XXXV) Riempiamo i vuoti di memoria

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Steve's pov
Osservo le foto che mi circondano, incapace di ragionare. Guardo Peggy, 'Tasha, suo fratello e suo padre, non sapendo cosa pensare o definire da tutti ciò.
Voglio fare delle domande, sapere se si tratta solo di un crudele scherzo o un'incomprensione, ma le parole perdono ogni significato e dalle mie labbra escono solo lamenti scomposti.

Un grido di dolore irrompe nella stanza, appartenente a 'Tasha e proveniente dall'esterno, solo che non appena Tony si accinge a raggiungerla succede l'inimmaginabile: un caldo vento ci accarezza il volto, simile ad un'onda d'urto non in grado di fare alcun danno, mentre delle minuscole fiammelle dorate simili a tante piccole lucciole iniziano ad unirsi e scomporsi per formare delle immagini, come in un gioco di realtà aumentata fin troppo "ben definito".

Come prima cosa vedo una bambina giocare a terra con un quaderno e dei pastelli, canticchiando a bassa voce e ignorando ogni cosa attorno a lei.

"'Tasha!" La chiama un'altra figura in cima alle scale, attirando la nostra attenzione e constatando che si tratta di un ragazzino di poco più giovane "Guarda, posso volare!"

Ancora prima che la fanciulla possa voltarsi lui prende un oggetto rotondo fin troppo simile al mio scudo e si getta dagli scalini, gridando contento e venendo fermato solo dalla comparsa di un ulteriore personaggio, ovvero me, che lo prende al volo poco prima che lo slittino improvvisato si scontri contro il muro

"James Michael Rogers! Quante volte ti ho detto di non toccare lo scudo?! Potevi farti male!" Lo rimprovera, anche se non appena "Steve" termina quelle frasi la bimba chiede se può farci un giro.

Mi porto una mano alla bocca, voltandomi verso Tony e notando che pure lui è bloccato a guardare queste immagini, con gli occhi sbarrati e ogni muscolo immobile.

Ho la tentazione di avvicinarmi a lui, ma non riesco a fare un solo passo che i delicati punti di luce si scompongono per creare un'altra immagine, in grado questa volta di farmi impazzire il cuore.

«Peggy...» sussurro, mentre la copia mia amata prende vita davanti ai miei occhi, inginocchiata davanti a sua figlia per aiutarla con la zip di una felpa

"Mamma, quando tornerà James da Asgard?" Chiede la più piccola, mentre io odo Natasha Romanoff trattenere il fiato

"Non lo so, ma presto. Vedrai che io e tuo padre troveremo una soluzione, non temere"

"Okay, ma presto "quando"? Verrà anche lui a conoscere gli agenti dell'SSR la prossima volta?"

"Speriamo di sì, insomma! A proposito, che cosa devi dire se ti chiedono come si chiama mio marito?"

"Che non lo so" risponde lei, mentre Peggy sia alza per prendere le chiavi dell'auto "Io l'ho sempre chiamato papà!"

L'immagine cambia ancora, più rapidamente della prima volta, mostrando una 'Tasha di all'incirca nove anni che gioca con un ragazzino della stessa età sul tappeto del salotto, parlando e ridendo come se non avessero altri problemi al mondo

"E quindi papà mi ha raccontato di questo tipo figo che vola con una tutta stra bella rossa e oro" racconta la ragazza, agitando le mani e con gli occhi pieni di gioia "cioè, non so se è figo, ma da come lo descrive me lo immagino bellissimo. E questo qui è tosto tosto, tanto che ha preso un coso che stava per esplodere e lo ha portato nello spazio attraversando un portale e sconfiggendo un esercito di alieni ringrizziti!"

"Che. Figata!" Esclama l'altro, incantato dal racconto "E come hai detto che si chiama questo qui?"

"Non lo so, papà non lo ha detto. Cioè, lo ha chiamato Iron Man, ma penso sia un nome d'arte"

IO L'HO SEMPRE CHIAMATO PAPÀDove le storie prendono vita. Scoprilo ora