se fosse riuscito a trovare l'indirizzo, ma nulla;
quel nome scritto velocemente è l'unica cosa che può riportarlo a lei, e stringerlo tra le mani è un sollievo enorme, inspiegabile.

"Perché la gente non vive per stare ai tuoi comodi"
ribatte Adriano scocciato da quel comportamento e dalla mancanza di un'ombra di ringraziamento nei suoi confronti, alla quale ormai, anche se controvoglia, ci ha fatto l'abitudine.
Cercando di essere il più discreto possibile lo squadra attentamente da capo a piedi, sincerandosi che sia abbastanza in sé per non combinare l'ennesimo disastro e notando, con enorme sollievo, che almeno per quella mattina non porta addosso i segni di una sbronza.

"Niccolò? Vedi di non fare cazzate"
dice il riccio non appena lo vede voltarsi ed intascare il biglietto, fermandolo per un braccio ed obbligandolo a guardarlo diritto negli occhi, per fargli capire l'importanza di questa sua richiesta:
"Non ti preoccupare"
lo tranquillizza Niccolò senza riuscire a trattenere un sorriso, stranamente euforico dopo aver ottenuto quello che desiderava, mentre le parole del suo migliore amico - ai suoi occhi del tutto insignificanti - gli scivolano addosso.

"Non sto scherzando..Edoardo è stato chiaro. Le hai già fatto abbastanza male."
continua Adriano serio, innervosito da quel mezzo sorriso che risulta estremamente fuori posto in una situazione delicata come quella: non appena termina di parlare, però, gli basta osservare il cambio d'espressione sul volto del moro per capire di essersi spinto un po' troppo oltre.

Farle male.
Queste due parole hanno colpito Niccolò più forte di un pugno nello stomaco, e non sa bene come reagire.
Senza dire niente si libera bruscamente dalla presa di Adriano e se ne va a grandi falcate, stringendo i denti per impedirsi di crollare, lasciando il riccio lì impalato, pentito per quello scivolone.

D'altronde Niccolò non ha mai pensato fino in fondo all'idea di averle fatto male, o meglio, ha sempre cercato di evitare quel pensiero.
Dio solo sa quanto si è sentito in colpa, quanto si è odiato per quelle poche ore di follia che hanno rovinato la vita di entrambi, ma mai come adesso gli si è parata davanti agli occhi la prospettiva di non essere più voluto.
Forse davvero Giulia ha paura di quello che lui può farle.
Lei credeva ciecamente in loro, mentre lui, chissà per quale motivo, aveva smesso di farlo.
E poi aveva preso la decisione più sbagliata della sua vita.

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