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Bakugou si sentiva completo in quei giorni, nonostante l'imminente collisione dei mondi, si sentiva in pace con se stesso. Aveva parlato con Izuku del sogno e si era reso conto che per una volta aveva lui la situazione sotto controllo, era lui l'assassino e proprio come aveva detto Izuku bastava non impugnare mai una pistola. Non lo avrebbe ucciso. Era più semplice del previsto.

Lui non avrebbe mai e poi mai puntato una pistola contro Izuku, lo amava quella era l'unica certezza, l'unico futuro che voleva mantenere, il futuro accanto al suo grande amore, ecco quale era il sogno premonitore che avrebbe voluto vedere durante la notte.

La terra negli ultimi giorni si era scossa parecchie volte, non aveva causato danni irreparabili, non aveva portato con sé delle morti, solo paura e ansia. Quei terremoti sempre più frequenti erano il segno che rimaneva ben poco tempo per prepararsi all'unione definitiva dei due mondi, anche se ancora non avevano la minima idea di cosa aspettarsi. Forse Shoto si sbagliava, forse la collisione dei mondi sarebbe stata una semplice e morbida sovrapposizione, forse un terremoto un po' più potente avrebbe reso possibile comprendere che finalmente i mondi si erano uniti, forse non avrebbero più dovuto scavare delle fosse in cui nascondere i cadaveri.

Stare con Izuku lo stava rendendo sicuramente più ottimista.

Si guardò intorno curioso, ogni tanto, quando si alzava presto, gli piaceva osservare il risveglio dell'intero accampamento. Infatti, molti ragazzi si stavano svegliando in quel momento, alcuni erano in piedi già da un po', come ad esempio Tamaki di cui aveva trovato il letto vuoto quando si era svegliato, altri si stavano affacciando dalle tende in quel momento con gli occhi ancora impastati di sonno. Osservò per una manciata di minuti i movimenti lenti di chi si spostava da una tenda all'altra, qualcuno per svegliare gli amici, altri per richiamarli per la colazione. Qualcuno si sedeva vicino ai pentoloni ricolmi di tè, altri cominciavano a tostare il pane nelle padelle. Era una routine che ormai faceva quasi sentire a casa Bakugou.

Non aveva ancora fame e così decise di fare una passeggiata, di allontanarsi un po' da tutte quelle persone, di rilassarsi sotto i primi raggi del sole sorto da poco e provare a dimenticare il motivo dei terremoti. Come se la sua mente potesse venir ingannata così facilmente.

Camminava guardando i pochi ciuffi di erba che crescevano sulla terra arida, ogni tanto calciava un sassolino senza mandarlo troppo lontano così da poterlo raggiungere e calciarlo di nuovo, come fosse un pallone e lui un calciatore alle prese con l'allenamento.

L'aria che gli accarezzava il retro del collo era fresca e ogni tanto gli faceva nascere dei brividi lungo la schiena. Erano brividi completamente diversi da quelli che scaturivano dal tocco delicato di Izuku. Sorrise ripensando alle decine di carezze e premure che si erano scambiati durante quel periodo che avevano passato in quel nuovo accampamento, mai l'avrebbe creduto possibile, ma aveva trovato la propria felicità in un mondo post apocalittico e l'aveva trovato proprio con la persona che aveva creduto di aver perso dopo il primo giorno di catastrofi. Ancora, quando si svegliava la mattina, doveva pizzicarsi la guancia per convincersi che non era tutto un sogno e che Izuku era davvero vivo e lo amava. L'amore del verde forse era ciò che lo faceva dubitare di star vivendo in un sogno e nella realtà.

Arrivò in prossimità del bosco, quello era sicuramente il luogo più tranquillo che potesse visitare di mattina. Nessuno si recava lì così presto. Molti temevano l'oscurità del bosco, altri non amavano inoltrarsi tra gli alberi, lui invece amava il fresco, si inebriava del profumo della foresta e si lasciava trasportare dal rumore degli alberi che si divertivano a colpirsi a vicenda. Nessuno lo avrebbe disturbato a quell'ora in quel posto.

Quasi nessuno.

"L'egoismo di una persona ha portato a tutto questo"

Bakugou si voltò dando le spalle al bosco, la voce l'aveva riconosciuta immediatamente e il cuore aveva accelerato un po' il proprio ritmo. Gli occhi verdi lo guardavano con distacco, la bocca era morbida, ma non piegata in un sorriso e i capelli venivano scompigliati dalle spire del vento.

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