17. PIOVE

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Piove.

Piove e una ragazza esce sul balcone.

Guarda il cielo, nuvole grigie che oscurano il sole, un manto uniforme che ingrigisce il mondo, e si sdraia sulle mattonelle fredde.

Il volto rivolto verso il cielo, gocce d'acqua che la colpiscono.

Piove.

Piove e la ragazza rimane ferma, incurante della pioggia, ma desiderosa di sentire qualcosa. Desiderosa che qualcosa superi lo strato di apatia che la circonda da mesi. Desiderosa e bisognosa di sentire il cuore battere e i polmoni respirare.

Gli occhi chiusi, le palpebre abbassate, le ciglia imperlate di gocce che per una volta non sono lacrime.

I capelli bagnati, un'aureola dorata che circonda il suo viso delicato.

Le guance arrossate per l'aria fresca, ma piacevole, di luglio.

La bocca distesa, non un sorriso, non una smorfia di dolore. Una linea sottile e rilassata, le labbra che per una volta non vengono torturate dai denti.

Le braccia stese lungo i fianchi, i palmi verso il cielo raccolgono le gocce pesanti, le dita che non si torturano tra loro.

La canotta che aderisce al suo corpo.

Le gambe distese, coperte in quei pantaloncini che lei giudica troppo corti per una ragazza in carne come lei, ma che in realtà le stanno benissimo.

I piedi che per un momento non tamburellano insistentemente il pavimento.

Piove.

Piove, ma alla ragazza non importa.

È uscita con la necessità di sentire qualcosa, di sentire che esiste anche lei, che è qui e che va tutto bene.

E in un pomeriggio di pioggia, mentre le gocce, non ancora insistenti, le colpiscono il viso, dopo mesi sente qualcosa.

Sente di essere viva.

Sente la pioggia fredda inzupparle i vestiti e il cuore.

Sente ogni singola goccia lambirle la pelle.

Sente il rumore dell'acqua, che per una volta è più forte di quello dei suoi pensieri.

Piove.

Piove e dopo mesi la ragazza si dice:
"Sono qui."

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