XVI) Tale madre tale figlia

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Mezz'ora dopo...
Steve's pov
Lascio la moto in un angolino nascosto, scendendo in fretta e iniziando a correre lungo i vicoli della città e le stradine secondarie.
Sono appena scappato dalla base principale dello Shield, lanciandomi dall'ascensore dopo che ero finito in trappola e usando poi il mio mezzo di trasporto preferito per fuggire e seminare definitivamente gli agenti che mi stavano alle calcagna, anche se è più difficile di quel che sembra dato che l'uniforme che indosso ha delle cimici. Devo riuscire a sbarazzarmene, ma come? Se mi fermo riusciranno a raggiungermi, e per di più non ho altri abiti con me...

Arrivando per un attimo in un punto un po' più scoperto alzo gli occhi al cielo, venendo attratto quasi istintivamente dall'edificio che si innalza a a pochi isolati dal punto in cui sono, ovvero l'ospedale dove ho nascosto la chiavetta, mentre alla sua destra invece vi è una palestra in cui solitamente a quest'ora ci sono degli allenamenti di basket, che mi fa venire in mente una piccola follia.

Riprendendo a correre con più foga di prima mi dirigo verso il secondo edificio, cercando sempre di passare inosservato e intrufolandomi al suo interno senza essere visto da nessuno.
Appena dentro vado verso gli spogliatoi, cambiandoli in fretta e prendendo in prestito alcuni vestiti dei ragazzi che stanno giocando, per poi lasciare il mio costume dentro un borsone che abbandono sugli spalti.

Bene, almeno così non mi seguiranno più!

Ora però devo decidere cosa fare, di chi fidarmi e come agire: lo SHIELD era stata un'idea di Peggy per proteggere il mondo e ora è mio compito riportarlo a ciò che era in origine, senza l'Hydra o stratagemmi assurdi per controllare l'umanità.
Senza dubbio devo recuperare la chiavetta, quindi la prima tappa è l'ospedale e poi... Poi? Che faccio dopo? Sono un ricercato ora, non posso fidarmi di nessuno ma...
In cuor mio vorrei che anche 'Tasha, la figlia di Peggy, venisse con me, così da poterla tenere d'occhio e al contempo lontana da coloro che hanno infangato il nome dell'organizzazione di sua madre, ma no. No no, non se ne parla, è troppo rischioso! Anche se non la conosco bene so che lei non c'entra nulla con quei criminali, me lo sento dentro, ma non c'entra con questa storia è meno ne sa meglio è!
Ah ma perché continuo a pensare a lei ultimamente? Qualunque cosa faccio, situazione in cui mi trovo o parola che dico una parte di me desidera sapere dove lei si trovi e come sta, ma perché? Forse il motivo sta nel fatto che lei è la figlia dell'unica donna io abbia mai amato, e che è tale e quale a lei ma... Non lo so, ma ora devo concentrarmi sulla missione che sto per intraprendere!

Accelerando il passo e accantonando questi pensieri mi dirigo all'edificio qui a fianco, tenendo lo sguardo basso e lasciandomi coprire dalla felpa leggermente più grande, ripercorrendo con calma quei corridoi tanto famigliari e andando tranquillo tranquillo verso i distributori di merendine.
Lì ho nascosto la chiavetta di Fury, ovvero nell'ultimo posto in cui qualcuno andrebbe a cercare!
Lanciando un rapido sguardo alle mie spalle per controllare di non essere seguito arrivo davanti alla macchinetta, solo che non appena torno a guardare il fatidico nascondiglio il "tesoro" è sparito nel nulla.
Ma che...?
Prima ancora che riesco a formulare un pensiero grazie al riflesso sul vetro davanti a me vedo Natasha Romanoff alle mie spalle fare delle bolle con una gomma da masticare e poi scoppiarle con una particolare espressione in volto, come per lanciarmi un chiaro messaggio.

Ah, Natasha...

Con uno scatto la prendo per un braccio e la trascino nello stanzino alle nostre spalle, spingendola con forza contro il muro e tenendola come in trappola

«Dov'è?» chiedo, con la rabbia che traspare dalla mia voce e la stretta sul suo braccio farsi più forte

«Al sicuro»

«Spiega meglio»

«Dimmi dove l'avevi presa»

«E perché dovrei dirtelo?»

IO L'HO SEMPRE CHIAMATO PAPÀDove le storie prendono vita. Scoprilo ora