-5-

451 70 53
                                    

"Shoto?" fu Bakugou a parlare mentre abbassava l'arma. Lo guardò inarcando un sopracciglio e si avvicinò di un passo, ma non di più, non poteva sapere quale sarebbe stata la mossa successiva di quel suo vecchio compagno di classe, né se dietro di lui sarebbe potuto uscire un altro sopravvissuto, magari con l'intento di ucciderli tutti. 

"Co-cosa ci fate qui?" Shoto si passò una mano tra i capelli, il rosso si mischiò al bianco sporco ed espose un po' di più la fronte. Tutti notarono la cicatrice che gli incorniciava l'occhio sinistro, quello color del cielo. Quel ragazzo era tutto un alternarsi di sfumature, dai capelli bianchi e bordeaux, agli occhi eterocromi uno azzurro e l'altro del colore del fumo. Anche il carattere si sarebbe potuto definire bicolore. A volte era allegro come la sfumatura più luminosa di giallo e altre volte era cupo come il nero più spento. O almeno così era stato ai tempi del liceo. Lo avevano dato per morto, non solo perché avevano seppellito il suo cadavere appena un anno prima, ma anche perché Bakugou aveva sognato la sua morte per ben tre volte. Quel ragazzo non avrebbe dovuto essere lì, né tantomeno essere vivo.

"Tu cosa ci fai qui? Sei morto" Bakugou si avvicinò di un altro paio di passi. Represse l'istinto di andargli incontro e abbracciarlo. Nonostante quello che credeva il resto della classe, lui e Shoto erano stati buoni amici negli anni del liceo. Shoto era stato l'unico a conoscenza dei suoi sentimenti per Izuku. Lo aveva trovato nel bagno mentre si lamentava con il proprio riflesso, cosa che di solito faceva nella privacy della casa, ma che in quell'occasione, per la frustrazione, si era ritrovato a fare nei bagni pubblici della scuola. Shoto era entrato e lo aveva sorpreso mentre imprecava contro se stesso. A quel punto avrebbe potuto inventarsi una qualsiasi scusa, ma invece aveva deciso di dire la verità. Si era rivelato un buon amico, senza dubbio uno dei migliori con cui parlare di sentimenti e insultarsi gratuitamente. Non a caso quel bicolore era vissuto tra i sentimenti contrastanti del padre che un giorno lo insultava e il giorno dopo lo lodava.

Bakugou lo aveva sepolto un anno prima, non aveva pianto la sua morte, si era promesso di non piangere più dopo la perdita di Izuku. Anche se quando aveva dovuto spargere la prima manciata di terra sui capelli candidi e rossi che coprivano metà del viso, andando a nascondere anche la cicatrice intorno all'occhio, del suo amico aveva sentito la gola stringersi e gli occhi bruciare. Si era dovuto mordere con forza l'interno della bocca per costringersi a mantenere un contegno.

Aveva sofferto tantissimo, aveva urlato contro il cielo perché gli aveva impedito di vedere un'ultima volta quel paio di occhi eterocromi scrutarlo con circospezione, come era solito fare Shoto quando gli teneva segreto qualcosa, ecco perché con quel bicolore non era mai riuscito a nascondere nulla. Si era incazzato contro chiunque avesse programmato la fine del mondo, eppure eccolo lì, quel paio di occhi spaiati che lo guardavano, non con circospezione, ma con sorpresa.

"Io non sono morto, affatto, ci sono andato molto vicino, lo ammetto, ma ti assicuro che sono vivo"

"Ecco, lo sapevo. Ci mancava solo l'apocalisse zombie" Kaminari sbuffò mandando indietro la testa. In un primo momento era stato felice di aver rivisto quel suo amico, ma poi si era ricordato la fatica di quando aveva scavato una fossa per il suo corpo e di come gli occhi e lo stomaco avevano bruciato durante il pianto ininterrotto.

"Non dire sciocchezze" Tamaki, l'unico che in quel momento sembrava ragionare di fronte al bicolore, rimase con la pistola alzata, sempre puntata contro il petto di Shoto. Quando Bakugou se ne accorse, fu per lui come rivivere la morte di quel suo compagno di classe. Si mosse e si portò vicino al corvino. Gli posò la mano sul braccio con cui sorreggeva l'arma e lo invitò ad abbassarlo. Non gli avrebbe permesso di uccidere Shoto. Non poteva vederlo morire. Non una seconda volta, o meglio quarta.

"Che succede qui?" i ragazzi si erano talmente distratti che non si accorsero dell'arrivo di qualcun altro alle loro spalle. Si voltarono spaventati, ma non Bakugou. Bakugou aveva riconosciuto quella voce, non avrebbe mai potuto dimenticare quella tonalità leggermente melodica, spesso accompagnata da un sorriso. Si voltò proprio per accertarsi che anche il sorriso fosse lì. E lo vide.

