Strega di sangue

Capitolo 21 - Torna da me

Non sapeva dove fosse e nemmeno gli importava. Qualcosa l'aveva svegliato mentre lui, invece, avrebbe preferito continuare a dormire. Il sonno gli stava concedendo un oblio che negli ultimi anni era stato solo un miraggio. Se avesse avuto la possibilità di scegliere, si sarebbe abbandonato definitivamente all'oblio già da molto tempo.

Era probabile che a svegliarlo fosse stato il peso che sentiva sulle proprie cosce, ma era troppo stanco, troppo spossato, e non aveva nessuna voglia di aprire gli occhi e verificare che cosa fosse a provocargli quella sensazione. Se quello che ricordava di aver visto era vero, allora quel peso poteva significare una cosa e una soltanto.

Non aprì gli occhi, spostò soltanto la mano dal proprio addome al punto in cui percepiva il peso, e questo fu sufficiente per sentirla. Una testa sulle proprie gambe, dei capelli lunghi e lisci.

Il suo cuore accelerò i battiti per l'emozione. Era vero, non era un sogno, ma la concreta realtà. La sua Evangeline era riuscita a trovarlo. La sua Evangeline era riuscita a salvarlo.

Certo, non era giusto pensare a lei in quei termini, sapeva che non era affatto corretto nei confronti degli altri due fratelli, ma non poteva farci proprio nulla, lei era la sua preferita e lo sarebbe rimasta per sempre. Ricordava ancora il giorno in cui i loro genitori gli avevano detto che sarebbe diventato un fratello maggiore e, soprattutto, ricordava quanto, allora, la cosa lo avesse infastidito perché non voleva qualcuno con cui dover dividere la mamma. Poi lei era nata, il papà aveva messo tra le sue braccia quel piccolo fagottino tutto rosa e lei gli aveva sorriso. Da quel momento l'aveva amata.

E ora, dopo tutti quegli anni, erano insieme. Finalmente, di nuovo insieme. Sapeva che quello che stava per fare era pericoloso, che stava rendendo le cose più facili al demone che dava loro la caccia, ma non riuscì a trattenersi e la chiamò con lo stesso nomignolo con cui l'aveva sempre chiamata. Aveva perso il conto di tutte le volte in cui la nonna lo aveva sgridato perché non rinunciava a chiamarla in quel modo, delle volte in cui, addirittura, lo aveva punito per quel vezzeggiativo, ma era stato tutto inutile. Lei era e sarebbe rimasta sempre la sua Evi. E fu proprio con quel nomignolo che, dopo tanto tempo, la chiamò di nuovo, mentre le accarezzava con tenerezza i capelli.

«Evi...»

Era affaticata come non si era mai sentita prima di allora, anzi, a essere sinceri era proprio esausta. Era talmente stanca che si era addormentata appena Dean, dopo averle rivolto un ultimo sguardo eloquente, l'aveva finalmente lasciata sola. Aveva un tale bisogno di dormire che non ricordava nemmeno di essere su una sedia e di voler vegliare il fratello che riposava nel letto.

Era così sfinita che si si era persa nei ricordi ed era tornata col pensiero all'ultimo anno di superiori, quando Chris aveva già smesso di fare parte della sua vita, e passava le proprie serate curva sui libri finendo con l'addormentarsi al tavolo della cucina finché suo fratello, di ritorno da una delle sue uscite di divertimenti, la svegliava dolcemente chiamandola come solo lui osava fare e posandole una mano sulla testa, costringendola ad andare a letto.

«Evi...»

In un primo istante, quando aprì gli occhi, non riconobbe la stanza in cui si trovava e si stupì di non essere nella cucina della nonna. Quando alzò la testa dalle gambe su cui aveva riposato fino a quel momento e si voltò a guardarlo in viso, tirò un profondo sospiro di sollievo. Suo fratello era lì, era vivo e, cosa più importante di tutte, i suoi occhi erano di nuovo grigi.

«Robert...»

Non riuscì a dire nulla più del suo nome perché un groppo le serrò la gola e le lacrime cominciarono a scendere copiose lungo le sue guance. Il fratello le prese la mano e la strinse con affetto, in uno di quei gesti rassicuranti che, per il passato, aveva utilizzato spesso quando si trattava di consolarla. Al gesto, aggiunse anche le parole.