Nel rivedere quella foto il cuore gli si spezzò e la sua mente lo riportò nuovamente a rivivere quel giorno. In pochissimi istanti attorno a lui non vi erano più i muri della villa dell'ex ranger...
Flashback
Erano le otto del mattino del 24 maggio 1998. Jay si trovava in Afganistan, stava svolgendo quello che sarebbe stato il suo ultimo tour.
Come quasi ogni mattina lui se ne stava fuori dalla base fungendo da sentinella assieme ad alcuni colleghi, altri ranger come lui. Gli piaceva farlo. Sentire l'aria fresca sulla pelle era piacevole nonostante sapesse di polvere da sparo.
Quel giorno quel compito era toccato anche a Mouse, il suo migliore amico, a Jeff, un bravo ragazzo con cui era impossibile non andare d'accordo, e ad un altro ragazzo che tutti avevano soprannominato Lion per il suo aspetto. Con i capelli più lunghi e la barba sembrava infatti avere la criniera e somigliare quindi al re della foresta.
Mentre i quattro erano lì e rimanevano concentrati per avvistare i nemici, inevitabilmente si scambiavano qualche battuta per stemperare un po' la tensione che in quei giorni si poteva tagliare con il coltello.
I nemici gli avevano reso un paio di imboscate ed il gruppo di Jay aveva avuto numerosi feriti ed altrettante perdite.
Infine c'era Keira, una bimba afghana di circa cinque anni che, come ogni giorno, che da quando si svegliava correva di qua e di là sprizzando gioia e vitalità da tutti i pori. Non appena usciva di casa, che si trovava nel villaggio vicino alla base militare raggiungeva quest'ultima cercando forse di rallegrare i soldati.
Anche quella mattina non aveva fatto eccezioni. La piccola era lì, canticchiava una melodia che doveva essere tipica di quelle zone e quel giorno era particolarmente attratta da Jay. Mentre saltava e correva non gli staccava mai gli occhi di dosso.
Quel piccolo e dolce angelo rallegrava davvero le loro giornate.
Quella sembrava una mattina più o meno tranquilla, almeno in apparenza, e così di tanto in tanto il ranger Halstead ricambiava il suo sguardo con un sorriso.
Jeff e Jay erano seduti fuori dalla base militare in un momento di pausa dopo aver controllato la zona per diverse ore.
Mouse ed un altro commilitone avevano preso il loro posto ed i due, seduto su dei sassi enormi, si stavano scambiando qualche battuta. Avevano bisogno di un attimo di calma e tranquillità nonostante non potessero distrarsi troppo.Mentre chiacchieravano tra di loro il piccolo gruppetto osservava la bimba.
Quel piccolo esserino minuto, aveva la carnagione olivastra, i capelli lisci acconciati in una coda con un bel fiocco in cima. Ciò che colpiva di lei erano i suoi occhi verde smeraldo che risaltavano sul suo viso e la sua grande energia.Ogni mattina Keira andava da loro a salutarli ed aveva sempre un grande sorriso stampato sulle labbra. Non aveva paura, nonostante vivesse in un paese in cui vi erano continue lotte ed esplosioni.
Per lei la guerra era qualcosa di normale, non aveva mai visto altro.La piccola per i militari e soprattutto per Jay era come un raggio di sole in una giornata uggiosa. La speranza, l'essere consapevoli che anche in un posto ostile come l'Afghanistan ci potesse essere qualcosa di bello.
Keira era una delle unche persone che affrontava la vita senza abbattersi, con l'ingenuità di una bimba. La maggior parte degli abitanti del villaggio invece tendenzialmente si chiudeva in casa pregando che qualche bomba o colpo di mitragliatrice o fucile risparmiasse la sua casa e la sua vita.
Ma ben presto, purtroppo, tutti capirono che quella non sarebbe stata una giornata come le altre. Quelle risate gioiose che allietavano quell'ambiente di guerra carico di tristezza e odio, proprio quel 24 maggio, sarebbero finite, rimaste in gola.
