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Shoto tirò su la cerniera della tenda e si sdraiò a pancia in giù sul materassino gonfiabile. Per quella sera aveva optato per la tenda dei fratelli, era una di quelle sere. Una nottata durante la quale probabilmente avrebbe passato le ore a nascondere le lacrime e a stringere il cuscino. 

Si aggrappò proprio alla federa del cuscino, soffocò un urlo e lasciò che le lacrime cominciassero a bagnare la stoffa morbida. Trattenne i singhiozzi, la tela della tenda era sottile, sicuramente se fosse passato qualcuno avrebbe potuto sentirlo da fuori. Piegò le gambe sotto di sé, sentì le ginocchia premere contro le costole, ad ogni sussulto per un singhiozzo trattenuto sentiva le rotule affondare nel petto. I polmoni faticavano a riempirsi con l'aria necessaria per sopravvivere, ma sembrava non importargli della fatica, era più concentrato sul non emettere alcun rumore.

Scosse la testa sfregando il naso contro il cuscino, sapeva che così facendo gli sarebbe diventato rosso, ma nessuno lo avrebbe visto di lì a poco. L'indomani sarebbe tutto passato e nessuno sarebbe stato a conoscenza dell'accaduto. Nessuno.

Si morse il labbro, affondò i denti nella propria carne finché un rivolo di sangue gli invase la bocca e gli impastò la lingua già bagnata di saliva che sembrava avere il sapore delle lacrime, come se le avesse inghiottite ancora prima di versarle. Il pungente sapore di ferro, però, sovrastò quello delle lacrime.

Le nocche si sbiancavano ad ogni secondo che passava aggrappato alla federa, il fianco ferito doleva per la posizione scomoda e il costato cercava di opporsi alla forza che imprimevano le rotule. Ogni centimetro del corpo di quel ragazzo era piegato dal dolore che in quel momento stava provando. Era stato lui a spingere quei due ragazzi l'uno nelle braccia dell'altro. Lui era sempre stato il primo a fare il tifo per quella coppia e ora, ora che la coppia sembrava prendere forma nella realtà, sembrava non esistere dolore più grande. Lui aveva fatto tutto ciò che aveva ritenuto giusto, eppure soffriva. Soffriva come mai prima di ora.

Era talmente concentrato sul proprio dolore, fisico e mentale, che non sentì la cerniera della tenda aprirsi.

"Fa male per un po', ma poi quel dolore diminuisce, te lo prometto" la voce rassicurante di Shinso gli fece strizzare ulteriormente gli occhi e stringere i pugni con all'interno la federa. Sentiva la mano delicata dell'amico percorrere la lunghezza della spina dorsale, come se stesse contando le vertebre una ad una, dalle cervicali alle dorsali e giù. Arrivava all'altezza dei fianchi e risaliva, sempre con delicatezza e con la voce di sottofondo che ripeteva in un sussurro che tutto quel dolore sarebbe passato.

"Fallo smettere, ti prego" Shoto si chiuse ancora di più su se stesso, come se in quel modo potesse sfuggire al dolore. Impossibile, non c'era nulla da poter fare per scappare dal proprio cuore in frantumi.

Forse il fatto che Shinso era lì per consolarlo, forse il fatto di non essere completamente solo in quel momento di disperata agonia, lo portò a esprimere tutto il proprio dolore. Lasciò che i singhiozzi uscissero prepotenti dal fondo della gola. Lui aveva creduto di poterlo sopportare. Lui aveva creduto di essere più forte. Lui aveva sperato di riuscire ad andare avanti. Lui lo amava, ma non poteva essere ricambiato, c'era dolore più grande? In quel momento, anche se ci fosse stato, Shoto non avrebbe creduto alla sua esistenza. In quel momento per lui non esisteva alcun tipo di dolore più forte di quello che stava provando.

Shinso lo strinse in un abbraccio, il petto coprì la schiena scossa dai singhiozzi di Shoto. Provò a calmarlo, provò ad aiutarlo a respirare, provò ad essere un amico per una persona che non conosceva poi così bene. In quel momento gli unici che avrebbero potuto consolare Shoto erano anche coloro che gli avevano causato quel dolore lancinante dentro al petto.

Dopo circa una mezz'ora, il pianto disperato di Shoto si affievolì e Shinso poté guardarlo in faccia. Le guance erano segnate dalle lacrime, le iridi eterocrome erano cerchiate di rosso vivo, le ciocche più lunghe della frangia si erano appicciate al viso per il sudore e le lacrime e sulle labbra c'era l'evidente segno degli incisivi. Si era morso talmente tanto da farsi uscire il sangue.

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