XIX) Ricerche

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Tony's pov
Mandai un'armatura a prendere 'Tasha, controllando i suoi spostamenti attraverso il monitor del mio computer e chiedendo a Jarvis di farle una rapida visita medica senza che lei se ne accorgesse, giusto per sapere se era ferita o altro.
Appena arrivò però non mi volle parlare più di tanto, chiedendomi solo una tazza di the caldo e rifugiandosi in una stanza della torre, mentre le domande si affollavano nella mia mente ma scomparvero nello stesso istante in cui il mio sguardo si incrociò col suo un attimo prima che chiudesse la porta.

Quindi ora eccomi qui, con una tazza fumante in mano e gli occhi fissi sulla superficie in vetro opaco che ci divide, indeciso se bussare o meno.
So che ha sempre avuto dei segreti (tanto che i suoi segreti avevano dei segreti) e che quando non vuole parlare sforzarla provoca solo danni, ma se mi dicesse cosa ci era andata a fare in quella stradina isolata, o perché è tanto giù di morale forse...? Non lo so, potrei aiutarla? Ma aiutarla in cosa, se è sempre stata lei a sostenere me?! Sarebbe logico chiedere a sua cugina Sharon, ma tra loro due non scorre buon sangue quindi le farei solo un torto a chiamarla...

Negando con la testa per scacciare questi pensieri mi decido ad entrare, scordandomi di bussare ma cancellando ogni mia preoccupazione nel constatare che lei sembra stare meglio. Se ne sta stesa supina sopra il letto, con un fascicolo tra le mani e i capelli sparsi sul lenzuolo come i raggi del sole

«Leggi qualcosa d'interessante?» chiedo, poggiando la tazza sopra il comodino che si trova nel lato sinistro della stanza e sedendomi accanto a lei

«Ricerche»

«Riguardo a cosa?»

«Me»

«Eh?»

Lei si mette a sedere, posizionandosi a gambe incrociate davanti a me e guardandomi fisso negli occhi, mentre il fascicolo le scivola di mano e finisce in mezzo a noi

«Io non so chi sono, Tony. Non so cosa sono in grado di fare, non so il mio passato e neppure chi faccia parte della mia famiglia!...Non so nulla»

«Avevi detto che gli effetti degli esperimenti dell'Hydra erano passati, che ti bastava stare qualche ora senza quella roba che ti davano e-»

«E infatti è quello che credevo! M-ma poi... So chi sono i miei genitori e basta. Sono la mia unica certezza»

«Ah... Sì, Peggy Carter e... Ehm... Com'è che si chiamava tuo padre?»

«Io l'ho sempre chiamato papà» risponde lei con un'alzata di spalle

Io le tiro un lieve pugno sulla spalla, facendola scoppiare a ridere e poi iniziando a ridere pure io, contagiandoci così a vicenda

«No, 'Tasha, non è quella la tua unica certezza» le dico, tornando serio per un istante «Prima di tutto, pure l'Hydra non è riuscito a farti dimenticare quella dannata frase! Dio, sembra il tuo motto! E poi... Io sarò sempre con te, qualunque cosa accada. Ecco un'altra certezza: non ti abbandonerò mai. Sono tuo amico, Natasha, il tuo migliore amico, e sono qui per aiutarti, per farti uscire da questo vortice di tristezza e farti tornare il sorriso. Gli amici servono nel momento del bisogno, no? Beh, eccomi qui. Io ci sono, non sei da sola»

«Grazie» mormora, per poi fiondarsi tra le mie braccia e stringermi in un abbraccio «Grazie, Tony. Grazie»

Io poggio il volto nell'incavo del suo collo, sentendo i suoi capelli sfiorarmi la guance e il suo profumo fondersi con il mio, mentre la ragazza lascia sfuggire qualche lacrima dal suo controllo e mi bagna leggermente la maglietta, senza però allontanarsi di un solo millimetro da me.

 «Okay, ora diamoci da fare» mormoro, obbligandola a sciogliere l'abbraccio e tornare composta

«Eh? Che intendi?» mi domanda, stropicciandosi un occhio e piegando leggermente la testa di lato

IO L'HO SEMPRE CHIAMATO PAPÀDove le storie prendono vita. Scoprilo ora