Jay Halstead

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Jay Halstead era un ex ranger dell'Esercito e dopo essersi ritirato, un paio di anni era stato inserito nell'Intelligence grazie all'aiuto di Antonio Dawson che aveva parlato di lui a Voight il sergente, capo dell'unità.

Jay era davvero un bravo detective, arguto e perspicace, si gettava anima e cuore in tutti i casi e da quando lavorava con l'Intelligence ne ha risolti davvero parecchi rimanendo spesso ferito e dolorante.

Uno dei suoi difetti però, oltre al fatto di essere molto testardo, era che si faceva coinvolgere eccessivamente da alcuni dei casi che la squadra affrontava. Era coinvolto così tanto da arrivare a starci male.


E questo accadeva soprattutto se le indagini coinvolgono i militari o bambini.

Ciò che aveva vissuto quando era di istanza in Afghanistan aveva lasciato degli strascichi in lui. Morti feriti, uccisioni di adulti e bambini senza discriminazione.
Persone innocenti perdevano la vita, avendo l'unica colpa di trovarsi nel posto sbagliato momento sbagliato.

Tutto ciò che aveva vissuto permise che si instaurasse in lui con il passare del tempo anche un PTSD.

Questo era un disturbo subdolo. Quando meno se lo aspettava questo si arrivava portandolo anche ad estrenearsi dalla realtà ed a rivivere gli eventi passati dolorosi e traumatici.

Per non parlare degli incubi che lo attanagliavano la notte impedendogli di riposare bene.

Tutto sommato però era riuscito negli anni a gestire la situazione. Aveva trovato degli escamotage che lo aiutavano a gestire il suo disturbo e lo stress dei casi come ad esempio l'andare a correre la mattina presto cosa di cui ormai non poteva fare a meno.
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Quel giorno, il 24 marzo, tutto procedeva come al solito.

Jay aveva messo la sveglia alle 5:30 anche se come era ormai solito fare si era svegliato una manciata di minuti prima che suonasse.
Dopo aver spento l'allarme si stropicciò gli occhi con le dita delle mani e si stiracchiò allungando tutto il suo corpo mentre sbadigliava.
Pochi istanti dopo lui fu in piedi e, dopo aver sistemato tutto in casa, andò a correre.

Il suo tragitto era quasi sempre lo stesso, Gli piaceva andare al parco vicino alla sua abitazione e correre per circa un'ora o un'ora e mezza. L'orario in cui lo faceva era anche più o meno sempre quella.
Lo stare all'aperto ed il respirare aria fresca erano un toccasana per lui.

Una volta rientrato a casa, intorno alle 7:30, dopo un'ora e mezzo di attività, aveva fatto una bella doccia calda e si era sistemato per andare al lavoro.

Doveva essere al ditretto alle 8:30, ma come sempre arrivò in anticipo.

Di fatti questa non era una novità, ma quasi un'abitudine. Gli capitava spesso di arrivare prima degli altri, gli piaceva essere puntuale.

Quella mattina avrebbero svolto al lavoro d'ufficio. Avevano diverse scartoffie da archiviare, relative a casi che avevano risolto nelle settimane precedenti.

Si era già messo all'opera quando il sergente Voight arrivo in ufficio. Aveva sguardo cupo, era molto nervoso. I lineamenti del suo viso erano molto tirati. Attraverso il suo corpo era leggibile il suo stato d'animo.

Doveva essere successo qualcosa di grosso perché lui stesse in quel modo. Jay e gli altri lo avevano capito. Il suo stato non lasciava presagire nulla di buono.

Una volta giunti tutti il sergente scese le scale del suo ufficio e dopo averli raggiunti, radunatisi tutti iniziò ad informarli di ciò che era accaduto.

- Ragazzi, abbiamo un caso, le scartoffie dovranno aspettare. Il signor Jeff Rogers, comandante e ranger dell'esercito è stato assassinato - disse Voight.

Sentendo quelle parole Jay si sentì raggelare il sangue. Lui lo conosceva.
Tutto attorno a lui si fermò. Il suo sguardo era fisso sulla fotografia che l'uomo più anziano aveva attaccato alla lavagna.

Halstead e Rogers non erano propriamente amici, ma avevano servito insieme durante in Afganistan.

- È stato ucciso a sangue freddo. Gli hanno sparato più colpi a distanza ravvicinata.- continuò Voight.

Chi poteva averlo ucciso? E perché in quel modo così brutale poi....


Da anni ormai Rogers era un ranger a riposo proprio come il giovane dell'Intelligence

- Jay - lo chiamò il capo avendo notato che era distratto.

Lui non rispose, era come se fosse in trance, immerso nei suoi pensieri.

- Halstead - disse sempre Voight con tono di voce più alto, fermo e deciso.

Il giovane detective, dopo essere tornato finalmente alla realtà, dopo essersi scosso dal suo torpore, si voltò verso il suo capo notando che tutti lo stavano fissavando.

Immediatamente si scusò e sul suo viso si notò una leggera colorazione rossastra a causa della vergogna che provava in quel momento. Il ragazzo non amava stare al centro dell'attenzione.

- Lo conoscevi? - domandò il sergente togliendolo dall'imbarazzo e riportando l'attenzione di tutti sul caso.

- Si, era una brava persona.... È capitato che servissimo insieme il paese quando eravamo in Afghanistan. - rispose il giovane detective.

- Ok, tu ed Upton andrete a raccogliere più informazioni a casa sua e trovate indizi sulla scena del delitto. Dato che lo conoscevi, potresti notare qualcosa in più rispetto agli altri. Voi invece - aggiunse Voight rivolgendosi agli altri della squadra - cercate di raccogliere informazioni parlando con i vicini e con chi lo conosceva. Verificate se qualcuno ha visto qualcosa di strano quel giorno.

Dati gli incarichi il sergente tornò nel suo ufficio. Lo aspettava il comandante per parlargli e intanto i ragazzi della squadra si misero subito all'opera.

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