44. TEMPESTA

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La pioggia inizia a cadere leggera, un dolce ticchettio che timidamente bagna il mondo e ci risveglia.

Gocce d'acqua che viaggiano sulle foglie verdi, sui tetti delle case, sugli scivoli del parco giochi alla fine della via.

Gocce di vita che abbeverano le piante, che si uniscono alle distese infinite dei mari e a quelle limitate di fiumi e laghi.

Poi senza preavviso, mentre un lampo illumina il cielo e un tuono squarcia il debole ticchettio, il vento si intensifica, la pioggia aumenta.

Gli alberi si flettono sotto le raffiche di un vento freddo che non risparmia neanche i piccoli arbusti, le foglie piegate dall'incessante cadere dell'acqua sopra di loro.

Il rumore sempre più forte, sempre più veloce, acqua che scorre su di noi e ci riempie di vita.

Il vento flette al suo volere anche il corso dell'acqua, non più perpendicolare al terreno, ma trasportata in un'inclinazione che la fa assomigliare ad una fitta nebbia in movimento.

Il cielo grigio, raggi di sole che tentano di squarciare le nuvole, ma che restano intrappolati all'interno dei loro manti soffici e pregni d'acqua.

Nuvole che si illuminano a causa di un lampo che decide di lasciarle e schiantarsi sul terreno sotto di esse, di illuminare il cielo con un bagliore per poi far sentire tutta la loro potenza.

Qualche chicco di ghiaccio bianco si poggia sul prato, un ticchettio che accompagna quello della pioggia.

Il cielo piange, un dolore straziante che ci avvolge. Non vuole stare da solo, vuole farci percepire la sua sofferenza, mentre noi guardiamo la pioggia cadere fuori dalla finestra.

Ad alcune persone succede la stessa cosa.

Sempre serene e sorridenti, sempre pronte a riscaldarci con la loro luce.

Entrano timidamente nella nostra vita, una pioggerellina che quasi chiede il permesso prima di cadere e bagnarci capelli e vestiti.

Trattengono la loro sofferenza, le loro preoccupazioni, come nuvole che da bianche diventano sempre più cariche di pioggia.

Occhi liquidi che cercano di non strabordare, sorrisi che cercano di resistere al vento impetuoso che si sta alzando nel loro cuore, nella loro mente, nella loro anima.

Poi un qualcosa di piccolo, una parola, un gesto, e da soli, nel buio di una stanza, all'improvviso, non reggono più.

Iniziano a buttare fuori tutto ciò che hanno dentro, giorni di pianto trattenuto e dolore nascosto.

Diventano una tempesta che squarcia il cielo, si sentono affogare sotto l'acqua che i loro occhi stanno piangendo, colpiti da chicchi di grandine che impetuosi calano su di loro.

Lampi e tuoni che invadono la mente e il cuore ormai straziati.

Pensano che non ci sarà più sole, che ormai tutto sarà destinato a soccombere sotto a lacrime e sofferenza, sotto a fiumi d'acqua e sangue che sgorgano dalle loro ferite, nascoste per troppo tempo.

Pensano che la luce si sia spenta del tutto, che nessuna stella illuminerà più la notte e il sole non sorgerà più la mattina.

Travolti nella loro stessa bufera, nel vento delle loro emozioni, nella pioggia delle loro lacrime, nella grandine delle loro cicatrici riaperte.

E si dimenticano che dopo ogni tempesta le nuvole si allontanano e il cielo torna azzurro.

Si dimenticano che se il sole riesce a trafiggere le nuvole i suoi raggi faranno spuntare un arcobaleno, anche in mezzo a lacrime salate e sorrisi spenti.

Si dimenticano che nulla è per sempre, neanche le tempeste, neanche il dolore.

Se lo dimenticano finché qualcuno non arriva a riportare il sole nella loro vita, a calmare il vento e a trasformarlo in una leggera brezza che sa di mare e felicità, a tranquillizzare l'acquazzone e a renderlo una leggera pioggerella che accarezza i fiori con le sue lacrime di gioia.

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