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Kirishima non riusciva a credere a ciò che aveva appena fatto. Baciare inconsapevolmente Denki non era mai stato nei suoi piani, ma ciò che il biondo gli aveva detto, il modo in cui aveva parlato dicendogli che era unico nell'universo, no, lui non aveva resistito. Aveva sentito come l'impulso di doversi mangiare quelle parole appena uscite dalla bocca del suo compagno.

E ora si trovava a girare in tondo nella radura appena dietro il bunker. Da lì poteva scorgere delle macerie di alcuni edifici, ai suoi piedi la terra arida alzava la polvere ad ogni suo movimento e a pochi metri iniziava un piccolo boschetto. Luogo che Tamaki aveva vietato a tutti di visitare da soli. "Se doveste perdervi nel bosco, come fareste poi a chiamare aiuto? Se proprio avete voglia di inoltrarvi tra gli alberi, fatelo in compagnia. In due è sempre meglio che da soli" e Kirishima gli aveva dato retta, si era inoltrato in quel boschetto solo in compagnia di qualcuno. Non qualcuno a caso, ovviamente, sempre affiancato da Denki. L'unico che, come lui, era attirato dal verde degli alberi.

"E così lo hai fatto" una voce lo immobilizzò sul posto. Si voltò di scatto, muovendo un paio di passi indietro per allontanarsi da chi aveva appena parlato. Forse era stato l'istinto a guidare i suoi muscoli, forse la volontà di non trovarsi troppo vicino a chiunque si fosse palesato nella radura, non lo sapeva, ma si era comunque trovato quel paio di passi più in là senza nemmeno accorgersene. Il boschetto ora era alle sue spalle.

"Co-come?" tremava, non tanto perché si trovava di fronte al suo gemello dell'altro mondo, quanto perché sembrava ci fossero stati testimoni di ciò che aveva appena fatto con Denki.

"Ti osservavo"

"Perché?"

"Perché cercavo un momento per parlarti. Parlarti da solo"

"Volevi parlare con me?" Kirishima si indicò il petto e inarcò un sopracciglio rosso fuoco. Sentiva sotto il polpastrello la rigidità dello sterno e ringraziava che le ossa fossero così salde perché in quel momento si sentiva talmente molle che avrebbe potuto afflosciarsi a terra se non fosse stato per lo scheletro solido.

"Sì, anche se mi sembra di parlare con lo specchio. Non che non lo abbia mai fatto in vita mia, ma lo specchio non mi ha mai risposto" il falso Kirishima rise della propria battuta, ma tornò serio in una frazione di secondo. Fece un passo avanti, ma Eijiro si mosse nello stesso istante, mantenendo sempre uguale la distanza.

"Di che volevi parlarmi?"

"Di Denki"

Eijiro chiuse le mani a pugno e irrigidì la mascella. Le ossa, se possibile, sembravano ancora più dure. Se aveva intenzione di avvicinarsi al suo Denki avrebbe dovuto prima ucciderlo.

"Che vuoi da lui?" le parole sibilavano per la fatica con cui dovevano passare tra i denti stretti. Sembravano veleno soffiato fuori dai polmoni.

"Non voglio nulla dal tuo Denki. Volevo parlarti del mio grande amore" un'ombra di tristezza e malinconia si impadronì del volto del falso Kirishima che chinò il capo e si concentrò sui propri piedi. Portava degli scarponcini neri, sicuramente molto più adatti a quella situazione di fine del mondo rispetto alle scarpe da ginnastica rovinate di Eijiro.

"Il tuo grande amore?"

"Lo vedo come lo guardi, proprio come lo guardavo io. La nostra storia è iniziata quando la sua famiglia si è trasferita nel nostro quartiere"

Kirishima assottigliò lo sguardo. Era confuso, Denki non abitava nel suo quartiere, anzi, le loro case erano sempre state distanti chilometri. Se non fosse stato per il liceo probabilmente non si sarebbero mai conosciuti.

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