V)La mia "cuginetta"; mi caccia nei guai

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Il sole filtrava leggermente dalla finestra, bagnando il mio volto con la sua luce ed il suo calore, anche se io non feci altro che girarmi dall'altra parte del letto e ignorarlo, come avevo fatto molte altre volte in cui mi addormentavo in camera dei miei a ci restavo fino al tramonto.
Afferrai un lembo delle coperte, stringendolo tra le dita e cercando di ritornare nel mondo dei sogni dal quale la luce mi aveva portata via, ma nell'istante in cui stavo per ricadere tra le braccia di Morfeo un picchiettio incessante mi ristrappò da quella pace e mi svegliò ancora prima che potessi prendere sonno, in modo molto più fastidioso però.

Uff, e ora che c'era?

Mi alzai di scatto, decisa a voler capire da dove proveniva quel suono e soprattutto cos'era, ispezionando così ogni angolo della stanza ma fermandomi quasi subito alla finestra, in cui un piccolo aereo-robot sbatteva incessantemente contro il vetro e creava quel ticchettio tanto fastidioso. Non avevo mai visto prima un aggeggio simile, eppure nella mia mente era famigliare:  un apparecchio volante grande poco più di un astuccio e senza pilota, in grado però di funzionare benissimo... Com'è che li aveva chiamati papà questi cosi? Dropi... Drommi... Gioni... No no, iniziava con Dro! Dro... Dro-qualcosa.

Ma perché il Dro-qualcosa bussava alla finestra della camera di mamma? 
C'era qualcosa che non quadrava.

Beh, di certo non l'avrei lasciato entrare: sia mai che in realtà fosse un coso dell'Hydra che ha scoperto l'identità di papà e, una volta dentro casa, esplode! O un macchinario proveniente dal futuro che voleva riportare il grande Captain America nella sua giusta linea temporale (che poi era quella, ma dettagli) o un oggetto di spionaggio alieno! Non si scherza con gli alieni, quelli piovono dal cielo e attaccano la tua città con pistole laser e moto volanti! Sono brutte persone, parola mia.

Attesi qualche secondi, acquattandomi sotto il telaio e osservando il Dro-qualcosa sbattere contro il vetro come una mosca fastidiosa che cercava di scappare attraverso la finestra chiusa, ma notando un piccolo particolare, una scritta che prima avevo ignorato: Stark Industries .

Ah, okay, allora era una delle tante invenzioni di Zio Howard! Sì sì, nulla che mamma non potesse risolvere.

Tirando un sospiro di sollievo aprii la finestra, ma feci appena in tempo a a compiere quel gesto che l'apparecchio metallico crollò scarico tra le mie mani, facendomi provare uno strano brivido sulla punta delle dita e portando la mia curiosità oltre ogni limite.

Rigirai l'oggetto, notandone le rifiniture fatte molto in fretta e non curate e alcuni cavi scoperti, ma trovando un piccolo bigliettino incollato con del nastro adesivo vicino alla batteria e affrettandomi a leggerlo, sebbene la calligrafia orrenda non rendesse facile la cosa. Doveva essere stato scritto da un bambino che sperimentava per la prima volta il corsivo, oppure da un signore mancino a cui era stato portato via il braccio sinistro... Non c'erano altre spiegazioni.

"Ciao 'Tasha, sono Tony, il bimbo bello che hai conosciuto oggi al parco (Ovviamente ti ricorderai di me, o non sei una persona normale). Appena arrivato a casa ho cercato un po' di informazioni su di te perché sembravi una bambina simpatica, ma con il tuo cognome a casa mia c'era solo un foglio riguardante una signora che ti assomiglia molto e che risponde al nome di Margaret. Forse è tua mamma, ma non ne sono sicuro. Comunque. Il signor Jarvis mi ha anche rivelato che tu vieni spesso a fare i compiti qui con il mio papà quando io sono a scuola. Perché tu non vai a scuola? Sei una bimba speciale oltre a bellissima? Vabbè, saranno affari tuoi. Mi chiedevo se ti va di passare a casa mia per giocare assieme tipo... Ora (o qualsiasi altro giorno o momento che non sia di mattina). Ti aspetto.
-Il tuo (spero) migliore amico Anthony Stark"

Restai pietrificata. Letteralmente.
Sentivo il respiro essersi fatto più pesante e il cuore aver iniziato a battere più velocemente, come non aveva mai fatto prima d'allora, mentre i secondi che mi dividevano da quel possibile incontro sembravano aver triplicato il loro valore, risuonando nella mia testa come le lancette di un orologio.
Che mi stava succedendo? Perché adesso, con la storia di Zio Daniel, di Sharon e tutti i problemi che stavo causando all'identità di papà, mi importava tanto di quel bimbo? Insomma, l'avevo appena incontrato... Eppure era dentro di me mi sentivo come se lo conoscessi da sempre.
Dovevo saperne di più. Volevo comprendere!

IO L'HO SEMPRE CHIAMATO PAPÀDove le storie prendono vita. Scoprilo ora