VII) Nuove Abitudini

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~16 Dicembre 1991
Osservavo il caffè nella mia tazza da circa due minuti, sbadigliando ogni tanto e sforzandomi di tenere gli occhi aperti nonostante la stanchezza. Quella mattina avrei dovuto incontrare Tony e saremmo stati insieme tutto il giorno, perciò mi ero svegliata all'alba e vestita in fretta, anche se solo in quel momento me ne stavo pentendo.

«Sonno?» mi chiese mamma, riportandomi alla realtà

Alzai gli occhi, incontrando la sua figura e non potendo fare a meno di sorridere.
I capelli marroni le cadevano lungo la schiena in dolci boccoli, raccolti in parte da una forcina d'argento che le aveva regalato anni prima mio padre, mentre il viso era truccato leggermente, facendo risaltare le sue labbra rosse intonate al vestito e gli occhi luminosi. Fisicamente era identica a quando si era incontrata con papà, dato che per qualche strana ragione pure lei aveva quella "sindrome dell'invecchiamento rallentato" (come avevo iniziato a chiamarla io), e se non fosse stato che io dimostravo 15 anni poteva scambiarci per gemelle!
La spiegazione scientifica di questa cosa ancora non la sapevamo, ma zio Howard chiamava spesso noi due e papà a casa sua per parecchi esami, anche se non era ancora giunto ad una conclusione.
Sostanzialmente tutto ciò che riguardava la mia vita era un mistero per il resto del mondo... E il fatto che sempre più persone si facessero domande era una bella seccatura!

Il debole suono della porta che si apriva mi risvegliò dai miei pensieri, facendomi voltare di scatto verso essa e notare mio padre che rientrava dalla sua corsa quotidiana

«Buongiorno alle mie donne preferite!» salutò, per poi avvicinarsi a tavola e guardarmi in modo strano «Come mai già sveglia, te? Non è un po' troppo presto?»

«Lo so, ma devo andare da Zio Howard per delle ripetizioni in geometria analitica. Ha iniziato a spiegarmi la matematica finanziaria, ma io gli ho detto che preferivo rivedere l'iperbole equiltera riferita agli asintoti e-»

«Okay okay, stai iniziando a parlare difficile. Ti prego smettila»

Cercai di soffocare una risata, mentre lui con il suo solito sorriso buttò la felpa su una sedia e andò verso mamma, dandogli un piccolo bacio a stampo e poi venendo da me a darmi un bacetto affettuoso sulla fronte, anche se io mi allontanai con faccia schifata.

«Bleah papà, puzzi! Fila sotto la doccia che è meglio»

«Ha-Ha-Ha. Ora vado, ora vado... Grazie infinite, comunque» rispose, fulminandomi con lo sguardo e dirigendosi verso lo scale

Io di rimando, non appena lui si voltò per salire le scale, gli fecci la linguaccia soffocando altre risate, ma come se mi avesse visto si bloccò di scatto.
Notai i suoi muscoli irrigidirsi sotto la maglietta e nocche delle mani diventare bianche non appena lui strinse i pugni, da quanta forza ci metteva

«Papà... Tutto bene?»

«Sì sì... Ho solo... Ho solo avuto uno strano flashback che... Un ricordo che... Non è nulla» rispose in fretta senza voltarsi, per poi scapare al piano superiore.

Okay, era strano.

Mi girai verso mia madre, indicando l'uomo appena scomparso alla nostra vista con un cenno del capo e notando che pure lei non sembrava troppo convinta

«Indagherai, vero? Questo suo comportamento non è affatto normale per quanto mi riguarda» chiesi, sorseggiado un poco di caffè

«Oh, ci puoi contare. Non la passerà liscia senza dirmi la verità! Ah, comunque è ora che ti prepari. Tra un po' dovrebbe arrivare Sharon»

Per poco nomi mi strozzai con la bevanda appena sentii quel nome.
Sharon.
A casa mia.
Di nuovo.
... PERCHÉ?!

Sospirai, abbassando il capo ed alzandomi lentamente sotto lo sguardo triste di mia madre, che da anni ormai sperava che io accettassi mia cugina e fossi felice nel ricevere le sue visite, ma non ci riuscivo.
Non riuscivo a volerle bene se ogni volta che lei veniva da me mio padre doveva nascondersi, rinunciando così al tempo che ci solito passavamo insieme. E non riuscivo neanche ad accettare il fatto che ora mamma portava portava lei all'SSR, dato che in poco tempo quella biondina diventò la cocca di tutti. Sembrava che qualche battutina o qualche occhiata dolce era riuscita a conquistare il cuore del Signor Thompson e subito dopo di tutti gli altri agenti... Tranne Zio Daniel. A quanto pare l'uomo era ancora completamente fedele alla bimba che gli aveva rubato la stampella.
Effettivamente Sousa, dopo aver scoperto  l'identità di papà, veniva spesso a trovarmi a casa, parlandomi di cosa succedeva in ufficio o della sua vita. Sembrava essersi messo il cuore in pace, accettando finalmente il matrimonio di mia madre e provando a rifarsi una vita, uscendo con una certa infermiera e avendo anche un figlio da lei! Il resto non lo sapevo, ma andava bene così.

IO L'HO SEMPRE CHIAMATO PAPÀDove le storie prendono vita. Scoprilo ora