XXVI) Riconciliazione

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'Tasha's pov
Apro lentamente gli occhi, sbattendo più volte le palpebre e lasciandomi scappare un gemito di dolore, mentre lentamente mi abituo alla luce delle lampade e all'odore di disinfettante che vi è.

Lancio una rapida occhiata alla stanza, fredda e pulita come poche cose al mondo, constatando che mi trovo in ospedale.
Un sospiro mi scappa dalle labbra, pensando al fatto che alla fine, in un modo o nell'altro, mi risveglio sempre in una stanza diversa con qualcuno che mi preleva il sangue. Beh, almeno un ospedale è meglio rispetto ad una base dell'Hydra.

«Finalmente sei sveglia» dice una voce femminile alla mia sinistra, facendomi voltare di scatto

Sbatto più volte le palpebre, non riuscendo a credere a ciò che vedo, ma riuscendo a riconoscere fin troppo bene  i suoi capelli biondi legati in una coda alta e il sorriso finto che ha stampato in volto, mentre i suoi occhi scuri percorrono tutto il mio corpo ma non osano fermarsi sui miei

«Ma ciao, cuginetta» rispondo, cercando di non far vedere quanto mi faccia male parlare «Sono morta per caso?»

«No, perché pensi questo?»

«Perché se lo ero lo saresti stata anche tu, il che poteva essere gratificante»

«Non possiamo almeno fingere di andare d'accordo?»

«Finché tu continuerai a mentirmi no. Lo fai fin da quando siamo piccole. Sei sempre stata la Cenerentola della situazione, colei che venne abbandonata dai genitori e si ritrovò a dover convivere con la sorellastra malvagia»

«Beh, in parte era vero! Ti sei sempre comportata male con me, mi hai sempre disprezzato e hai fatto di tutto per mettermi in cattiva luce, s-»

«Questo magari perché tu volevi prenderti la mia vita! Cercavi di ingraziarti mia madre, se facevi qualcosa di sbagliato davi la colpa a me, se entrata nell'S.S.R. rubando i miei progetti e spacciandoli per tuoi, copiavi tutto di me! Mi hai pure rubato mezzo armadio, una volta, e ti sei tinta i capelli per assomigliarmi!» 

Rispondo di getto, portandomi le mani sullo stomaco per cercare di soffocare  il bruciore delle ferite e non dare a vedere che sto male, mentre la vera motivazione del mio odio nei suoi confronti non posso dirlo ad alta voce. 
Va bene, ammetto che non sono sempre stata corretta con lei, che forse sono stata io ad iniziare questa "lite" che portiamo avanti da anni, ma da quando lei venne ad abitare con noi papà iniziò a passare meno tempo con me e a preoccuparsi di più a nascondersi, dato che non poteva farsi vedere da Sharon. Lei voleva stare con noi, me lo ricordo, ma ciò voleva dire escludere mio padre, e a me non stava bene. Provavo risentimento nei suoi confronti, quindi le facevo pesare ogni errore che faceva in modo forse un po' esagerato, e da allora lei iniziò a comportarsi male con me, dando inizio a questi scontri

«Lo so» riprende Sharon, riportandomi alla realtà «Lo so, ricordo quello che facevo, e ancora oggi me ne pento. Però io ero invidiosa. Ero invidiosa del fatto che tu avevi una famiglia fantastica mentre io non avevo mai conosciuto mia madre e mio padre non esitò ad abbandonarmi. Ero invidiosa del fatto che tu eccellevi sempre in tutto, qualunque cosa facessi. Invidiosa del tuo successo, delle tue amicizie, del tuo modo di essere di... Di te. Di te, semplicemente. E sì, ammetto che ho gioito quando sei stata rapita perché finalmente ti avevo eliminato dalla mia vita e avevo strada libera, ma poi mi accorsi di quanto soffriva tua madre, di quanto si sentisse la tua mancanza e-»

«E allora perché quando sono tornata hai continuato a mentire? Perché mi hai tradito di nuovo dicendomi che mia madre era morta?»

Lei non risponde, spegnendo il suo sorriso e chiudendo le labbra in una linea dritta, non osando abbassare lo sguardo ma continuando a guardarmi dritta negli occhi, cosa che un tempo non riusciva a fare.

IO L'HO SEMPRE CHIAMATO PAPÀDove le storie prendono vita. Scoprilo ora