Jay prese la lettera che Logby gli aveva consegnato quando stavano andando via in disparte senza che Hailey li vedesse e dopo essere rimasto immobile per un momento a fissarla riggirandola tra le mani iniziò a leggerla.
Ad ogni parola che leggeva provava un forte dolore ed iniziò a tremare come una foglia. Pian piano fu come se i suoi polmoni stessero bruciando. Non riusciva a respirare e tossiva proprio cercando di prenderne un po' inspirando.
Lasciata cadere la lettera a terra, rimase immobile come una statua per pochi istanti e poi portò una mano alla gola cercando di trovare il modo per respirare.
Purtroppo continuava ad ansimare, il suo cuore batteva all'impazzata e così alla fine tutto divenne buio davanti ai suoi occhi e svenne cadendo disteso sul pavimento.Jay non sapeva quanto tempo fosse rimasto lì per terra, ma con fatica si rialzò dirigendosi verso il divano sedendosi su di esso.
Con un crescente mal di testa ricominciò a pensare a ciò che aveva letto nella lettera. La sua bocca era impastata così breve un minuscolo sorso d'acqua che era poggiata sul tavolino del salotto e poi si distese su di esso.
Aveva lo stomaco chiuso ed si sentiva tutto scombussolato, aveva anche una leggera nausea.La lettura di quella lettera gli aveva causato un attacco di panico in piena regola.
La sua mente era bloccata sulle richieste che aveva letto.- Non è possibile - ripeteva tra sé e sé - non sta succedendo a me -
Jay era in tilt, il contenuto della lettera lo terrorizzava.Era stato richiamato alle armi. Era un incarico sotto copertura nella base militare della città di Chicago.
Logby, nella lettera, scriveva che, secondo lui, il mandante dell'uccisione di Jeff, era all'interno della base militare.
Il detective era entrato in crisi, erano bastate un paio di righe per poter creare scompiglio in lui.
Quella situazione lo stava facendo sentire nuovamente male, continuava ad essere agitato e terrorizzato. Aveva giurato a se stesso che non sarebbe più tornato indietro. Non poteva assolutamente farlo. Aveva chiuso con quell'ambiente o ne sarebbe uscito distrutto.
Dopo aver abbandonato la carriera da militare era davvero a pezzi e non era stato per niente facile ricostruirsi una vita. C'era voluto molto tempo per rimettere insieme i pezzi ed andare avanti. Non poteva accadere di nuovo.
E così se ne stava seduto lì mente il suo corpo fremeva. Anche il fatto di restare fermo lì però era una sofferenza per lui e così per non diventare matto si alzò, prese al volo giacca, cellulare e chiavi di casa e corse via mettendo la lettera in tasca.
Correva come un forsennato, senza una meta precisa. Andava velocissimo, anche troppo per una semplice corsa, troppo per un corpo stanco e provato come il suo, troppo da poter sopportare in quel momento.
Era l'ennesima reazione emotiva che il giovane stava affrontando. Correva come un matto senza guardare nemmeno cosa avesse intorno.
Più e più volte rischiò di inciampare e cadere, ma non per questo rallentò, nulla sembrava poterlo fermare.
Casa di Jay si trovava a poca distanza dal Med ed inconsciamente senza decidere in anticipo la sua destinazione, fu lì che andò.
Poco prima di arrivare inciampò in non si sa cosa e cadde a terra. Fece un bel volo e si ritrovò disteso sul cemento.
Si trovava nel parcheggio dell'ospedale. Nella caduta era ferito il ginocchio, il gomito e leggermente le mani, proprio come succede ad un bambino che cade le prime volte che di sbuccia e si fa male alle mani che pone davanti a sé in protezione.
I colpi presi non erano nulla di che, ma il giovane rialzandosi iniziò stranamente a sentirsi completamente affaticato, stordito.
La testa sembrava essere tra le nuvole e gli girava, aveva il fiatone per la folle corsa fatta e questo lo portò poco ad iperventilare.Camminare non era facile, di per sé nemmeno stare in piedi in quel momento gli risultava difficile. Strisciando i piedi uno dopo l'altro, procedendo solo con la sua forza di volontà ed aggrappandosi poi alle macchine che erano posteggiate vicino a dove lui si trovava, giunse vicino al muro esterno dell'ospedale.
Erano trascorsi alcuni minuti da quando aveva iniziato a spostarsi a quando era giunto nei pressi dell'edificio, ma per lui sembrava essere passato un tempo lunghissimo.
Jay poggiò la schiena contro il muro lasciandosi scivolare fino a sedersi per terra con la schiena poggiata ad esso e poi reclinò il capo verso di esso cercando di respirare il più profondamente possibile. Era sudato, cosa che lui attribuiva all'attività fisica fatta, anche se ora che era fermo stava sudando copiosamente, forse anche più di prima.
Le sue mani erano di colore rosso e bruciavano, il suo corpo era pervaso da brividi dovuti all'aria che pareva essere più fredda di quanto non fosse. Il suo cuore batteva rapidamente e sentiva di possedere sempre meno energie.
Aveva la sensazione di trovarsi su una barca in mezzo al mare mosso. Era tutto scombussolato, sottosopra ed una forte nausea si era impadronita di lui.
Pian piano cominciò a non vedere bene. Tutto attorno a sé appariva sfuocato dai contorni incerti, finché tutto non divenne nero.
Il suo corpo si afflosciò rapidamente ed il detective scivolò lateralmente verso il terreno. Aveva perso i sensi e fini per essere sdraiato lì a terra più o meno nella posizione in cui era seduto, con le gambe un po' piegate.
Per l'ennesima volta era svenuto. Era rimasto lì tutto solo vicino al muro dell'ospedale. Purtroppo si trovava in una zona poco visibile e quindi era difficile che i passanti lo notassero a meno che non guardassero specificamente in quella direzione. Si trattava di persone con problemi di salute e di accompagnatori concentrati ad aiutare le persone che stavano portando in ospedale.
I posti auto, in quella zona, erano riservati ai medici e loro non vi tornavano, se non in rare occasioni, prima di aver finito il turno.
Nessuno quindi sarebbe stato in grado di dire per quanto tempo fosse rimasto lì, tantomeno lui stesso e così stette lì rannicchiato a terra, con gli occhi aperti, spalancati, ma senza muoversi.
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Reazione emotiva
AdventureJay è impegnato in un caso che coinvolge l'uccisione di un suo collega dell'esercito, un ranger proprio come lui. Riuscirà a gestire la cosa rimanendo professionale? O qualcosa creerà in lui delle ripercussioni a livello fisico e psicologico?