In piedi alle sue spalle c'era un ragazzo dalla chioma scompigliata color del prato, un paio di iridi che facevano tornare la speranza nel cuore di chiunque l'avesse persa, le lentiggini leggermente scurite dal sole e il sorriso. Quel sorriso mozzafiato che gonfiava le guance e le marcava con delle fossette asimmetriche. Quella sulla guancia sinistra era leggermente più in alto rispetto all'altra. Bakugou se ne era accorto all'età di sei anni. Quando la sua mente da bambino lo aveva portato a studiare i dettagli del mondo che lo circondava, compreso quel suo amichetto dai colori sgargianti.

"Izuku" fu un flebile sussurro il suo. Un richiamo. Come se stesse riportando a galla dalle profondità delle sue membra quel nome. Come se si fosse obbligato per anni a non pronunciarlo.

Il ragazzo dalle sfumature del colore della speranza lasciò cadere i ciocchi di legno che aveva in braccio, sgranò gli occhi e sfessurò la bocca. "Kacchan" anche il suo fu un flebile sussurro. Quasi impossibile da udire.

Un altro morto che era tornato in vita.

Nel giro di pochi minuti si ritrovarono tutti in cerchio. A loro si erano uniti gli altri ragazzi del piccolo accampamento di tende. Hanta Sero non aveva resistito: nel momento in cui i suoi occhi si erano posati su Kaminari gli era corso incontro e lo aveva stretto in un abbraccio. Al diavolo tutta la cautela con cui si scrutavano gli altri, lui avrebbe riconosciuto il suo amico anche dopo decenni. Quegli occhi color ambra erano unici nel loro genere.

Il gruppo delle tende era più numeroso del loro, in qualche modo avevano recuperato buona parte della famiglia di Shoto, infatti ai due lati del bicolore sedevano Touya e Natsuo, entrambi con i capelli bianchi come la neve, sporchi di polvere come se fossero appena usciti da un tunnel sotterraneo o da una casa abbandonata. Dalla tenda più lontana erano giunti anche Yosetsu Awase e Neito Monoma, due ragazzi di un'altra sezione ma che avevano conosciuto al camposcuola. Bakugou ci aveva litigato.

"Quindi voi vivete in un bunker" disse Izuku lanciando un'occhiata a tutti e quattro i suoi vecchi conoscenti. Ancora non riusciva a guardare negli occhi Bakugou. Si era convinto ormai che fosse morto in una delle tante catastrofi naturali. Aveva pianto la sua dipartita e aveva posato dei fiori, quei pochi che ancora si trovavano in giro, sotto l'ombra di un ciliegio.

"I petali di ciliegio che danzano" ancora ricordava l'ultima frase udita da quel biondo dal carattere esplosivo. Evitava i suoi occhi scarlatti per paura di cadere nella disperazione. Aveva paura che fosse tutta un'illusione.

"Sì" fu Tamaki a rispondere, il resto dei ragazzi sembrava intento a studiarsi. Tutti tranne Sero che continuava a porre domande a Kaminari e a pizzicargli la guancia per accertarsi che fosse veramente lì in carne e ossa.

"Come avete vissuto questi anni?" Touya era il più grande del gruppo, teneva una mano salda sulla spalla del fratello minore come ad assicurarsi che nessuno dei nuovi arrivati potesse portarglielo via. Aveva gli occhi stanchi, le occhiaie erano scure, non quanto quelle di Shinso che non dormiva per via degli incubi, ma abbastanza viola da poter essere notate anche a distanza di metri.

"Abbiamo fatto il possibile per procurarci cibo e acqua. Perlustriamo zone sempre nuove e combattiamo" il corvino era serio proprio come Touya.

"Chi combattete?" Natsuo, che aveva spostato lo sguardo dal fratello a Tamaki e viceversa, si intromise nel discorso senza preoccuparsi di ciò che chiedeva.

"Altre persone. In realtà sono loro a combattere noi. Noi ci difendiamo solamente" Bakugou stringeva i pugni. La prima volta che avevano combattuto contro delle persone era stato proprio dopo la morte di Shoto. Lui non era arrivato in tempo per vederlo esalare l'ultimo respiro. Lo aveva trovato già morto, ma conosceva a memoria il volto di chi lo aveva ucciso. Lo aveva sognato e odiato per giorni e quando se l'era ritrovato di fronte lo aveva eliminato non appena quello aveva provato a pugnalarlo. Aveva aspettato solo una scusa per uccidere l'assassino di Shoto. E ora Shoto era lì davanti a lui, respirava e parlava come se niente fosse mai accaduto. Come se il suo corpo non fosse stato seppellito metri sottoterra. 

Broken mirrorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora