Capitolo 5 - Possiamo aiutarti

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Alla fine si era davvero addormentata abbracciata a Dean e aveva passato tutta la notte nel suo letto. Che cosa le era saltato in mente? Dormire con un uomo non aveva nulla a che fare con le sue abitudini. L'ultima volta che aveva dormito con un ragazzo risaliva a un pomeriggio (nemmeno una notte) del lontano 1999, ben quattordici anni prima, quando i genitori di Chris, ingenuamente, avevano lasciato loro la casa libera. Scacciò subito dalla testa quei ricordi tanto dolorosi e si preparò a lasciare quella stanza e quel posto che i due fratelli chiamavano casa.

Scese dal letto con la massima cautela e nel più totale silenzio, cercando di non svegliare Dean che, comunque, sembrava avere tutte le intenzioni di continuare a dormire senza che nulla potesse disturbarlo in quell'attività. In ogni caso, il letto a due piazze del cacciatore l'aiutò a non urtarlo mentre scivolava fuori dalle lenzuola.

Confidava di essersi svegliata abbastanza presto da riuscire ad andarsene di lì senza incontrare nessuno. Il problema era capire come riuscire a farlo. La sera precedente, anche se era tra le braccia di Dean e impegnata in un'attività decisamente piacevole, il suo istinto di sopravvivenza aveva tenuto in allerta la sua parte razionale quel tanto che bastava a farle trovare una eventuale via di fuga. Tornare alla sala tattica, quella col planisfero sul tavolo, sarebbe stato facile, il problema sarebbe stato uscire da lì. Era entrata in quel luogo trasportata dalle ali di Castiel, quindi ignorava non solo dove fosse la porta d'ingresso, ma anche, cosa decisamente più preoccupante, in che parte del mondo si trovasse in quel momento. E questo significava che non poteva affidarsi ai propri poteri per lasciare quel luogo. Se solo avesse saputo dove si trovava, le sarebbe bastato un battito di ciglia per tornare nel proprio appartamento, ma così era costretta a muoversi come un normale essere umano, a cercare la porta d'ingresso e a trovare un passaggio fino a un qualche luogo noto. Il tutto, avendo l'accortezza di non fare rumore mentre si muoveva in quel corridoio lungo il quale non vedeva altro che una serie di porte tutte uguali, identificabili solamente da un numero.

Non fece molta strada lungo quel corridoio che vide che la porta numero 23 era aperta e che la luce nella stanza era accesa. Maledizione, voleva andarsene e riuscire a farlo senza che nessuno la vedesse. Cercò di avvicinarsi il più possibile al muro opposto alla porta aperta, nella speranza che chiunque fosse all'interno non si accorgesse di lei. Sperare che la stanza fosse vuota e la luce rimasta accesa per errore, sarebbe stato puerile. Sperare che il cacciatore già sveglio fosse ancora troppo assonnato per avere i sensi all'erta, lo sembrava altrettanto. Confidando in una fortuna che avrebbe avuto del miracoloso, ignorò la stanza e cercò di oltrepassarla. La voce di Sam che la chiamava le fece maledire l'udito del cacciatore, ma di certo non la colse di sorpresa.

«Non starai mica pensando di andartene senza salutare, vero?»

L'ipotesi di rispondere sinceramente non fu nemmeno presa in considerazione dalla strega che si ritrovò a mentire con una facilità che avrebbe dovuto farla riflettere.

«Veramente stavo cercando la cucina per fare colazione.»

«Allora sei stata fortunata. Ho appena preparato il caffè.»

Ora non aveva alternative, doveva quantomeno sedersi a tavola con Sam, poi si sarebbe inventata qualcosa per crearsi l'opportunità per andarsene, possibilmente riuscendo a evitare almeno Dean.

Mise piede in quella che era evidentemente una cucina, anche se sembrava di essere nelle cucine di un albergo degli agli anni '40. Alla sua sinistra c'era quello che aveva tutta l'aria di essere un grande frigorifero di più di settant'anni prima, seguito da una nicchia in cui erano inseriti i fornelli. Al centro della stanza si trovava un piano da lavoro in acciaio sopra il quale erano appese delle vecchie padelle. Non era certo il tipo di cucina al quale era abituata lei, ma di sicuro era funzionale e attrezzata. Esattamente di fronte a lei, che si era fermata sulla soglia a guardarsi intorno, una parete su cui era appesa una bacheca con degli appunti e alla quale era appoggiato un tavolo rettangolare circondato da alcuni sgabelli. Su uno di quelli era seduto Sam, tra le mani una tazza fumante, sul volto un mezzo sorriso e uno sguardo perplesso.

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