6. LASCIA CHE TI AMI

23 5 2
                                    

"Vattene!" urlo facendo qualche passo indietro. La voce mi trema, ma non abbasso lo sguardo.

I suoi occhi chiari, che hanno sempre rischiarato il buio dei miei, oggi non riescono a rassicurarmi.

"Asya..." sussurra osando un passo avanti, la mano tesa verso di me.

Scuoto violentemente la testa e arretro di un altro passo.

"Vattene ho detto!" grido con tutto il fiato che ho in corpo, le lacrime che premono all' angolo dei miei occhi scuri.

Cerco di ignorare il dolore, crudo e palpabile, presente sul suo viso.
Cerco di mantenere vivo il ricordo di ciò che è successo.
Cerco di pensare al mio di dolore, alla sensazione lacerante che mi riempe il petto, che a tratti non mi fa respirare, che mi fa tremare le mani e la voce, che mi riempie il corpo di tagli invisibili.
Cerco di ripetermi come un mantra cosa ho fatto, tutto quello che ho distrutto, quella vita che ho lasciato sfuggire dalle mie mani gelide.

E prima che me ne renda conto le lacrime iniziano a scendere copiose sul mio viso. I miei occhi, ancora ancorati ai suoi, lasciano andare tutto quello che il mio cuore stava trattenendo e allora non gli chiedo più di andare via. Ho bisogno di dimostrargli che deve andarsene, che non deve volermi stare vicino.

Avanzo verso di lui e, raccogliendo tutta la forza che ho in corpo, le mani sul suo petto, lo spingo violentemente.

"Asya..." un altro sussurro da parte sua, sembra non sappia dire nient'altro.

"Smettila di pronunciare il mio nome!"

Una delle mie mani strette a pugno colpisce il suo petto.

"Smettila di cercarmi!"

Un altro pugno.

"Smettila di fingere che non sia successo nulla!"

Un altro colpo.

"Smettila di ignorare la mia anima nera, le mie mani intrise di sangue!"

L'ennesimo colpo.

Urla dopo urla, i miei pugni continuano a colpirlo, ma lui non ci da peso.

I miei occhi non si sono staccati per un attimo dai suoi, che mi guardano carichi di... di comprensione e di attesa. Di amore.

Ma io non lo accetto quell'amore, non da lui, non da altri. Da nessuno.

Ho smesso di piangere, ma la gola brucia come non mai, le pareti infuocate per tutte le parole pronunciate.

Sento le unghie segnare la carne dei miei palmi, mentre stringendoli sempre più forte, i pugni rallentano la loro corsa.

"Smettila." Un sussurro stanco. "Ti prego..."

E non so a chi mi sto riferendo.

Se sto chiedendo a lui di smetterla, di andarsene e di lasciarmi annegare nel mio dolore.

O se lo sto chiedendo a me. Se sto chiedendo alla mia mente di smetterla di farmi ricordare ciò che non voglio. Se sto chiedendo al mio cuore di smettere di battere...

O se, al contrario di ciò che mostro, gli sto chiedendo di non andar via. Di non lasciarmi sola proprio ora. Forse nel mio egoismo gli sto chiedendo di restare, nonostante sappia benissimo che non faccio altro che distruggere gli altri, come faccio con me stessa.

Una morsa delicata, calda, cinge i miei polsi, fermando definitivamente il loro moto.

Poggio la fronte sui miei pugni, poggiati a loro volta sul suo petto, che si stanno piano piano sciogliendo e rilassando, diventando due mani aperte, spalancate, che accolgono i battiti del suo cuore cercando di dare vita anche al mio.

Le lacrime scendono più velocemente, i singhiozzi mi scuotono il petto, le sue mani lasciano i miei polsi -se ne sta andando, penso- ma non si allontana, le sue braccia si stringono invece attorno al mio busto e mi sorreggono in un abbraccio silente.

In un abbraccio che ignora le mie colpe.

"Asya..." di nuovo il suo sussurro. "Smettila di cacciarmi via," sussurra al mio orecchio, labbra vibranti sfiorano il mio lobo, iniziando a rispondere ad ogni frase uscita dalla mia bocca urlante pochi minuti fa.

"Smettila di farti sovrastare dal ricordo di ciò che è successo." Le sue braccia un po' più strette attorno a me, come se volesse rimettere insieme i pezzi che ho lasciato per strada.

"Smettila di darti la colpa." Un sospiro lascia le sue labbra e si schianta sul mio orecchio, scostando qualche ciuffo dei miei capelli scuri e arruffati. "Alcune cose accadono e basta, ok? Accadono e non possiamo fare nulla per fermarle. Non possiamo impedire che si schiantino su di noi come un onda in un mare in tempesta, che travolgano tutto quello che incontrano al loro passaggio. A volte l'onda ci travolge e ci trascina con sé, in balia di onde ed emozioni, di squali e di pensieri. E noi finiamo in mare aperto, senza saper nuotare, ci sbracciamo, urliamo, tentiamo di non affogare. Ma l'onda si è già abbattuta e ha distrutto tutto. Non rimane più nulla attorno a noi. O così pensiamo. Dobbiamo accorgerci del faro che ci sta illuminando la via, della nave che si sta avvicinando, della fune che ci sta lanciando e dell'ancora che sta gettando in mare per non farci prendere il largo, di nuovo. E dobbiamo lasciarci aiutare, dobbiamo accettare quella fune."

Il silenzio cala su di noi come un macigno, come l'onda di cui ha appena parlato. Mi travolge mentre tremante mi aggrappo un po' di più a lui.

Mi scosta delicatamente dal suo petto e mi prende il viso tra le mani. I suoi palmi bollenti contro le mie guance arrossate e rigate dalle lacrime.

"Lascia che io sia il tuo faro, che illumini la notte che ti tieni dentro." I suoi pollici portano via le mie lacrime, la sua voce delicata, il suo piccolo sorriso, in contrasto con i suoi occhi lucidi e con il mio dolore, stanno portando via un po' della mia oscurità.

"Lascia che sia io quella nave che si sta avvicinando a te, che ti sta venendo a salvare." Un bacio lascia le sue morbide labbra e si poggia sulla mia fronte, mentre le mie palpebre si chiudono automaticamente.

"Lascia che io sia la fune che cerca di salvarti, aggrappati ad essa e lascia che ti tiri fuori dal buco nero nel quale sei caduta e dal quale non riesci ad uscire."

Altre lacrime scendono da sotto le mie palpebre chiuse, ora però non sono di dolore, ma di quel calore che è entrato nel mio cuore e che mi sta scaldando.

"Lascia che io sia la tua ancora, lascia che ti tenga stretta e che ti aiuti a non prendere il largo dei tuoi pensieri, dei tuoi ricordi."

Le mie palpebre si alzano e le miei iridi si scontrano con le sue.

"Lascia che ti aiuti." La sua fronte contro la mia. "Lascia che ti stia vicino."

Chiude gli occhi e io faccio lo stesso, lasciando che il suo calore mi pervada e permettendo al mio dolore di mettersi in pausa.

Un sospiro esce dalle sue labbra scontrandosi con le mie.

Poi una frase, l'ultima, quella che abbatte definitivamente tutte le mie difese.

"Lascia che ti ami."

Pensieri sparsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora