Capitolo 6 - Non caccerai con noi

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Sam era già sveglio, in cucina da solo a sorseggiare il proprio caffè e a pensare. Erano passate quasi tre settimane da quando Leslie aveva messo piede nel loro bunker e, al momento, sembrava aver dimenticato tutta la fretta che aveva di andarsene.

La prima cosa a cui lui aveva provveduto, quando la strega aveva accettato di rimanere con loro, era stata offrirle una camera dove dormire e dove rifugiarsi se avesse avuto voglia di starsene un po' da sola. Era stata la ragazza a decidere la propria stanza e aveva scelto la stessa in cui l'aveva portata Dean la prima volta che erano rimasti da soli. Era stata una scelta che l'aveva fatto riflettere e sperare. Invece in quel momento, seduto con la tazza fumante stretta tra le mani, Sam era ancora preoccupato dal rapporto tra Leslie e Dean. Se il giovane cacciatore aveva pensato che tra i due sarebbe facilmente sbocciato un qualche sentimento, si era sbagliato di grosso. Era come se dopo la loro notte di sesso sfrenato (non conosceva i dettagli, ma quello che quei due avevano combinato era facilmente immaginabile) lei avesse fatto un passo indietro e Dean si fosse semplicemente adeguato alla distanza che si era creata tra loro. Quella che era stata una ragazza forte e sfrontata che aveva fatto l'impossibile per portarsi a letto uno sconosciuto, si era rivelata essere una ragazza allo stesso tempo forte e fragile, con un enorme vuoto che non riusciva a riempire. O che aveva una paura folle di riempire.

Il massimo che quei due testoni si concedevano, ora, era qualche sguardo rubato quando l'altro era distratto. E Sam, che non poteva fare altro che starsene in disparte a osservare, era esasperato. Era chiaro che fossero interessati uno all'altra, ma non facevano assolutamente nulla per ricucire lo strappo che si era creato tra loro. Non riusciva proprio a capire come avessero fatto Dean e Leslie ad allontanarsi in quel modo mentre lui e la strega si stavano avvicinando sempre di più. Non che lui avesse qualche mira sulla ragazza, indubbiamente lei era bella, gentile e conversare con lei era molto piacevole, ma tutto quello che lui stava facendo era tenerla lì con loro affinché lei, o suo fratello, si decidessero ad annullare quell'assurda distanza che li divideva. Anche se cominciava a dubitare che la cosa si sarebbe mai concretizzata.

In quei venti giorni aveva passato molto tempo a parlare con lei, e l'essere entrambi orfani a causa di un demone aveva reso più facile lasciarsi andare alle confidenze. Sam aveva raccontato quanto avesse sofferto per la morte della madre, anche se sicuramente meno di Dean che l'aveva conosciuta. Le aveva confidato, senza vergogna, quanto fosse stato difficile essere figlio di John Winchester, senza avere un posto fisso in cui vivere e da chiamare casa, senza la possibilità di farsi degli amici, cambiando continuamente scuola e spostandosi da un motel a un altro, ininterrottamente, avendo, come unico scopo nella vita uccidere più demoni e mostri possibile con la speranza di riuscire a vendicarsi per la morte di Mary. Le aveva raccontato di aver abbandonato la famiglia per cercare di costruirsi una vita normale, aveva parlato di Stanford e di Jessica, e del dolore straziante di averla vista morire, per di più nello stesso modo in cui gli avevano sempre raccontato essere morta la madre e di come questo dolore lo avesse spinto a tornare da Dean e a rimettersi a cacciare. Evitò volutamente di parlare di tutti i casini in cui si era trovato, dei poteri psichici, della dipendenza dal sangue di demone, dell'apocalisse e di Lucifero e persino dell'essere tornato dalla gabbia senza anima. Per spiegare la loro amicizia con Castiel glissando su tutti i dettagli che non voleva condividere, si era tenuto sul vago, giustificandola con il comune obiettivo di liberarsi dei demoni, senza essere più preciso.

Lei, al contrario, fu molto prodiga di dettagli e particolari. Raccontò a Sam di com'era la vita con la nonna materna, che non era una strega, ma che aveva un'enorme conoscenza in fatto di magia e incantesimi. In fin dei conti, era stata la moglie di un mago, la madre di una strega e, ventisette anni prima, si era ritrovata a dover crescere anche i quattro nipoti dotati di poteri magici. Non era stato facile crescere in quel modo, senza genitori e con una nonna che imponeva delle regole rigide, una tra tutte il coprifuoco a mezzanotte e l'assoluto divieto di passare la notte fuori di casa. Suo fratello maggiore, di tre anni più grande di lei, essendo il primogenito era il preferito della nonna e poteva muoversi con più libertà sul confine delle regole che vigevano in casa loro. Il fratello minore, che aveva due anni meno di lei, era quello che loro definivano una sirena, i suoi poteri gli permettevano di convincere le persone a fare quello che voleva lui. Era un potere raro, fortunatamente, e non aveva effetto sui parenti più stretti, genitori e fratelli, ma funzionava perfettamente con la nonna. Il fratello, comunque, non approfittava quasi mai dei propri poteri, se non per cose di piccolo conto, anche se avrebbe potuto fare il bello e cattivo tempo in casa, aveva imparato in fretta che essere l'unico a poter non obbedire alle regole non sarebbe stato privo di conseguenze, perché i fratelli gliel'avrebbero fatta pagare.

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