Capitolo Ventitre: Un migliaio di sguardi folgoranti e cipigli arrabbiati

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Subito dopo essermi seduto nel tavolo ad angolo all'interno del bar, appoggiai la testa sugli avambracci. Jessica mi guardò in modo comprensivo e si sedette davanti a me. "Va tutto bene?" Mi chiese.

"Maledetta scuola," borbottai accigliato, mentre giocavo con una bustina di zucchero. "É fottutamente stressante, ecco cos'è."

"Lo stai realizzando solo adesso, dopo quattro anni qui?" Mi chiese Jessica, alzando il sopracciglio e col sorriso sulle labbra.

"Fare questo sforzo è una battaglia sovraumana, raggio di sole."

"E tu pensi che gli altri alunni non sappiano che tipo di battaglia sia, sciocco idiota moralista," rise Jessica, scuotendo la testa. "Forse non sarebbe così stressante se tu non aspettassi l'ultimo-"

"Possiamo saltare direttamente la parte in cui mi richiami per qualcosa ed ordiniamo il cibo?" Le chiesi, sviando il punto principale della conversazione. Non era la prima volta che ci provava, ma volevo solamente pranzare e godermi il pomeriggio con lei, dopo una lunga giornata di scuola.

Rebecca mi era stata addosso da quando avevo ammesso che mi sarei impegnato quest'anno e io mi stavo davvero impegnando per non rovinare tutto come mio padre. Inoltre, Jessica era la dolce ragazza di sempre, solo che il mal di testa era l'ordine del giorno quando si parlava di scuola o qualsiasi cosa ad essa collegata.

E a chi diavolo piaceva il mal di testa costante? A me no di certo. Mi faceva diventare ancora più scontroso del normale.

Jessica ridacchiò e si alzò dal suo posto. Porgendomi la mano mi disse, "Dai su, alzati!"

Mi lamentai mentre sollevavo la testa dal tavolo e mi alzai in piedi, prendendo la sua mano. Mi spinse leggermente dalle spalle, indirizzandomi verso la cassiera. "Forza Reece! Con novembre arriveranno molti giorni di vacanza e saremo anche a casa - sarà fantastico!" Disse Jessica in maniera ottimista, contando sulle dita le cose belle della vita.

"Sicuramente lo sarà," biascicai, ruotando il collo e cercando di alleviare il dolore.

Jessica alzò gli occhi al cielo, lasciando la mia mano. "Perché devi essere sempre così pessimista? Reece Bremer non dirmi che, nel periodo di Natale, diventi il grinch."

Feci un passo avanti quando la fila davanti a me avanzò e le puntai un dito contro. "No, non sarò il grinch, Non voglio che tu mi eviti nel periodo più felice dell'anno."

"É il momento in cui sono più felice," disse Jessica annuendo, con un sorriso estasiato sul volto, facendomi ridacchiare. Era ovvio, lei luccica sempre - era quello il motivo per cui l'avevo soprannominata raggio di sole sin dall'inizio - ma qualcosa mi diceva che avrebbe brillato ancora di più con l'avvicinarsi dello spirito natalizio.

"E se non è questa una coppia felice, non so proprio chi lo potrebbe essere," tuonò dal nulla, una voce allegra e familiare. A proposito di spirito natalizio, pensai divertito mentre mi voltavo verso colui che assomigliava a Babbo Natale.

"Ciao Richard," lo salutai con un mezzo sorriso.

"É sempre bello vedervi qui," disse Richard felice.

"Beh, Jessica ed io stiamo amando questo posto," risposi, mettendole un braccio sulle spalle. Lei gli sorrise dolcemente in risposta.

Dopo aver comunicato il nostro ordine, Richard sollevò il volto e mi chiese "come sta tua cugina? Era molto spaventata l'ultima volta che girovagava qui da sola."

Jessica si accigliò, guardandomi confusa. "Cugina?"

Mi ero dimenticato di raccontare a Jessica cos' era successo quella notte. Immerso nel baciarla assiduamente e nel suo accettare finalmente l'invito a uscire con me, mi ero dimenticato di dirle che Dean l'aveva lasciata vicino a questo bar.

A Thousand Words - TraduzioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora