Raggiunsi la macchina sbuffando leggermente, giocando a calciare un sassolino nei pochi metri di giardino che mi separavano dal mezzo e senza mai alzare lo sguardo, con molte ciocche di capelli che danzavano davanti agli occhi e la luce della luna che creava dei buffi giochi di colore sul mio volto.
Era arrivata la sera, alla fine, ma devo ammettere che la cosa non mi dispiaceva affatto: amavo la notte, e i ricordi più belli che ho con la mia famiglia sono tutti con il cielo ricoperto di stelle, lontano da occhi indiscreti e strane voci di corridoio.Con un sonoro sospiro salii in auto, allacciando la cintura e poggiando la testa sul finestrino, mentre mamma metteva in moto e partiva tra le strade della tanto amata New York
«'Tasha vuoi dirmi che succede?» interruppe quel silenzio l'adulta «E non dirmi che vuoi un fenicottero o un unicorno, perché mi riferisco a tutt'altro»
«Io... Voglio andare a trovare Tony. Lui è mio amico»
«Quando lo hai conosciuto?»
«Oggi al parco ma... Non so, è come se lo conoscessi da sempre! C'è una specie di intesa tra noi, non so come spiegarmi... È qualcosa di magico, ecco»
«Sarà ma... Vedi, non è così semplice. La storia non doveva-»
«ME NE FREGO DI COME DOVEVA ANDARE LA STORIA!» urlai, girandomi di scatto a guardarla, ma portandomi subito dopo una mano davanti alla bocca, rendendomi conto del mio gesto.
Che avevo fatto?!
Io, gridare così a mia mamma? Alla mia favolosa mamma? Non... Non era da me!Lei sbarrò gli occhi, premendo leggermente meno sull'acceleratore e rallentando la corsa dell'auto, come se volesse più tempo
«Scusa. Non volevo alzare la voce»
«... Tranquilla, capita a tutti di perdere il controllo ogni tanto»
«Papà racconta brutte storie sulla perdita del controllo. Parlano tutte di un tizio che quando si arrabbia diventa un bestione verde che spacca tutto, odia le scale e ha una cotta segreta per una spia assassina buona»
«Beh, tesoro, non penso che tu debba prendere le storie di tuo padre come esempio. Saranno anche vere, ma devono passare ancora una cinquantina d'anni per viverle!»
«Sarà, comunque sono belle. C'è la giusta dose di azione e sentimento»
Con quella frase chiusi il discorso, anche se io avrei preferito continuasse in eterno, piuttosto di affrontare quello che stavo evitando.
Tenni lo sguardo fisso sulla strada, accorgendomi solo allora che quella via non l'avevo mai percorsa prima.
Dove stavamo andando?
Mamma aveva parlato di "restituire la stampella", ma allora perché non andare nell'ufficio di Zio Daniel?
Mi stava portando a casa sua? Perché? L'ufficio era più vicino, no?«E quindi... Vorresti vedere Tony, non è così?» interruppe quel silenzio glaciale lei, ri-attirando la mia attenzione
«Sì»
«Beh, tuo padre non ne sarà affatto felice»
«E perché? Neanche lo conosce Tony!»
A quelle parole si morse il labbro inferiore, stringendo il volante talmente forte che le sue nocche diventarono bianche
«Già... Non lo conosce» sussurrò a denti stretti, come per impedirmi di sentire
«Mamma? Che c'è?»
«Stavo pensando tra me e me, scusa» si affrettò a giustificarsi «Comunque... d'accordo. Avrai anche nove anni (e ne dimostri la metà), ma se lo desideri qualche pomeriggio ti porterò dal piccolo Stark. Ma mi raccomando, ora le regole che ti ho sempre insegnato valgono più che mai e Tony e tuo padre non dovranno mai incontrarsi. Anzi, non dovrai neanche nominare nulla che abbia a che fare con Captain America o con le storie della buona notte, intesi?»
STAI LEGGENDO
IO L'HO SEMPRE CHIAMATO PAPÀ
FanfictionProbabilmente non è ancora stata inventata la giusta parola per descrivermi. C'è stato un tempo in cui ero allegra, spensierata, innocente (ma non troppo)... Ma per lo appunto, lo ERO. Poi incontrai Tony Stark, sebbene mio padre mi avesse sempre det...