Nel silenzio si udì un colpo di fucile. Uno solo venne sparato, era diretto verso la base dei militari. Forse un uomo voleva mirare verso uno dei soldati che erano lì ed invece di essi aveva colpito, dritta al cuore la bambina che morì all'istante.
Quella bimba, quell'uragano di positività non c'era più. Giaceva lì per terra esanime in mezzo alla polvere.
In lontananza le urla della madre che la osservava a distanza e vedendo l'accaduto aveva iniziato ad avvicinarsi. Poco dopo la tenne tra le sue braccia. Da quel momento in poi un silenzio di tomba.
Jay stava raggiungendo la piccola, proprio in quel momento. Lei gli aveva teso la mano e lui era a due passi di distanza. Molto probabilmente era proprio Jay l'obiettivo di quell'uomo che aveva sparato. Tutto si era consumato davanti ai suoi occhi.
___________________________________________Jay era ancora lì, bloccato nel suo ricordo. Dall'esterno sembrava fissare quella foto, ma la sua mente non era più nel presente.
Qualcosa però accadde, qualcosa che riuscì a distrarlo, a tirarlo fuori da dove si trovava ed a riportarlo alla realtà.
Era stato il suo cuore che aveva iniziato a battere all'impazzata.
Il detective era bianco, pallido in viso come un cadavere. Si sentiva come se non riuscisse a respirare. La sua gola era stretta, chiusa. Senza rendersene conto infatti aveva portato una mano verso di essa nel vano tentativo di togliere o spostare quella cosa che la stava ostruendo impedendo il passaggio dell'aria.
L'unica cosa di cui era consapevole era la necessità che sentiva di dover uscire da quella casa. Tutto ciò che lo circondava lo faceva stare male. Sentiva che più fosse rimasto lì e peggio si sarebbe sentito.
Il suo viso era tutto sudato, varie ciocche dei suoi capelli erano incollati sulla sua fronte umida e brillante per le varie gocce di sudore che si trovavano su di essa.
Si sentiva confuso, non riusciva a ragionare. Il suo corpo stava diventando sempre più floscio ed era come affaticato. Aveva bisogno di andare all'aperto, in una zona aerata. Lì in quella stanza, in quella villa si sentiva morire.
Mise con difficoltà ciò che aveva trovato e che ancora teneva tra le mani in una delle tasche. Nel farlo Jay notò che era come se le sue mani, le dita soprattutto, fossero intorpidite, di sughero.
Non appena riuscì a conservare ciò che aveva con sé, corse fuori il più velocemente possibile da una porta finestra che era nello studio e portava ad una grande veranda.
Aveva dovuto armeggiare un bel po' per aprire la maniglia girando la chiave che era inserita nella serratura.
Tutti i suoi movimenti erano carichi di agitazione ed ansia. Sembrava voler smontare o rompere la porta per la forza che stava usando.Stava ansimando, si sentiva morire come se stesse impazzendo. Stava perdendo il controllo e ciò non poteva accadere.
Questa era la sua più grande paura: non avere il controllo degli eventi.
Tutto attorno a sé era confuso. Il sole sembrava accecare i suoi occhi.
Non appena fuori si lasciò cadere in ginocchio. Istintivamente portò le mani al petto e strinse i pugni sulla maglietta.
Era come se il cuore volesse uscire dallo sterno e lui cercasse di trattenerlo.
Le lacrime iniziarono a scendere copiose dai suoi occhi sia per il dolore di quegli eventi che aveva rivissuto sia per ciò che provava in quel momento.
Voleva urlare, ma alla fine non lo fece.
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Reazione emotiva
AdventureJay è impegnato in un caso che coinvolge l'uccisione di un suo collega dell'esercito, un ranger proprio come lui. Riuscirà a gestire la cosa rimanendo professionale? O qualcosa creerà in lui delle ripercussioni a livello fisico e psicologico?