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I colori si impadronirono della vastità del cielo, o forse fu proprio il cielo a divenire colorato e a perdere il suo classico azzurro. Uno spettacolo incredibile quanto un'aurora boreale fece alzare i volti di tutti i ragazzi che per un istante si dimenticarono dei corpi sdraiati a terra, delle morti appena avvenute. Sollevarono gli sguardi e quei colori si andarono a riflettere nelle loro iridi di migliaia di sfumature differenti.

Si distrassero concentrandosi sugli spostamenti dei fasci colorati che sembravano muoversi per trovare una posizione comoda nel cielo. Smisero di piangere, le lacrime arrestarono il proprio corso per riflettere la bellezza di quello spettacolo mozzafiato. Si dimenticarono dell'esistenza dei due mondi, dell'eclissi, dei meteoriti e dei terremoti. Si dimenticarono della sofferenza e del dolore che fino a un istante prima aveva occupato lo spazio dove ora batteva ferocemente il cuore.

L'unione dei mondi, loro avevano dimenticato che quell'evento esistesse, riempirono completamente la mente con i colori del cielo, lasciarono che la fusione riscrivesse i ricordi così da lenire il dolore di ogni essere vivente che ora doveva vivere sulla nuova terra.

Ognuno si dimenticò della divisione tra doppelganger di un pianeta e di un altro. Coloro che sopravvissero presero il posto nelle memorie altrui. Touya ritrovò nel doppelganger di Natsuo il fratello che era morto, ritrovò il padre nell'Enji dell'altro mondo, così come Tamaki si convinse che il Mirio proveniente dall'altro pianeta fosse il Mirio con cui era cresciuto e di cui si era innamorato.

Le memorie si confusero, i ricordi vennero mutati grazie alla fusione dei mondi e la sofferenza si andò ad affievolire con il tempo. Non ricordarono più nulla di quei due anni passati a fuggire dalle catastrofi naturali. Ebbero solo il tempo di seppellire gli amici e di erigere delle lapidi con i nomi, dopo di che, si dimenticarono del luogo dove erano vissuti in quei mesi, abbandonarono le villette e si lasciarono dietro le spalle tutta la sofferenza.

Sero continuò a scambiarsi battute con Awase e Monoma come se non si trattasse di coloro che avevano ucciso i suoi amici, ma gli amici stessi con cui aveva condiviso i corridoi del liceo.

Shoto si dimenticò di aver ucciso il falso Bakugou, si dimenticò del legame che aveva stretto con quel ragazzo, unico segno visibile di ciò che avevano costruito insieme era la cicatrice sul palmo della mano, quella promessa che però non trovava memoria nella sua mente riscritta. Shoto riuscì, anche, con l'aiuto del tempo, ad accantonare l'amore che dai tempi del liceo aveva provato nei confronti di Bakugou, non sapendo, però, che nella vita aveva provato una delle emozioni più grandi in assoluto proprio con il doppelganger di quel suo vecchio amico. Dimenticò la passione provata nel tempo di un temporale, ma in qualche modo lo stomaco continuò a contrarsi ogni volta che la pioggia cadeva, come se i suoi organi interni cercassero di fargli rivivere le sensazioni che aveva provato nell'unirsi con il doppelganger di Bakugou.

Le strade dei ragazzi si divisero e loro si persero di vista. Intrapresero vite diverse, all'insegna di ciò che avevano sempre sognato di fare quando erano stati solo dei liceali inchiodati ai banchetti di scuola. Cominciarono a sentirsi di meno, a chiamarsi solo per augurarsi Buon Natale o farsi gli auguri di compleanno, come se in quel modo, diminuendo i contatti, i ricordi sotterrati insieme a quei corpi potessero rimanere lì, sotto strati di terra. Bakugou realizzò il sogno che per troppo tempo aveva tenuto segreto a tutti tranne che a Shoto e fuggì lontano con Izuku, il quale rimase sempre con lo sguardo spento nei confronti del mondo. 


Anni dopo

Shoto aveva imparato ad amarlo, ogni giorno lo amava un pochino di più, non sapeva come fosse possibile, ma ormai non poteva immaginare la sua vita senza quel ragazzo al suo fianco. Si girò e fissò il proprio sguardo sulle ciglia dell'altro. Aveva gli occhi chiusi, era ancora immerso nei propri sogni e le ombre sugli zigomi si divertivano a giocare con il rossore che piano si stava espandendo sul volto. Un rossore dovuto al calore che piano si impadroniva della stanza.

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