1. INCENDIO

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Non respiravo più.
Non ne ero più capace.
Il mio corpo aveva dimenticato come incamerare ossigeno.

I nostri visi erano a pochi centimetri di distanza. Fermi. Immobili.
Dovevamo condividere pochi centimetri quadrati d'aria, ma la sua vicinanza mi stava rubando tutto l'ossigeno presente lasciandomi senza.

I miei occhi, semplici, neri come una notte senza stelle, erano persi nei suoi celesti, come un giorno senza nuvole.
Ad entrambi mancava qualcosa, ma se il suo cielo senza nuvole diveniva limpido e più soleggiato, la mia notte senza la luce delle stelle era solo più oscura e buia; come me d'altronde.

Provai ad incamerare un po' di ossigeno mentre il suo sguardo si abbassava sul mio viso fino a riposare sulle mie labbra, ma era inutile. Non respiravo più.

Ma forse era un bene.

Era meglio così perchè l'ossigeno alimenta il fuoco e dentro di me in quel momento c'era una piccola fiammella che aspettava solo di essere nutrita.

Una fiammella di calore, affetto.

Amore.

Amore. Che parola strana. Si può amare una persona che si conosce da così poco? Che poi come si capisce se è amore?
Non avevo mai pensato di poter provare questo sentimento, ma a quanto pare il ragazzo davanti a me era riuscito ad illuminare la mia notte e ora stava riscaldando il mio cuore congelato.

Il nutrimento per quella fiammella non tardò ad arrivare quando poggiò la sua mano calda sulla mia guancia arrossata.
Fagocitai infatti l'ossigeno di cui avevo bisogno, che andò dritto verso quella fiammella aumentandone le dimensioni e il calore.

E la sentii bruciare sotto quel pollice che accarezzava il mio zigomo.

La sentii marchiarmi a fuoco e scottarmi la pelle sotto quelle dita che tracciavano cerchi sulla mia schiena lasciata scoperta dalla maglia sollevata.

Improvvisamente l'unica cosa che sapevo fare era respirare, prendere ossigeno rapidamente e voracemente e donarlo a quel focolare che si era acceso nel mio cuore di ghiaccio.

Il suo fiato caldo sempre più vicino a me e io che continuavo a respirare.

Il focolare divenne un incendio nel momento in cui le sue labbra bollenti furono sulle mie gelide e screpolate riscaldandole.

Un incendio che pervase ogni centimetro del mio corpo quando la sua lingua toccò il mio labbro inferiore, quando le sue braccia mi strinsero a sè e quando il suo calore ebbe sciolto tutto il ghiaccio che mi avvolgeva facendomi sciogliere tra le sue braccia.

Le sue labbra continuavano a danzare sulle mie, in una danza lenta che non conoscevo, ma di cui mi stava insegnando i passi al ritmo dei nostri cuori.

Le sue mani continuavano a stringermi più forte marchiandomi per sempre.

Le mie percorsero titubanti il suo petto e si posizionarono dietro al suo collo, avvicinandolo a me.

E in quell' istante capii che quell'incendio non poteva più essere spento.

Avrebbe sciolto ogni mia difesa, ogni mia barriera. Avrebbe bruciato tutto quello che incontrava al suo passaggio, distruggendolo.

E poi mi avrebbe scottata, bruciata, ustionata, consumata.

Consumata finché di me sarebbe rimasto solo un misero mucchietto di cenere, dal quale speravo sarei riuscita a risorgere.

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