𝚝𝚞𝚗𝚗𝚎𝚕𝚟𝚒𝚜𝚒𝚘𝚗 :: 𝟸

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╰┈➤ ❝ continua

Eijirō Kirishima coi vestiti eleganti, è un dono del cielo.

È la prima cosa che penso quando apre la porta della sala, piena zeppa di giornalisti vestiti bene e mi lascia entrare con un sorriso pacato.

Eijirō Kirishima coi vestiti eleganti, è meraviglioso, ed è anche, credo, l'unico motivo per cui al momento sono qui e non sto scappando da una cena di lavoro buttandomi fuori dalla finestra.

La giacca del completo gli sta giusta giusta, i pantaloni gli abbracciano le gambe lunghe, i capelli sparati gli danno un'aria che trovavo idiota, al liceo, ora semplicemente attraente.

Mi piace come si piega quando cammina il tessuto della camicia, la cravatta che penzola quando si china per parlarmi, la cicatrice sul sopracciglio che riconosco e riconoscerò sempre.

Eijirō Kirishima coi vestiti eleganti, è una benedizione.

− Quella camicia ti sta una meraviglia, Kat, lo penso ogni volta che ti ci vedo addosso. – interrompe il filo dei miei pensieri, quando apre una mano sulla mia schiena e cammina al mio fianco dentro la sala.

Mi diventa la faccia tutta rossa.

Ho ricordi improbabili legati a questa camicia, bastardo.

Già che ho dovuto ricucire tutti i bottoni a mano perché li hai strappati dovrebbe bastare.

E no, non l'ho ricomprata perché i soldi non crescono sugli alberi e mi rifiuto di buttarli in una camicia di merda.

− Vaffanculo. – rispondo, guardandolo dritto negli occhi.

Sorride.

− Senza, poi, sei uno spettacolo. –

− Ti odio, Eijirō, ti odio. –

Mi pizzica il fianco, devo nascondere il riflesso di saltar via da lui mantenendo i muscoli il più rilassati possibili.

Stronzo.

I passi fanno un rumore regolare sul parquet, le persone smettono di parlare per un istante quando ci addentriamo nel vivo della sala, rimaniamo tutti fermi immobili come per prendere fiato.

Noi e loro.

Noi e loro, eh?

È sempre stato un po' così, almeno per me.

Io, da solo, nella mia bolla, nella mia dimensione, a guardare il mondo di fuori che mi sembra così distante ed incomprensibile, così strano.

Kirishima in mezzo, fra me e il resto, a tenermi insieme alla realtà con la sua sola presenza.

Qualche anno fa avrei preferito morire che fare una cosa del genere.

Dicevo a tutti che andavo a dormire presto, sempre, qualsiasi cosa accadesse. Uscire? Non se ne parla, che fosse ad una cena o per bere qualcosa, persino per stare insieme in sala comune.

È che mi ha sempre messo a disagio non poter essere il migliore.

E nella vita sociale, il migliore, io non lo sarei stato mai, per cui non la volevo, la rifiutavo e desideravo che non m'importasse.

M'importava, un po', m'importava che mi sentissi tanto solo.

Ma se la vita mi ha fatto un favore, quello è stato di mandarmi Eijirō Kirishima.

− Sei pronto? – mi sento chiedere, la mano che scorre sul fianco e stringe appena, come per rassicurarmi.

Mi girerei a baciarlo, se fossimo da soli, o lo abbraccerei forte per ricordarmi che c'è, ma al momento non posso e mi limito a godermi il suono della sua voce.

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